domenica, novembre 20, 2016

Corleone. I commissari "liberano" il comune dall'abbraccio di una società il cui referente è genero di un mafioso

Lo scorso 14 novembre la commissione straordinaria che amministra il comune di Corleone, dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, con i poteri del consiglio comunale ha adottato la delibera n. 37 con cui ha scelto di recedere dall’associazione ASMEL. Una scelta quanto mai opportuna, perché tramite questa associazione, attraverso una serie di “scatole cinesi”, l’amministrazione Savona aveva affidato alla Società RTI INFOTIRRENA la riscossione coattiva del tributi (Ici, Imu, Tarsu, Tares). Un’affidamento deliberato nel dicembre 2013 dalla giunta Savona, mentre per legge la competenza doveva essere del consiglio comunale (ma nè il segretario nè il sindaco nè assessori ne capirono niente!), contro la quale le opposizioni fecero le barricate, sostenendo che il comune aveva le professionalità interne per gestire il servizio. Con la scelta della maggioranza invece si sprecavano circa 400 mila euro l’anno, che sarebbero finite nelle tasche della società affidataria. Savona, l’allora assessore al bilancio Marcello Barbaro e tutta la maggioranza avevano fatto le barricate, sostenendo (senza dimostrarlo) che invece la scelta era molto conveniente per il comune di Corleone. Purtroppo per la città di Corleone, il referente della società affidataria del servizio era stato “consigliere della prima assegnataria e… affine (genero - ndr) del capo di un mandamento contiguo a quello di Corleone (Belmonte Mezzagno – ndr),
LEGGI ANCHE LA LETTERA DEL MINISTRO DEGLI INTERNI AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, ALLEGATA AL DECRETO DI SCIOGLIMENTO PER INFILTRAZIONI MAFIOSE DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI DEL COMUNE DI CORLEONE
come e’ stato accertato nel corso di indagini condotte dalle forze di polizia”. Proprio questo affidamento “forzato” è stato uno dei motivi che ha portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Corleone.
Ecco al riguardo cosa scrive il ministero dell’interno a p. 12 del decreto di scioglimento per mafia del comune di Corleone:
«(…) Il comune di Corleone ha esternalizzato il servizio di accertamento e riscossione dei tributi, scegliendo un concessionario tra le società selezionate da un’associazione costituita per l’espletamento di al­cuni servizi, alla quale l’ente ha aderito con delibera di giunta del dicembre 2013. L’iniziativa dell’amministrazione aveva lo scopo di abbattere i tempi neces­sari per l’indizione di una eventuale gara da gestire in proprio, perseguendo, nel contempo, obiettivi di economicità, convenienza e contenimento dei costi.
La scelta del comune ha trovato, tuttavia, la ferma opposizione del collegio dei revisori che aveva contestato la convenienza economica dell’iniziativa, eviden­ziando anche un non proficuo utilizzo del personale del competente ufficio co­munale. Peraltro, anche l’Autorita’ nazionale anticorruzione aveva obiettato che la ditta prescelta non rispondeva ai modelli organizzativi previsti dalla vigente normativa e che le gare espletate dalla societa’ risultavano prive del presupposto di legittimazione.
Nonostante i rilievi, il servizio risulta ancora esternalizzato ed e’ svolto da una ditta subentrata alla prima societa’ assegnataria, la quale detiene il 45% delle quote azionarie dell’attuale gestore. Dall’esame della situazione economica del comune, a far data dall’affidamento del servizio al concessionario, si registra un calo di oltre 40 punti percentuali nella riscossione ordinaria dei tributi, che passa dal 73% al 25%.

Tra gli utenti morosi vi sono esponenti della locale consorteria e familiari di amministratori ed e’ inoltre significativo che il referente della societa’ sia sta­to consigliere della prima assegnataria e sia affine del capo di un mandamento contiguo a quello di Corleone, come e’ stato accertato nel corso di indagini condotte dalle forze di polizia (…)».

