giovedì, settembre 03, 2020

Strage di via Carini. Chi c'è dietro questa strage ancora non è stato ancora accertato

La A112 crivellata dai colpi di kalashnikov

LIRIO ABBATE

Sono trascorsi 38 anni da quella brutale serata palermitana che ricordiamo come i "Cento giorni a Palermo" del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa e di sua moglie Emanuela Setti Carraro. Ancora oggi non sappiamo tutta la verità su quella strage che ha segnato negativamente i siciliani, facendo precipitare quelli onesti in uno sconforto che li ha allontanati dalla speranza di liberarsi dalla mafia e dalla cattiva politica, corrosa e corrotta da Cosa nostra se non in alcuni casi essa stessa legata ai boss.

Di quella serata porto impressa nella mia mente, fa tante scene e immagini televisive, questa foto che vedete qui: è il simbolo della Croce Rossa attaccato al parabrezza dell'automobile di Emanuela Setti Carraro. Ed è l'auto in cui questa donna che faceva parte della Croce Rossa è stata uccisa a colpi di kalashnikov assieme a suo marito il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa.

La sera del 3 settembre 1982 è cambiata la prospettiva di vita di molti di noi siciliani, giovani e vecchi.

L'azione dei sicari inviati per uccidere il generale che dopo aver sconfitto il terrorismo, per 100 giorni è stato lasciato solo da quel governo che lo aveva dirottato in Sicilia. Di fatto lo hanno mandato a morire. Chi c'è dietro questa strage, chi l'ha decisa dopo centro giorni dall'arrivo di Dalla Chiesa a Palermo ancora non è stato accertato.

Ma il vetro del parabrezza dell'auto crivellato di colpi accanto al simbolo della Croce Rossa è l'immagine di un conflitto che abbiamo vissuto e subìto. La Sicilia era in guerra e la Croce Rossa era li per aiutare. E questa immagine ci riporta alle persone innocenti assassinate da uomini che superano ogni limite. Ogni umanità, anche quella di sparare sulla Croce Rossa. E registriamo ancora una volta una politica che non ha aiutato le vittime innocenti. E registriamo che oggi ci sono boss in carcere che non hanno placato il loro odio per questo grande prefetto, per questo carabiniere che aveva gli alamari cuciti addosso. Ancora oggi ascoltiamo i mafiosi al 41bis che urlano contro di lui e lo dileggiano. Dileggiano la memoria. E questo non lo dobbiamo mai permettere.

 

 

Nessun commento: