mercoledì, dicembre 14, 2011

Per l’ex ministro Saverio Romano (Pid), sì alle intercettazioni

L'ex ministro Saverio Romano
ROMA - La Giunta della Camera ha detto sì all'uso delle intercettazioni per l'ex ministro Saverio Romano. Per il sì ha votato, oltre al centrosinistra, la Lega Nord. L'Udc si è astenuta. La Giunta per le autorizzazioni della Camera ha respinto la proposta del relatore Roberto Cassinelli (Pdl) di dire no all'uso delle intercettazioni. A favore di questa proposta hanno votato il Pdl e il radicale Maurizio Turco. Contro, e dunque con il centrosinistra, si è espressa la Lega. E così il via libera è passato con i nove sì di Pd, Idv, Lega, Fli. L'Udc, invece, si è astenuto. Così è cambiato anche il relatore: al posto di Cassinelli è stata nominata Marilena Samperi, capogruppo del Pd in giunta per le autorizzazioni della Camera. Il terzo polo, insomma, si è diviso sul via libera all'uso delle intercettazioni per l'ex ministro. L'autorizzazione della Giunta all'uso delle intercettazioni segue la richiesta avanzata alla Camera dal gip di Palermo Piergiorgio Morosini.
Le registrazioni fanno parte del fascicolo d'indagine in cui il politico del Pid è indagato, insieme al senatore del Pdl Carlo Vizzini e all'ex governatore siciliano Totò Cuffaro, di corruzione aggravata dall'avere agevolato la mafia. La Giunta si è espressa su 25 telefonate che dimostrerebbero che il ministro Saverio Romano - scrisse il gip nella richiesta all'suo - sarebbe stato a disposizione di un sistema affaristico-politico-mafioso avente al centro le attività del Gruppo Gas di Massimo Ciancimino. Se il parere della Giunta fosse condiviso dalla Camera i pm che indagano sulla corruzione potrebbero utilizzare le intercettazioni. Dalle conversazioni, intercettate tra il 2003 e il 2004, emergerebbe l'esistenza di un "comitato d'affari" nel quale si sarebbero ritrovati "imprenditori spregiudicati, liberi professionisti a libro paga, amministratori corrotti, politici senza scrupoli votati a una raccolta del consenso senza regole". I politici gestivano il flusso della spesa pubblica e le autorizzazioni amministrative; gli imprenditori si occupavano della gestione dell'accesso al mercato; i mafiosi riciclavano capitali, partecipavano agli affari e mettevano a disposizione la forza materiale per rimuovere gli ostacoli che non è possibile rimuovere con metodi legali. Questo "sistema" era alimentato dalle tangenti che distribuiva il tributarista Gianni Lapis, socio e prestanome di Massimo Ciancimino. Con la disponibilità dei politici e la forza criminale e finanziaria di Cosa nostra la società era riuscita ad accaparrarsi lavori di metanizzazione in diversi comuni siciliani. E alla fine era stata venduta, grazie ai buoni uffici di Romano e degli altri, al gruppo spagnolo di "Gas natural". Solo per questo affare erano state distribuite tangenti per un milione e 330 mila euro: soldi trasferiti "sotto traccia" dalla Svizzera. A Romano sarebbero andati 50 mila euro.

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