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ECCO LA LETTERA DEL MINISTRO DEGLI INTERNI AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, ALLEGATA AL DECRETO DI SCIOGLIMENTO PER INFILTRAZIONI MAFIOSE DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI DEL COMUNE DI CORLEONE

                                                                                  Al Presidente della Repubblica

Nel comune di Corleone (Palermo) sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che hanno compromesso la libera determina­zione e l’imparzialità degli organi eletti nelle consultazioni amministrative del 6 e 7 maggio 2012, nonchè il buon andamento dell’amministrazione ed il funzionamento
dei servizi.
Le risultanze di alcune indagini della magistratura, unitamente ad un’attenta attività informativa svolta dalle forze dell’ordine, hanno fatto emergere i vincoli familiari e i rapporti che legano amministratori ed esponenti dell’organizzazione mafiosa denominata cosa nostra, nonche’ alcuni significativi elementi, anche relati­vi a procedimenti amministrativi, che rendono plausibili tentativi di infiltrazione mafiosa all’interno dell’ente.
La descritta situazione ha indotto il prefetto di Palermo a disporre, con decreto del 15 gennaio 2016, l’accesso presso il comune, ai sensi dell’art. 143, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUOEL), per gli accertamenti di rito.
Al termine dell’indagine ispettiva il prefetto, su conforme parere del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo - D.D.A. e del Pro­curatore della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, ha redatto l’allegata relazione in data 23 maggio 2016, che costituisce parte integrante della presente proposta, in cui si da’ atto della sussistenza di concreti, univoci e ri­levanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori locali con la criminalita’ organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando pertanto i presupposti per l’applicazione della misura prevista dall’art. 143 del TUOEL.
I lavori della commissione hanno preso in esame, oltre all’intero andamento gestio­nale dell’amministrazione comunale, la cornice criminale ove si colloca l’ente locale, con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e la locale consorteria.
Il contesto mafioso del mandamento di Corleone - che si e’ connotato per il clima di omerta’, di connivenze e per la forte contiguita’ delle diverse consorterie locali - ha espresso, negli anni, un’organizzazione criminale particolarmente efferata ed autorevole, i cosiddetti corleonesi, che annovera personaggi la cui por­tata criminale ha travalicato i confini locali, mantenendo integra, nel tempo, l’organizzazione economica e sociale dei clan, nonostante le diverse vicende che hanno interessato i sodali.
La cattura di esponenti storici e di personaggi di spicco del sodalizio e le suc­cessive condanne a lunghe pene detentive hanno fatto si’ che la conduzione degli interessi di cosa nostra venisse affidata a fiduciari, legati agli esponenti crimi­nali da stretti vincoli familiari. In tal modo, il figlio di uno stretto congiunto di un capomafia corleonese assumera’ la carica di capo mandamento di Corleone in assenza del vertice mafioso, gestendo, insieme ad un altro congiunto, importanti interessi economici legati ad affari illeciti. Analogamente, nel periodo di latitanza, un diverso vertice di cosa nostra, affidera’ al figlio di un vicino parente, di cui e’ stato comprovato il ruolo apicale all’interno dell’organigramma corleonese, la cura degli affari dell’organizzazione criminale e la gestione dell’aspetto logistico della latitanza del boss mafioso. Lo stesso reggente del sodalizio costituira’ anche il fondamentale tramite per dare esecuzione agli ordini impartiti dal latitante e per la riscossione delle tangenti sul territorio.
Dopo l’arresto dei due fiduciari di cui si e’ fatto cenno, secondo quanto risulta dalle indagini condotte dalla magistratura inquirente, il mandamento e’ stato affidato ad altro sodale, che ha mantenuto stretti rapporti con le citate famiglie mafiose, essendo ad esse legato per vincoli familiari. Nel novembre 2015, il predet­to sodale reggente del mandamento e’ stato arrestato per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, all’esito di attivita’ investigative svolte a seguito della denuncia di un funzionario di altro ente, destinatario di un episodio estorsivo.
