venerdì, settembre 23, 2016

Quelle parole di Francesco e Obama alla coscienza del mondo

Papa Francesco e il Presidente Usa Obama
di EUGENIO SCALFARI
AD UN GIORNO di distanza l'uno dall'altro, il presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama e il Pontefice cattolico Francesco hanno fatto due discorsi che definire importanti è un aggettivo insignificante. Sono stati fondamentali e rivolti entrambi ad una platea globale, cioè al mondo intero. L'intervento di Obama, che il 10 novembre prossimo lascerà al suo successore la carica presidenziale, era rivolto alle nazioni di tutto il mondo e agli Stati che le rappresentano; quello di papa Francesco a tutte le Religioni. E dunque le platee erano alquanto diverse ma il contenuto il medesimo, unificato dall'intento etico-politico di incitare Stati, Religioni e individui a lottare contro la guerra, la violenza e la tirannide e a far trionfare la pace, l'eguaglianza e la libertà.


Non era mai accaduto un evento pari a questo. Tutti i giornali, le televisioni e il web ne hanno infatti informato i popoli, ma pochi hanno esaminato il suo significato e anche i motivi della loro coincidenza di calendario e sono questi gli aspetti che qui ed oggi vogliamo affrontare. La coincidenza di calendario anzitutto. È evidente: il mondo è a pezzi e nessun Paese è risparmiato: depressione economica, aumento delle diseguaglianze, decadenza della democrazia e perfino aumento della schiavitù, fondamentalismo e terrorismo, ignoranza e disinteresse del bene comune a vantaggio del bene proprio, guerre guerreggiate e guerre tra poteri, razzismo e chiusure. Obama ha sottolineato l'innalzamento di muri che chiudono il varco al movimento mentre a suo giudizio bisognerebbe costruire ponti che consentano la comunicazione tra diversi interessi e diverse civiltà. Francesco ha incitato alla fratellanza delle Religioni condannando il fondamentalismo ed ha per l'ennesima volta ricordato che c'è un Dio unico anche se diverse sono le Scritture, le dottrine e la storia che ne deriva. Il Dio è unico ed unico è dunque il punto di arrivo dei credenti, ma non solo: la grazia di quel Dio tocca tutte le anime, credenti e non credenti che siano, purché la loro scelta di vita sia il bene degli altri oltre che legittimamente anche il proprio. Ama il tuo prossimo come te stesso: questa massima cristiana, se praticata, unifica credenti e non credenti, afferma con altre parole la necessità dei ponti da costruire auspicati da Obama, per superare gli abusi e i soprusi mobilitando tutti gli uomini e le donne di buona volontà a battersi per la pace e per l'amore contro la guerra e il potere.
Alcune citazioni sono necessarie per esser certi che l'interpretazione dei due interventi sia corretta. Cominciamo dal presidente Obama: "Troppi governi reprimono il dissenso con la violenza. Reti terroristiche mettono in pericolo società aperte e alimentano la rabbia nei confronti di immigrati innocenti. Questi stati d'animo caratterizzano purtroppo il mondo di oggi. Visioni alternative prendono piede in Paesi ricchi come in quelli più poveri. Non credo che sul lungo periodo queste idee possano generare ricchezza e benessere. La risposta non può essere quella di circondarsi di muri e di respingere l'integrazione globale ma anzi far sì che quella integrazione sia la più condivisa possibile. Non credo che in Usa e in Europa il nostro progresso sia possibile se il nostro desiderio di tutelare le identità darà il via alla disunità e agli istinti di dominare sugli altri gruppi. Il mondo è troppo piccolo e noi troppo connessi perché si possa tornare a mentalità di così vecchio stampo. Gli imperi, dei quali noi siamo stati l'ultimo, sono ormai scomparsi. Ora dobbiamo sostenere tutti insieme l'impegno alla cooperazione internazionale. Io credo che tutti noi, e le Nazioni Unite qui convocate, dobbiamo rispecchiare questa inviolabile verità".

