giovedì, febbraio 01, 2024

IL LIBRO. Siciliana. Cronache di una vita di donna e di magistrato in prima linea

di SALVATORE CUSIMANO 

È un libro inatteso quello che ho appena finito di leggere. Complice la mia insonnia e una scrittura piana ne ho completato le pagine in poche ore. È “Siciliana” di Teresa Principato, magistrato, fra i più noti e impegnati nel contrasto del crimine organizzato e protagonista di centinaia fra le inchieste di maggiore rilievo degli ultimi decenni. 

Da poco è in pensione. E nessuno meglio di me sa che la conclusione del ciclo lavorativo è tempo di bilanci e riflessioni, che spesso restano però segregati nel proprio cuore e nella propria mente. Si ha una sorta di pudore ad esternarli, se non altro per non vedere negli occhi degli interlocutori lo spaesamento di chi non si ritrova nelle ricostruzioni storiche, nella messa in fila dei fatti, nello stesso tuo sentire appassionato e animato da sentimenti civili. Si finisce così quasi sempre per vivere isolati, in una nicchia, dove ritrovarsi è confortante e rassicurante. Teresa Principato in questo volume, edito da Fuori Scena per RCS, fa invece un salto nel vuoto perché porta la sua Storia e le sue storie nelle pagine

consegnate ai lettori, ai critici, agli antagonisti, agli amici, pochi come vedrete, esponendosi con coraggio, quel coraggio che da donna e da magistrato non le è mai mancato. Il primo capitolo dedicato alla propria infanzia a Naro, in provincia di Agrigento, in una famiglia borghese, dura e quasi anaffettiva, che da lei bambina bella e studiosa, pretendeva solo obbedienza e silenzi, è il ritratto fedele di un’epoca che non a caso lei definisce Medioevo. Uno stato di costrizione pesante e a volte feroce dal quale riuscire a liberarsi era impresa destinata solo ad animi forti, a volontà di ferro e a intelligenze curiose e mai dome. La liberazione per Teresa Principato arriva con i risultati universitari brillanti e con il concorso in magistratura. Comincia così un’avventura della quale la mia generazione e non solo di cronisti è stata testimone: l’incontro con Rocco Chinnici, il lavoro nelle zone di frontiera da Agrigento a Trapani a Caltanissetta e Palermo. Rapporti solidi con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, rispettati e considerati maestri di diritto oltre che amici affettuosi. La speranza che si possano cambiare le cose e contribuire alla liberazione dell’isola dall’oppressione di Cosa Nostra. Le pagine scorrono limpide, increspate da ritratti di uomini dello stato, tanti magistrati, incrociati sulla propria strada che non riuscivano a liberarsi del proprio carico di ambizioni, di invidie, di relazioni incestuose con la politica e il mondo degli affari, di colleghi che non avevano capacità di visione, e erano complici di un sistema di potere che ha condizionato e , come scrive la stessa Principato, continua a condizionare la vita dei siciliani come dimostrano anche le recenti vicende politiche nell’isola. È un libro che va letto. Mi si permetta un azzardo. Come non sapremmo nulla della mafia senza il racconto dall’interno dei collaboratori di giustizia, così non sapremo mai del tutto i retroscena della vita giudiziaria siciliana e della lotta intestina che ha ritardato e talvolta azzerato l’azione contro il crimine organizzato, senza lo sguardo dal cuore delle stanze del “palazzo dei veleni”. Di sicuro, anche dopo questo libro, Teresa Principato non vedrà aumentare gli amici, schietta come è e decisa nell’evidenziare limiti dell’azione giudiziaria e miserie personali. Qui è li anche squarci di speranza come gli anni del pool e l’arrivo di Giancarlo Caselli alla Procura e l’avvio dei grandi processi e la corsa senza tempo per la cattura dei latitanti. Particolare rilievo e rimpianto per l’esito che ne ebbero il libro da alle indagini sulla massoneria che abbiamo visto quanto ha pesato nella latitanza dell’ultimo stragista, i 500 iscritti nella sola provincia di Trapani, distribuiti in 19 logge, di cui sei solo a Castelvetrano e una super loggia, LA SICILIA, voluta proprio da Matteo Messina Denaro che teneva le riunioni in tutta l’isola e all’estero, privilegiando i Paesi bassi e Maastricht. Con affetto e riconoscenza la “Siciliana” racconta l’impegno di rappresentanti dello stato e di forze dell’ordine che hanno pagato con l’isolamento e l’ostracismo la schiena diritta, da Saverio Montalbano e Beppe Linares, al prefetto Sodano, a Rino Germanà. Pensieri e ricostruzioni utili a capire anche la rivolta dei pubblici ministeri contro il capo dell’ufficio all’indomani delle stragi. Il libro dedica delle pagine dolorose anche al tentativo di delegittimarla e al figlio Giuliano che ha vissuto in maniera drammatica le minacce ai genitori, e le difficoltà di crescere come un ragazzo qualsiasi in una città tragica. Da madre, Teresa non si assolve per aver dedicato la vita e le sue energie al lavoro, senza riuscire a mettere pienamente a fuoco quanto viveva il suo figliolo adolescente. Non si perdona. Proprio mentre questo libro era in procinto di essere stampato, andava in scena nei teatri italiani “Il tempo attorno” un’opera del figlio Giuliano Scarpinato, regista, drammaturgo e attore dedicata proprio agli anni vissuti in Sicilia con due genitori in prima linea mentre la comunità veniva straziata da dolore e morti. E come se madre e figlio avessero sentito contemporaneamente la necessità di rileggere il loro passato per cercare un senso e trovare spiragli di serenità. Uno sforzo che la scrittura anche drammaturgica può aiutare a compiere. Almeno è quello che auguro a Teresa come lo auguro a quanti, non solo magistrati ma anche cronisti e cittadini, portano dentro di sé il segno delle angosce vissute nel nostro tempo di lupi e assassini, di infedeli e complici, di indifferenti e smemorati.

SALVATORE CUSIMANO 

Da Facebook - 01/02/2024

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