Le indagini hanno evidenziato la presenza sul territorio di un’organizzazio­ne criminale prevalentemente dedita alla commissione di reati estorsivi col tipico metodo mafioso ed hanno definito ruoli e funzioni degli appartenenti al sodalizio, permettendo cosi’ anche la ricostruzione dell’assetto della famiglia mafiosa di un comune contermine. A tal riguardo, infatti, le investigazioni hanno messo in luce il ruolo di riferimento e di collegamento tra la famiglia mafiosa del predetto comune e’ il mandamento corleonese, svolto da un dipendente del comune di Corleone, che si e’ dimostrato in grado di risolvere i conflitti tra i due gruppi criminali, con determi­nazione ed esercitando un potere carismatico, pur mantenendo un atteggiamento di basso profilo per non insospettire le forze dell’ordine.
Il predetto dipendente comunale e’ stato tratto in arresto nel settembre 2014 in quanto ritenuto responsabile, in concorso con altri, del reato di estorsione ed associazione per delinquere di stampo mafioso e lo scorso 22 febbraio 2016 e’ stato condannato, in primo grado, alla pena di anni 12 di reclusione. Fonti tecniche di prova hanno consentito di appurare il ruolo centrale svolto dallo stesso all’interno dell’organizzazione criminale, in occasione degli incontri tra soggetti affiliati mafio­si, per programmare attivita’ delittuose.
Quanto all’amministrazione comunale, e’ innanzitutto significativo che gran parte degli amministratori eletti nel corso delle consultazioni amministrative del 2012 avesse gia’ fatto parte degli organi di governo dell’ente nella precedente con­siliatura e, talora, anche in quella eletta nel 2002. Nella consiliatura 2007-2012, infatti, oltre la meta dei consiglieri dell’ente erano gia’ stati componenti del consiglio comunale e, in particolare, il sindaco in carica aveva svolto le funzioni consiliari ed il vicesindaco quelle di presidente del consiglio comunale.
Dalle risultanze dell’accesso emerge anche una contiguita’ tra esponenti della criminalita’ organizzata corleonese o tra persone ad essi vicine e gli amministratori comunali, favorita da un fitto intreccio di legami parentali, da rapporti di frequen­tazione o da una comunanza di interessi economici.
Gli accertamenti ispettivi hanno, inoltre, messo in luce alcune circostanze indica­tive dei rapporti tra i componenti del governo locale e cosa nostra. 
I legami tra la famiglia del sindaco e la locale famiglia mafiosa sono suggellati an­che da particolari vincoli che assumono, in quel territorio, un alto valore simbolico all’interno delle consorterie: si tratta della scelta del “padrino” o della “madrina” in occasione della celebrazione di sacramenti religiosi. Emblematica e’ la circo­stanza che i “padrini” sia del primo cittadino che di un suo stretto parente siano esponenti o persone strettamente imparentate con personaggi della mafia locale.
Tra gli amministratori, assume rilievo l’incontro tra un assessore ed un soggetto condannato per associazione di stampo mafioso avvenuto all’interno di un esercizio commerciale, nel febbraio 2015, nel corso del quale i due si sono salutati scambiandosi il rituale “doppio bacio” mafioso.
Quanto ai consiglieri comunali, rileva ai fini della presente relazione il danneg­giamento ad un escavatore subito da un amministratore, eletto tra le fila della maggioranza ma passato all’opposizione per contrasti con il sindaco.
L’evento - secondo le successive indagini - e’ da ritenere una forma di ritorsione nei confronti del consigliere, considerato troppo vicino ad un imprenditore - titolare di una ditta individuale e di altra societa’ - con il quale aveva costituito una societa’ imprenditoriale di fatto, non legalmente formalizzata. Infatti, l’escavato­re, di proprieta’ dell’imprenditore era in realta’ in uso esclusivo dell’amministratore che, nella circostanza, dichiarava agli inquirenti di aver acquistato il mezzo, ma di non aver ancora provveduto al relativo passaggio di proprieta’. Dell’imprenditore, il cui nominativo risulta nell’albo delle ditte di fiducia dell’ente, relativo agli anni 2012/2015, il prefetto di Palermo segnala i rapporti con la consorteria mafiosa.
Nel corso di indagini finalizzate ad individuare gli autori di un reato di tentata estorsione ai danni di un imprenditore - titolare di una ditta che e’ risultata affidata­ria nel 2013 di lavori presso il campo sportivo comunale - e’ emerso che un soggetto, poi divenuto consigliere comunale a Corleone, si era interessato affinche’ il pre­detto imprenditore facesse lavorare, all’interno del cantiere, una ditta vicina a cosa nostra, nonche’ il congiunto di un sodale e un mafioso appena scarcerato, parente e fiancheggiatore del locale capomafia, di cui si e’ detto in precedenza.
