sabato, ottobre 23, 2010

Caso Giuliano. Si avvicina l'ora della verità

Giuseppe Casarrubea
PARTINICO - «Non abbiamo mai affermato che nella tomba della famiglia Giuliano a Montelepre il cadavere non sarebbe quello del bandito Giuliano, ma di un sosia. Abbiamo detto, invece, che vi sono seri motivi per pensare che il cadavere fotografato nel cortile Di Maria e quello fotografato all’obitorio di Castelvetrano appartengano a persone diverse», precisano gli studiosi Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino. Sulla base di un loro circostanziato esposto, la Procura della Repubblica di Palermo si è convinta ad indagare nuovamente su una vicenda di 60 anni fa, disponendo per il prossimo 28 ottobre la riesumazione della salma del “Re di Montelepre”. Lo scopo è quello di verificare se quelli sepolti siano effettivamente i resti del bandito. L'anatomopatologo Livio Milone, incaricato dalla Procura, eseguirà sulle spoglie l'esame del dna, confrontandolo con quello di alcuni familiari in vita di Giuliano. L'indagine per adesso è per omicidio e sostituzione di cadavere, a carico di ignoti, per verificare la fondatezza dei dubbi avanzati dallo storico Giuseppe Casarubea, secondo il quale il bandito in realtà sarebbe stato fatto fuggire all'estero, mentre il cadavere esposto sarebbe quello di un sosia. «Evidentente – dice lo studioso – si tratta di un’ipotesi, ma di un’ipotesi scientifica, suffragata da riscontri». E Casarrubea comincia ad elencarli uno dietro l’altro. «Cominciamo – dice lo studioso - dalla perizia eseguita dal professor Alberto Bellocco, specialista in medicina legale, sulle foto del cortile Di Maria e sulle foto dell’obitorio, secondo cui ritraggono due persone diverse». «Ho seri dubbi - ha scritto, infatti, il docente dell’Università Cattolica di Roma - che le foto possano essere attribuite allo stesso cadavere». «Poi – aggiunge Casarrubea – la circostanza che, tranne gli addetti ai lavori, nessuno si è potuto avvicinare al cadavere di cortile Di Maria, mentre all’obitorio c’è stato un vero e proprio bagno di folla. E, infine, la circostanza incredibile che all’obitorio di Castelvetrano il cadavere di Giuliano di fatto non è stato identificato». Davvero non è stato identificato? Ma non fu l’anziana madre, Maria Lombardo, ad identificarlo? «La madre del bandito – dice Casarrubea – svenne prima ancora di vederne il viso, quando da lontano le sembrò di riconoscerne la corporatura. Svenne anche la sorella di Giuliano, Giuseppina. E i carabinieri le portarono via. L’essere svenute rappresentava la prova che il riconoscimento era stato effettuato. Ma questo non lo dico io, lo scrive Mariannina Giuliano, sorella di Turiddu nel libro “Mio fratello Salvatore Giuliano”, del 1987». L’ipotesi finale, secondo Casarrubea e Cereghino, sarebbe che il “vero” Giuliano era quello di cortile Di Maria, “truccato” da morto (aveva, invece, ingerito una “polverina bianca” che dava una sorta di morte apparente), mentre all’obitorio c’era un suo sosia (un giovano di Altofonte). Turiddu, quindi, sarebbe fuggito in America, mentre il sosia fu seppellito a Montelepre. Sono andate davvero così le cose? Lo sapremo nelle prossime settimane.

Dino Paternostro

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