mercoledì, ottobre 12, 2022

Le discese all’inferno dei carusi nella miniera di Floristella


MARCELLA CROCE

Lo sfruttamento dei giacimenti solfiferi in Sicilia ebbe origine nell’Età del Bronzo, ma iniziò veramente solo tra la fine del XVIII sec. e l’inizio del XIX. I filoni venivano individuati osservando i cristalli di gesso geminato che con la loro punta indicavano la posizione del filone; era la cosiddetta «regola del Mottura» che prendeva nome dall’ingegnere che era stato inviato in Sicilia con il precipuo scopo di fondare nel 1862 la Regia Scuola Mineraria di Caltanissetta.

Se nell’antichità lo zolfo era usato per cerimonie religiose di purificazione e contro gli insetti, con l’avvento della rivoluzione industriale l’estrazione ebbe grande sviluppo per incrementare la lotta contro gravi malattie delle piante come la peronospera e la fillossera, e per la produzione della polvere pirica: ne avevano quindi bisogno sia l’agricoltura che l’industria bellica. Grandissime aree della Sicilia interna divennero ciò che Leonardo Sciascia definì «le preistoriche miniere baronali siciliane», tutte poi abbandonate negli anni ‘80 del secolo scorso.

«La zolfara mi faceva paura, al confronto la guerra di Spagna mi pareva una scampagnata»: è nuovamente Sciascia a mettere queste parole in bocca a uno dei personaggi del suo racconto L’Antimonio, precisando che gli zolfatai del suo paese chiamavano antimonio il micidiale gas grisou colpevole di innumerevoli morti. Nella miniera di Gessolungo nel 1881 morirono per un’esplosione 65 minatori tra cui 19 carusi, cioè bambini fra i 7 e i 14 anni; 9 rimasero senza nome e furono sepolti nel «cimitero dei carusi».

Un grande museo di archeologia industriale a cielo aperto è il Parco Minerario Floristella-Grottacalda nella provincia di Enna, istituito dalla Regione Siciliana nel 1991 per una superficie di circa 400ha. Fulcro del parco è Palazzo Pennisi, oggi sede degli uffici del Parco, destinato a divenire Museo della Civiltà Mineraria siciliana. Edificato nel XIX sec. dal barone di Floristella come residenza estiva, poi divenuto anche sede amministrativa della miniera, marchia il territorio con la sua architettura, elegante e massiccia al tempo stesso. Il seminterrato ospita un’interessante esposizione, che comprende la scappatoia segreta da dove proprietari e amministratori potevano fuggire in caso di insurrezione dei nuovi dannati, gli schiavi moderni della miniera.

A Floristella c’erano circa 180 «discenderie», gli stretti cunicoli usati dai solfatai per scendere e salire dalla miniera. L’accesso dei visitatori non è consentito, ma attraverso i cancelli se ne può vedere il tratto più esterno. Seminudi o nudi per combattere il caldo soffocante, i minatori erano costretti a un buio pesto interrotto dalla tremolante e pericolosa fiamma delle lampade a carburo. In Inghilterra già dal 1820 erano state inventate le lampade di sicurezza, ma in Sicilia arrivarono solo nel 1941. Ai primi del ‘900 l’estrazione meccanica sostituì il trasporto a spalla nella maggior parte delle miniere, e iniziarono a essere costruiti i pozzi di estrazione, completi di argano e castelletti, dapprima costruiti in legno, poi in muratura e infine in acciaio. Accanto al pozzo 3, profondo 222 m., è tuttora in piedi il castelletto di acciaio di 27,90 m., realizzato negli anni ‘70, pochi anni prima della chiusura definitiva.

Tutto veniva sempre pagato a cottimo; se il materiale caricato conteneva dello sterile, gli addetti facevano cancellare l’intero vagone dal conto del picconiere. I minatori erano soggetti a frodi nella misurazione del minerale, sul pagamento in natura che spesso sostituiva quello in denaro, su tutto. Dalle loro misere paghe venivano anche detratte multe, e perfino contributi volontari o forzati per le feste religiose. Quando il pagamento era in natura, il bottegaio era in pieno accordo con l’esercente della zolfara nel cercare di frodare il minatore.