Nella vicenda e’ coinvolto anche il predetto dipendente comunale - allora custode del campo sportivo, nei cui uffici si svolgevano incontri tra associati ed affiliati mafiosi per programmare attivita’ delittuose - che ha esercitato pressioni finalizzate all’as­sunzione dell’esponente malavitoso.
Emblematica e’ la circostanza che il comune non si sia costituito parte civile nel procedimento penale instaurato dopo l’arresto del proprio dipendente.
Gli accertamenti ispettivi della commissione d’accesso tratteggiano una struttura amministrativo-burocratica formata da soggetti legati tra loro da rap­porti parentali o adusi a frequentazioni controindicate.
L’apparato burocratico ha subito, nel tempo, diversi interventi di riorganizzazio­ne, con frequenti cambi ai vertici dei settori e con la costituzione di due ulteriori uffici tecnici posti alle dipendenze di persone assunte con contratto a tempo determinato e part-time, cui sono state attribuite mansioni sottratte alle strutture gia’ esisten­ti. L’iniziativa di nominare i due nuovi capi-settore, secondo quanto riferito da due amministratori dell’ente, sarebbe stata assunta direttamente dal sindaco, senza consultazioni con la maggioranza consiliare e con la giunta, ed avrebbe inciso sulle competenze di due dirigenti tecnici di ruolo del comune, preposti ai servizi le cui attribuzioni sono state ridotte.
La rete familiare e la comunanza di interessi con la criminalita’ organizzata ha costituito il substrato nel quale si e’ esplicato il condizionamento dell’amministra­zione, comprovato da una serie di fatti gravi e concreti, che hanno determinato una situazione di vantaggio per soggetti facenti parte di cosa nostra o vicini alla consorteria, la cui responsabilita’ deve essere ricondotta all’ente.
Le attivita’ connesse alla gestione del ciclo dei rifiuti sono quelle che suscitano maggiore interesse da parte della criminalita’ organizzata, sia per gli enormi pro­venti che ne derivano, sia per la possibilita’ di esercitare un capillare controllo del territorio.
Il comune di Corleone - che insieme ad altri comuni faceva parte dell’Area Territo­riale Ottimale Palermo 2 (ATO PA 2), oggi in fallimento - sfruttando le difficolta’ incontrate dalla societa’ incaricata della raccolta, ha garantito a societa’ private, collegate a consorterie mafiose locali, lo svolgimento del servizio di raccolta rifiuti.
Secondo quanto emerge anche dagli atti della commissione d’accesso, il co­mune ha perseguito gli interessi delle locali famiglie mafiose, fin dai primi mo­menti di crisi dell’ATO, ostacolando le procedure comunali relative all’istituzione dell’Area di raccolta ottimale (ARO), prevista da specifiche disposizioni regionali in materia di gestione del ciclo dei rifiuti.
Grave e’, infatti, la circostanza che nonostante, nel 2014, l’Ufficio tecnico co­munale avesse preparato tutta la documentazione costitutiva dell’ARO, nonche’ il Piano di intervento per la raccolta dei rifiuti solidi urbani sul territorio di Cor­leone, dopo l’approvazione da parte della giunta, la relativa delibera consiliare non sia mai stata adottata, per espressa volonta’ del sindaco.
Per contro, il sindaco, dal mese di febbraio 2015, ha dato avvio ad una gestione straordinaria del servizio disponendo, con proprie ordinanze contingibili ed urgen­ti, interventi sussidiari attraverso noli affidati a due imprese, di cui una ricondu­cibile ad un soggetto vicino alla locale famiglia mafiosa, che ne e’ di fatto l’amministratore, e l’altra amministrata da un componente del consiglio di amministrazione della prima.
Nei’ confronti delle predette ditte, il prefetto di Palermo, lo scorso 15 luglio 2016, ha emanato distinti provvedimenti interdittivi, disponendo anche, per una delle imprese, la cancellazione e, per l’altra, il diniego dell’iscrizione nella cosiddetta white list, istituita presso la prefettura di Palermo.
Gli accertamenti svolti dalla commissione di accesso hanno reso evidente che i noli contratti dall’amministrazione comunale celano un vero e proprio affidamento di appalto del servizio.
Il prefetto osserva che, solo nel novembre 2015 e nel febbraio 2016, i rapporti con la seconda ditta saranno disciplinati con due contratti stipulati in forma pubblica, ma privi dei piu’ elementari requisiti dell’atto pubblico e, cioe’, dell’indicazione circa l’esatta durata del contratto e della specificazione del costo del servizio in un arco temporale preciso. Infatti, la durata dell’appalto viene collegata “all’e­saurimento delle risorse impegnate”.
Singolare e’ anche la circostanza che i due contratti siano stati sottoscritti in vigen­za di un atto di indirizzo della giunta che - esercitando una competenza impropria - dichiara cessato lo stato di emergenza ed incarica il responsabile del servizio di espletare una regolare procedura di’ gara.
Il comune di Corleone ha esternalizzato il servizio di accertamento e riscossione dei tributi, scegliendo un concessionario tra le societa’ selezionate da un’associazione costituita per l’espletamento di al­cuni servizi, alla quale l’ente ha aderito con delibera di giunta del dicembre 2013. L’iniziativa dell’amministrazione aveva lo scopo di abbattere i tempi neces­sari per l’indizione di una eventuale gara da gestire in proprio, perseguendo, nel contempo, obiettivi di economicita’, convenienza e contenimento dei costi.
La scelta del comune ha trovato, tuttavia, la ferma opposizione del collegio dei revisori che aveva contestato la convenienza economica dell’iniziativa, eviden­ziando anche un non proficuo utilizzo del personale del competente ufficio co­munale. Peraltro, anche l’Autorita’ nazionale anticorruzione aveva obiettato che la ditta prescelta non rispondeva ai modelli organizzativi previsti dalla vigente normativa e che le gare espletate dalla societa’ risultavano prive del presupposto di legittimazione.
Nonostante i rilievi, il servizio risulta ancora esternalizzato ed e’ svolto da una ditta subentrata alla prima societa’ assegnataria, la quale detiene il 45% delle quote azionarie dell’attuale gestore. Dall’esame della situazione economica del comune, a far data dall’affidamento del servizio al concessionario, si registra un calo di oltre 40 punti percentuali nella riscossione ordinaria dei tributi, che passa dal 73% al 25%.
Tra gli utenti morosi vi sono esponenti della locale consorteria e familiari di amministratori ed e’ inoltre significativo che il referente della societa’ sia sta­to consigliere della prima assegnataria e sia affine del capo di un mandamento contiguo a quello di Corleone, come e’ stato accertato nel corso di indagini condotte dalle forze di polizia.
Come rileva il prefetto di Palermo, i titolari di molte delle imprese iscritte all’al­bo si trovano in rapporti di forte contiguita’ o addirittura di appartenenza alle locali consorterie mafiose. Dette ditte sono risultate destinatarie di affidamenti diretti o a trattativa privata per l’esecuzione di lavori o per l’espletamento di servizi di com­petenza comunale. Si fa, in particolare, riferimento ai lavori eseguiti negli anni 2012-2015 da una ditta il cui titolare e’ aduso a frequentazioni controindicate ed e’ stato coinvolto nella vicenda relativa alla tentata estorsione di cui si e’ gia’ parlato ed a quelli affidati in via diretta ad altra ditta, i cui soci sono stati reiteratamente no­tati dalle forze di polizia in compagnia di esponenti, anche di spicco, del clan locale.
Quanto ai servizi, viene segnalato quello relativo alla mensa scolastica, asse­gnato ad una ditta vicina alla criminalita’ organizzata, con procedura anomala caratterizzata dal frazionamento dell’appalto, che e’ quindi rimasto sempre sot­to-soglia.
Anche in occasione dell’affidamento di incarichi legali, l’azione dell’ente e’ stata condizionata dagli interessi della criminalita’ organizzata: nonostante il comune si sia dotato di un albo di legali di fiducia e la relativa attivita’ sia disciplinata da disposizioni regolamentari, la difesa dell’amministrazione in tutti i contenziosi stra­giudiziali e’ stata affidata ad un avvocato legato da vincoli parentali con la famiglia mafiosa corleonese.
