giovedì, dicembre 22, 2011

Lo Statuto dei Lavoratori non si tocca!

di MARIA MANTELLO

La legge 300, meglio conosciuta come Statuto dei diritti dei Lavoratori, vedeva la luce il 20 maggio 1970. Varata nel clima politico-culturale delle lotte per l’emancipazione e la giustizia per tutti, faceva sì che finalmente quei diritti, pur garantiti dalla Costituzione Repubblicana, ma puntualmente disattesi nei posti di lavoro attraverso regolamenti interni e misure repressive, divenissero pratica democratica.
Finalmente si riconosceva che si è cittadini della Repubblica Italiana sempre, proprio perché lo Statuto sanciva che la dignità della persona e le sue libertà civili e democratiche non possono essere messe tra parentesi sui posti di lavoro. Libertà di pensiero, iscrizione a partiti, associazioni, sindacati, ecc. non potevano più essere motivo di discriminazione, persecuzione, fino alla perdita del posto di lavoro.
Il lavoratore è libero col lavoro e nel lavoro, proprio nella misura in cui è riconosciuto il principio che fatti estranei alla sua professionalità non possono più mettere in crisi la sua sicurezza economica col ricatto del licenziamento.
Con la legge 300 si conquistava una fetta di libertà quotidiana fondamentale, che dava al “pane quotidiano” il sapore forte dell’emancipazione individuale e sociale. Nella dignità sul lavoro e nel lavoro si realizzava una fondamentale conquista di civiltà e di democrazia. La stessa laicità dello Stato ne era più garantita, perché in fabbrica e negli uffici le diverse visioni del mondo potevano confrontarsi: non ci si doveva tappare la bocca per paura delle vendette del padrone.
E come ogni buona legge, essa introduceva un formidabile deterrente affinché dignità e libertà del lavoratore fossero rispettate, togliendo il lavoratore dal ricatto del licenziamento come misura di ritorsione padronale. Di qui l’art. 18, che prevede l’obbligo del reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa o giustificato motivo. In assenza di queste condizioni – previste dalla legislazione sul lavoro – nessuno può perdere il lavoro.
Lo Statuto dei Lavoratori non è allora un capriccio, un puntiglio dei Sindacati, ma un baluardo contro gli assalti di quelle aree imprenditoriali e forze politiche con loro conniventi, che vogliono cancellare diritti e tutele dei lavoratori faticosamente conquistati, nella speranza di riportare i lavoratori ad una situazione da medioevo, dove i padroni dell’industria e della finanza tornano a dominare con lo sfruttamento masse di precari. Allora il problema non è certo eliminare l’art.18, ma rafforzare le politiche d’incremento del lavoro nella certezza del diritto per tutti. In questo impegno vorremmo vedere all’opera il rigore governativo. E sarebbe senz’altro un fatto di equità.
Maria Mantello
(Micromega, 20 dicembre 2011)

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