Gustavo Chiesi nella Sicilia Illustrata (Milano 1892) descrive le miserande condizioni dei carusi, che trasportavano a spalla 40-50 kg di materiale; ogni caruso faceva in media 29 viaggi al giorno secondo la celebre “Inchiesta in Sicilia” di Franchetti e Sonnino. Era chiamata soccorso morto la cauzione pagata dal picconiere alla famiglia del caruso. Ecco come Pirandello nella sua celebre novella “Ciàula scopre la luna” descrive in poche parole il sistema di potere in atto nelle miniere: «Il vecchio picconiere Zi’ Scarda si lasciò scrollare pacificamente dal soprastante. Del resto aveva anche lui, a sua volta, sotto di sé qualcuno più debole, sul quale rifarsi più tardi, Ciàula, il suo caruso».

A seguito di tutto ciò il governo italiano dispose varie ispezioni nelle miniere siciliane, durante le quali però i carusi potevano essere facilmente occultati nei meandri del sottosuolo dove venivano sottoposti a ogni genere di sopruso, e non di rado anche a violenze sessuali. Le condizioni di igiene erano a dir poco precarie per tutti i minatori, che riportavano deformazioni fisiche, polmoni rovinati, mani e gambe distorte. Rosario Calcagno, il quale è nipote di uno solfaraio e che è stato la nostra guida durante la visita guidata organizzata dall’Associazione Sicilia Gaia, ci ha raccontato che suo nonno aveva le mani permanentemente contratte dal lavoro in miniera. Ciononostante medici corrotti rilasciavano con facilità i richiesti certificati di «sana e robusta costituzione».

Il volume di Salvatore Galletti Sùrfaru e surfarara – zolfo e zolfatari (Ed. Lussografica 1996) contiene molte utili informazioni sulle miniere siciliane e parla diffusamente degli scioperi organizzati dai solfarai nel periodo dei Fasci siciliani alla fine dell’800: «Il popolo siciliano tutto, quello del “voscenza binidica”, di li “scappiddati” e di li “baciamu li mani”, vide negli scioperi dei solfarai uno spiraglio di un modo nuovo di essere». In mancanza di qualunque tipo di tutela sindacale, i carusi avevano organizzato silenziosamente la protesta della cosiddetta ‘leva’ che non era il servizio militare, ma un imperativo presente con il significato di «smetti di lavorare»: sentendo questa parola d’ordine tutti i carusi correvano via, e più nulla e nessuno, almeno per quel giorno, li poteva fermare.

I crolli, la fuoriuscita dei gas e l’incendio del minerale causavano incidenti spesso mortali, definiti «infortuni» da Galletti che ne fornisce un elenco alla fine del suo volume. In mancanza di qualunque tipo di assicurazione, i minatori e le loro famiglie potevano solo sperare negli enti di beneficienza, nel buon cuore dei paesani, e nei sentimenti più o meno umanitari degli esercenti della miniera, mentre i proprietari non furono mai colpiti da responsabilità penali. Ai morti in miniera non vennero per lungo tempo concessi i funerali in chiesa perché i defunti non avevano potuto ricevere l’Estrema Unzione!

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Palazzo Pennisi è aperto dalle 8 alle 14 tutti i giorni dal lunedì al sabato, tranne i festivi. Le visite guidate devono essere concordate preventivamente. Per altre informazioni: info@enteparcofloristella.it www.enteparcofloristella.it tel. 0935 958105. L’associazione culturale Sicilia Gaia, che organizza eventi, esperienze, visite guidate e trekking principalmente nella Sicilia orientale, offre Floristella nei suoi programmi circa una volta al mese whatsapp 392 8079089

www.siciliagaia.it siciliagaiatour@gmail.com

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