domenica, agosto 04, 2019

Addio Sicilia, gli emigranti coi libri in mano


di GIORGIO RUTA 
I dati Svimez raccontano una regione abbandonata anzitutto da laureati e diplomati che vanno a completare gli studi al Nord o all’estero. E chi va via, nel 60 per cento dei casi, non rientra
Non ci sono vagoni zeppi di emigranti, ma valigie piene di libri. A lasciare la Sicilia sono soprattutto i giovani laureati o appena diplomati che preferiscono frequentare una facoltà fuori dalla Sicilia. Sono circa 17mila le persone che, secondo il rapporto Svimez, hanno lasciato l’Isola nel 2018 per trovare un futuro migliore. E per la prima volta gli abitanti della regione sono meno di cinque milioni.

I giovani
Quello che emerge delle anticipazioni del rapporto Svimez è la fuga dei giovani siciliani verso il Centro-Nord e l’estero. Circa il 60 per cento di chi lascia l’Isola ha un’età compresa tra i 20 e i 34 anni. Molti, più di 4mila ragazzi, preferiscono andare fuori dall’Italia. «Quello che registriamo rispetto al passato è un’emigrazione selettiva, va via soprattutto la classe agiata, i giovani sui quali le famiglie possono investire», racconta Luca Bianchi, ex assessore regionale al Bilancio e oggi direttore dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno (Svimez). I laureati emigrati sono un terzo del popolo che lascia l’Isola. E spesso (oltre il 60 per cento dei casi) fa le valigie per non rientrare più in Sicilia.
L’Università
«Va segnalato — continua Bianchi — che i giovani scelgono di andar via sempre più frequentemente dopo il diploma, optando per un ateneo del centro nord». Il 27 per cento dei giovani universitari, secondo il rapporto Svimez 2018, ha deciso di iscriversi in atenei fuori dall’Isola: 40mila ragazzi. «Chi sceglie il proprio percorso di studi pensa anche agli sbocchi lavorativi, per questo opta spesso per un contesto in cui il mercato del lavoro è più vivace», ragiona il professore di sociologia, Antonio La Spina. Contano anche, fanno notare dallo Svimez, la qualità dei servizi, molto più alta nel Centro- Nord, nei trasporti e nell’erogazione delle borse di studio. «C’è anche chi, ma questo andrebbe studiato sociologicamente, sceglie di andare in università del Nord per status symbol, a dispetto di alcune facoltà del Meridione di alto livello», continua Bianchi.
La Sicilia, con la Puglia, è la regione che perde più ragazzi in termini assoluti, mentre Basilicata e Molise superano il 40 per cento di ragazzi iscritti oltre i confini. Tutto ciò, ovviamente, comporta un impatto finanziario che viene calcolato complessivamente in circa 3 miliardi di euro, in termini di consumi pubblici e privati. «Inoltre, in un’economia basata sull’innovazione, sulle buone idee, avere dei cervelli che si formano e che si confrontano nelle Università è importante », continua il sociologo.
Il lavoro
La Sicilia si svuota. E si svuota soprattutto perché, banalmente, non c’è lavoro. Ma dal rapporto Svimez arrivano piccoli segnali incoraggianti. Il pil della Regione segna un più 0,5 per cento, in linea con il trend del Mezzogiorno. Cresce dello 0,1 il comparto dei servizi, mentre vanno bene le costruzioni (4,3 per cento) e l’industria (+ 5,9), crolla l’agricoltura del 4 per cento a causa, soprattutto, dei cicli degli agrumi e dell’annata infelice dei vini.
Sono piccoli cenni di ripresa che non bastono a far uscire la regione da una situazione di depressione che in 20 anni ha bruciato migliaia di posti di lavoro. «L’emigrazione cresce per un fatto oggettivo. Non si affronta in maniera seria il tema del lavoro che, invece, dovrebbe essere centrale assieme a quello dello sviluppo e degli investimenti», dice il segretario regionale della Cisl Sebastiano Cappuccio. Il sindacalista cita un dato: in Sicilia lavorano un milione e 300 mila persone, un milione e 600mila sono disoccupati, gli altri sono anziani e bambini. «Il Mezzogiorno è stato più colpito dalla crisi. Servono politiche pubbliche adeguate per lo sviluppo, gli interventi fino a oggi sono stati deboli », continua La Spina.
Il futuro
I numeri dipingono un futuro non felicissimo per la Sicilia. Nel 2018 l’Isola, tra scarsa natalità ed emigrazione, ha perso 27 mila persone, ma se si guarda al 2065 il dato è ancora più impressionante. Secondo il rapporto, ci sarà un milione di persone in meno e la regione scenderà sotto quota quattro milioni.
La Repubblica Palermo, 3 agosto 2019

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