domenica, febbraio 11, 2024

ANNIVERSARI. L’Unità, una storia italiana

Due prime pagine de “l’Unità”: quella di destra celebra i quaranta anni del quotidiano “al servizio del popolo italiano e del socialismo” ed è stata disegnata dal celebre grafico milanese Albe Steiner

Il 12 febbraio di un secolo fa nasceva il quotidiano “degli operai e dei contadini” che ha attraversato le vicende del Pci. E quelle di tutto il Paese


DI UMBERTO GENTILONI


Un secolo fa, martedì 12 febbraio 1924, usciva il primo numero de l’Unità, quotidiano degli operai e dei contadini, stampato a Milano in Via Santa Maria alla Porta 2, venti centesimi la copia singola, 50 lire l’abbonamento. Le ragioni fondative del giornale consegnate a una lunga lettera che Antonio Gramsci indirizza al Comitato esecutivo del partito (da Mosca, 12 settembre 1923). Un’indicazione precisa che riguarda il modo di essere delle opposizioni, l’insieme degli strumenti utili a costruire una collaborazione ampia, tra diversi.

Non una proposta estemporanea o fugace ma un progetto che vuole guardare lontano, oltre le contingenze di un momento difficile per il movimento operaio colpito dall’ascesa del nuovo che avanza: «Credo che sia molto utile e necessario — scrive Gramsci — data la situazione attuale italiana, che il giornale sia compilato in modo da assicurare la sua esistenza legale per il più lungo tempo possibile. Non solo quindi il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito, ma esso dovrà essere redatto in modo che la sua dipendenza di fatto dal nostro partito non appaia troppo chiaramente». Un giornale di sinistra, «della sinistra operaia che tratti della politica del paese con un tono e un carattere obiettivo, scientifico, al di là e al di sopra dei partiti, una tribuna legale che permetta di giungere alle più larghe masse con continuità e sistematicamente » (Fiamma Lussana, l’Unità 1924-1939. Un giornale “nazionale” e “popolare” Edizioni dell’Orso, 2021). 
S’intravede nelle argomentazioni del proponente un programma politico che sarà raccolto e riproposto negli anni e nei decenni successivi: non un foglio settario o carbonaro, ma il giornale di un partito articolato, trasversale, aperto alle novità della società, capace di incontrare i processi di nazionalizzazione che segnano il secolo scorso. La politica delle masse appare come orizzonte di riferimento nelle parole di Gramsci, anche se nella stagione delle origini l’auspicio della lettera sulle motivazioni alla base della fondazione non potrà essere corrisposto: il giornale rimane stretto tra la cultura leninista dei rivoluzionari di professione e i progetti di apertura verso nuovi scenari, il settarismo carbonaro dei quadri da una parte, le prospettive di un radicamento popolare e nazionale dall’altra. Nel costituendo certificato di nascita il fondatore aveva scritto: «Io propongo come titolo l’Unità puro e semplice, che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale». Così ha inizio un percorso lungo e tormentato, prima nella clandestinità antifascista e poi nei tornanti della storia della repubblica. 
Quelle parole affidate a una lettera torneranno utili e preziose, spesso in modo inconsapevole: quando vengono scritte il partito è chiuso e settario, poco incline a potenziali aperture verso coinvolgimenti esterni. Ma col tempo la qualità del progetto muta e si radica nell’agone della repubblica dei partiti. Il quotidiano diventa una presenza significativa nel lungo dopoguerra, vende centinaia di migliaia di copie, la domenica con la diffusione dei militanti tocca cifre oggi impensabili (sfiora il milione, primo quotidiano per vendite). Nel 1975 vende 4 milioni e mezzo di copie più dell’anno precedente e quasi 7 milioni e mezzo più del 1973. In due anni alla metà degli anni Settanta del Novecento oltre 20 mila copie in più al giorno. Una storia di traguardi e battute d’arresto, di successi e di sconfitte, chiusure, ridimensionamenti, crisi ripetute, scelte controverse, approdi alle forme della rivoluzione digitale, tentativi di salvataggio. Una parte significativa della classe dirigente ci ha scritto con continuità, ne ha diretto la struttura lasciando tracce di stagioni consegnate alla storia. Basta scorrere la lista dei direttori in successione, tra futuri segretari e riferimenti a correnti politico culturali. Uno spazio di confronto e scontro, attraversato da interrogativi costanti sui legami tra partito e giornale, tra strumenti di costruzione della democrazia di massa e forme di comunicazione, tra i costi della politica e i finanziamenti alla stampa militante. Alcuni titoli impressi nella memoria di tante e tanti: Il Pci ancora avanti a tutta pagina in rosso per le elezioni del giugno 1976, l’edizione straordinaria Rapito Aldo Moro fino all’epilogo Assassinato Aldo Moro. L’efferato crimine delle Br offende e sfida la coscienza civile di tutti gli italiani, la partecipazione commossa per la morte di Berlinguer È morto, Addio, Tutti per i funerali o ancora Il giorno più bello per l’Europa quando cade il muro di Berlino, Scusaci Principessa in occasione della morte di Lady Diana inseguita da fotografi, o la celeberrima prima pagina Eccoci il giorno della mobilitazione del 1984 contro la manovra economica del governo. Un lungo percorso di un giornale al crocevia tra informazione, politica, educazione delle masse. Ne ha scritto con passione un protagonista, in un libro appena uscito, un giornalista che ha trascorso una vita all’interno della redazione, (Roberto Roscani, l’Unità. Una storia, tante storie,Fandango, 2024) proponendo la trama di una storia corale e plurale: «Quella dell’Unità è una storia nella Storia d’Italia e dentro — come una matrioska — ci sono le storie di chi l’ha scritta e di chi l’ha letta, di chi l’ha diretta e di chi l’ha diffusa, di chi l’ha portata con orgoglio, piegata in tasca o ostentata alle manifestazioni, di chi ha imparato a leggere sfogliando quel giornale, dei muratori che ci facevano il cappello di carta per ripararsi dal sole, degli operai che venivano in redazione, degli intellettuali che ci scrivevano». 

La Repubblica, 11 febbraio 2024

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