Nonostante la precaria situazione finanziaria e le raccomandazioni del collegio dei revisori, l’amministrazione ha erogato un generoso contributo ad una associa­zione, consentendole anche di realizzare una manifestazione per le vie cittadine, senza versare il pagamento per l’occupazione del suolo pubblico. Anche in questo caso, rilevano i vincoli familiari degli amministratori dell’associazione - di cui e’ vicepresidente un amministratore comunale - con un esponente malavitoso locale.
Dalle risultanze dell’accesso emergono, inoltre, i rapporti tra l’amministratore protagonista del citato fatto avvenuto all’interno dell’esercizio commerciale e un’as­sociazione sportiva, reiteratamente destinataria di contributi negli anni 2012, 2013 e 2015, nonostante i pareri contrari espressi dal responsabile del servizio - che aveva osservato la mancata produzione della documentazione prevista dal regola­mento dell’ente - e dal Segretario generale che, in qualita’ di responsabile dell’anti­corruzione, rilevava l’assoluta inopportunita’ ed incoerenza dell’elargizione rispetto al Piano triennale per la Prevenzione della Corruzione.
Il prefetto di Palermo segnala anche una serie di vicende che meritano, in questa sede, una particolare attenzione.
La prima riguarda la partecipazione ad una manifestazione internazionale di una ditta riconducibile alla criminalita’ organizzata, il cui titolare ha attiva­mente sostenuto la candidatura dell’attuale sindaco. Nell’occasione, la selezione dei partecipanti - che in adesione alle previsioni di un progetto europeo avrebbe dovuto riguardare un massimo di venti operatori agro-alimentari della provincia - e’ stata gestita dall’amministrazione comunale in modo da assicurare la partecipazio­ne all’evento esclusivamente alla predetta ditta e, per di piu’, con oneri a carico del comune. Sulla vicenda e’ stato avviato un procedimento penale, in fase di indagini preliminari.
Un’altra vicenda riguarda l’assunzione, nel mese di aprile 2015, di uno stretto congiunto del locale capomafia, presso una scuola statale, in relazione ad una sentenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia che sanciva l’obbligo per l’ente di assegnare una assistenza igienica in favore di un minore. La procedura di reclutamento e’ connotata da lacune ed anomalie, tanto evidenti da indurre al deferimento all’autorita’ giudiziaria del funzionario responsabile.
Viene, infine, segnalato il comportamento del sindaco in relazione ad un progetto commerciale per la raccolta del latte proveniente dall’Alto Belice, da convogliare presso un impianto di proprieta’ comunale per essere poi trasferito fuori regione ed immesso nella grande distribuzione. Fonti tecniche di prova atte­stano l’interesse di cosa nostra a monopolizzare l’intera raccolta del latte nell’area corleonese, attraverso un accordo sul prezzo di detto bene primario che avrebbe con­sentito all’organizzazione criminale di essere piu’ competitiva sul mercato.
E’ un dato fattuale la circostanza che al sopralluogo presso l’impianto comuna­le - organizzato da un esponente malavitoso locale sfruttando i solidi rapporti con un congiunto del sindaco - abbia partecipato il primo cittadino, che ha accolto i partecipanti all’incontro. Secondo quanto risulta dalle predette prove tecniche, al termine della visita all’impianto il boss ha riferito ad un proprio parente la disponibilita’ del congiunto del sindaco ad
intercedere presso l’amministrazione comunale per ottenere un canone d’affitto con­veniente.
Le vicende analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto hanno rivelato una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Corleone, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che de­terminano lo svilimento e la perdita di credibilita’ dell’istituzione locale, nonche’ il pregiudizio degli interessi della collettivita’, rendendo necessario l’inter­vento dello Stato per assicurare il risanamento dell’ente.
Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l’adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Corleone (Palermo), ai sensi dell’art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In relazione alla presenza ed all’estensione dell’influenza criminale, si rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
Roma, 4 agosto 2016

Il Ministro dell’Interno: Alfano

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