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Ed ora due parole di papa Francesco al raduno delle Religioni al convento di Assisi del cui Santo porta il nome. Ho l'onore d'essere amico di Sua Santità e un giorno gli chiesi perché avesse scelto quel nome che nessuno dei suoi predecessori ha mai adottato. In fondo poteva scegliere il nome di Ignazio, che fondò l'Ordine dei Gesuiti dal quale papa Bergoglio proviene: anch'esso non era mai stato usato. "Vede - mi disse - Ignazio qualche volta ebbe dei momenti di misticismo, furono intensi ma rari. Francesco invece fu un mistico permanente, anche quando faceva tante altre cose pratiche, ma parte del suo sé era sempre identificato col Signore. Io non sono mistico ma il misticismo mi affascina e perciò ho scelto quel nome".
In realtà e a suo modo è un mistico anche lui. Un mistico moderno e infatti la sua opera è modernizzare la Chiesa, costruire ponti tra la preghiera e la società moderna. L'intento è quello di integrare le varie religioni in nome dell'unico Dio ma contemporaneamente integrare la verità assoluta con il relativismo della modernità. Il fine ultimo è la scelta tra la Misericordia e la pace contro la guerra e il potere. Ed ora citiamo alcuni punti essenziali del suo intervento ad Assisi: "Cari fratelli. Dio ci esorta ad affrontare insieme la grande malattia del nostro tempo: l'indifferenza. È un virus che paralizza, rende inerti e insensibili, un morbo che interessa il centro stesso della religiosità generando un nuovo tristissimo paganesimo: il paganesimo dell'indifferenza. Non possiamo restare indifferenti in un mondo che ha un'ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre spesso dimenticate ma sempre causa di sofferenze e di povertà. Penso a famiglie che nella vita non hanno conosciuto altro che violenza, ad anziani costretti a lasciare le loro terre. Non vogliamo che queste tragedie cadano nell'oblio. Noi desideriamo dar voce a quanti soffrono, a quelli senza voce e senza ascolto. Essi sanno bene, spesso meglio dei potenti, che non c'è nessun domani nella guerra e che la violenza delle armi distrugge la gioia della vita.

Noi non abbiamo armi. Crediamo più nella forma mite ed umile della preghiera e perciò tutti insieme invochiamo Dio perché cessino guerre, terrorismo e violenza. Cerchiamo in Dio l'acqua limpida della pace di cui l'umanità è assetata. Essa non può scaturire dai deserti dell'orgoglio e degli interessi di parte, dalle terre avide del guadagno a tutti i costi e del commercio delle armi. Oggi non abbiamo pregato - noi di tutte le religioni - gli uni contro gli altri come purtroppo talvolta è avvenuto nella Storia. Ma tutti insieme per la pace dei corpi e delle anime. Noi qui, insieme e in pace, crediamo e speriamo in un mondo fraterno. Desideriamo che uomini e donne di religioni differenti, ovunque si riuniscano, creino concordia specie dove ci sono conflitti. Il nostro futuro è vivere insieme. Per questo siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della diffidenza, dei fondamentalismi e dell'odio. Ci rivolgiamo anche a chi ha la responsabilità più alta nel servizio dei Popoli, ai leader delle Nazioni, perché non si stanchino di cercare e promuovere vie di pace, guardando al di là degli interessi di parte e del momento: non rimangano inascoltati l'appello di Dio alle coscienze il grido di pace dei poveri e le attese delle giovani generazioni.  Oggi è veramente una giornata di preghiera, di penitenza, di pianto per la pace: è una giornata per sentire il grido del povero che ci apre il cuore alla misericordia, all'amore e ci salva dall'egoismo".

Francesco e Obama hanno parlato alla coscienza del mondo. Ma noi tutti, Stati, politici, individui, abbiamo coscienza? O siamo ottusi dall'indifferenza e dall'egoismo? Questo è il problema che ogni giorno spunta e con il quale ci confrontiamo. Speranza nel futuro. Lo diceva Leopardi, anche se il suo pensiero lo rimosse per tutta la sua vita. Nei suoi Canti tuttavia speranza e malinconia si fusero insieme. Cerchiamo di comprendere e forse il mondo migliorerà.

La Repubblica, 23 settembre 2016

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