martedì, marzo 30, 2021

I riti del Venerdì Santo a Corleone


Documentario ideato e realizzato da Davide Orlando, con l’apporto di Leo Pomilla. Montaggio curato da Giovanni Puccio. Voce narrante don Calogero Latino. Testo Mario Pino Castro.

I “riti del venerdì santo”, nell’attuale formula, risalgono al 1860, quando, si pensò di sostituire le funzioni viventi, come avveniva in molti paesi della Sicilia, con la drammatizzazione mediante l’uso delle statua del Cristo morto, nel rito della crocifissione. Così, nel 1862 si istituì la processione notturna, con la presenza del simulacro dell' Addolorata e del Cristo morto.

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Fu proprio in quel periodo che ebbero inizio i " maschi", cioè spari di mortaretti, che accompagnavano tutte le fasi dei riti, e nello stesso tempo andavano a sostituire le campane, legate, secondo le norme liturgiche.

Il termine maschi deriva da mascolo, che era la parte posteriore amovibile degli antichi cannoni, portati a Corleone dai garibaldini.

I maschi sono dei coni in ferro, riempiti di sabbia, con un foro laterale, alla base, in cui viene depositata la polvere da sparo. Con un meccio, posto in cima ad una canna, viene appiccato il fuoco alla polvere da sparo, così da provocare un boato,  rapportato alle dimensioni del masco o mascolo.

Un'insenatura nella montagna, posta sopra il monte Calvario, permette sia l'approvvigionamento di sabbia asciutta, per poter riempire i maschi, sia il recupero dei maschi stessi, che a causa  dello scoppio, vengono sospinti in alto.

La "Rocca dei maschi", dove è stata costruita una casetta per la custodia dei mortaretti, è strategica, perché consente di poter seguire tutte le fasi della processione, sino alla salita al Calvario.

Lo scoppio dei maschi scandisce i riti del venerdì santo a Corleone, sia dal punto di vista folcloristico che liturgico.

Tutto ha inizio nel pomeriggio del giovedì santo, quando, con una " maschiata", cioè un susseguirsi di scoppi di maschi, viene annunciata la celebrazione in Coena Domini e la riposizione di Gesù Eucaristia. Si prosegue, poi, con il "quarto", cioè il masco di media grandezza, che segna ogni quarto d'ora, sino all'ultima maschiata, al tramonto del sole. 

La mattina succesiva, con le prime luci dell'alba, il venerdì Santo irrompe nella vita dei fedeli, con una lunga maschiata e  tre "bombe finali", cioè i maschi più potenti, a ricordare le pratiche del digiuno e astinenza e la recita del Credo.

Da quel momento, il "quarto", scandisce la giornata, sino allo scoccare del mezzogiorno, quando, con un'altra maschiata, si avvisa dell'inizio dell'adorazione della Croce, in chiesa Madre. 

Al termine dell'adorazione, quando le confraternite bianche e gli altri fedeli si recano alla cappella dell'Ospedale dei Bianchi e i presbiteri prendono il simulacro del Cristo per portarlo di peso al Calvario, sei colpi di maschi, segnano l'inizio della processione. In tal modo, le persone, anziane o malate, possono partecipare spiritualmente, con la preghiera e la meditazione, ai momenti salienti della passione di Cristo. 

Si prosegue in processione in direzione del Calvario, accompagnati dallo sparo dei "due colpi", ogni volta che la croce grande con i due fanali di apertura della processione venga avvistata in alcuni punti nevralgici lungo il tragitto. 

Dal momento in cui si inizia la salita al Calvario l'intervallo fra i "due colpi" si riduce a pochi minuti, per indicare che si avvicina il momento della crocifissione.

Così, arrivati ai piedi della croce, il simulacro del Cristo viene preso dal lenzuolo, con il quale era stato trasportato in processione, e innalzato, con l' ausilio di due scale, sulla croce. Due sacerdoti ficcano i chiodi nei fori, già predisposti, delle mani e dei piedi del simulacro del Cristo, servendosi anche di un martello per fissarli bene.

Al rumore del martello che risuona nella rocca, si sparano sei colpi maschi in sequenza, per indicare la crocifissione, perché i fedeli, dovunque si trovino in città e qualsiasi cosa stiano facendo, si fermino per un istante, si inginocchino e meditino la passione di Cristo. 

Dopo la crocifissione, il "quarto" risuona nella città, fino alle quattro del pomeriggio, quando una " maschiata" con tre bombe finali, annunciano la morte di Gesù. I fedeli pregano, meditano e contemplano la morte del Cristo.

All'imbrunire del giorno, prima di far buio, le confraternite bianche, processionalmente, si avviano al Calvario, dove, alla presenza di molti fedeli, danno inizio alla deposizione del Cristo dalla croce. Il battere del martello, utilizzato stavolta per sbloccare i chiodi, riecheggia nel silenzio assordante della folla, che attonita rivive il mistero della morte di Cristo, e sembra restituire non solo il corpo esanime del Figlio di Dio, ma anche la speranza della vita che ormai si affaccia all’orizzonte. Lo sparo in sequenza di altri sei colpi di maschi avvisa della deposizione del Cristo quanti si trovino altrove.

La processione, quindi, dal monte Calvario, si snoda per le vie cittadine, con la statua del Cristo morto, custodita nel lenzuolo e portata a mano, dai presbiteri e da alcuni rappresentanti delle Confraternite Bianche, accompagnata dallo sparo dei "due colpi", sino alla chiesa di san Nicolò, dove il simulacro del Cristo viene posto in un lettuccio. Vengono, quindi sparati per l'ultima volta i sei colpi.

Da quel momento, ormai notte, le statue del Cristo morto e dell'Addolorata vengono portate in processione. Una forte maschiata indica l'inizio e la fine della processione, quando, all'inizio del nuovo giorno, il sabato santo, si preannuncia, ormai la Pasqua di nostro Signore Gesù Cristo.


Il documentario è stato ideato e realizzato da Davide Orlando, con l’apporto di Leo Pomilla; il montaggio è stato curato da Giovanni Puccio; la voce narrante è di don Calogero Latino, il testo è di Mario Pino Castro.

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