martedì, dicembre 20, 2011

La metamorfosi del governatore-icona

Totò Cuffaro a Rebibbia
di ENRICO DEL MERCATO
Dimagrito e con il volto segnato dalle rughe. Salvatore Cuffaro, ex presidente della Regione Siciliana ed ex senatore dell'Udc, era tra i detenuti che ieri a Rebibbia hanno incontrato il Papa. Cuffaro, in carcere dall'inizio del 2011, sta scontando una condanna definitiva a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato alla mafia (Foto Reuters)

PALERMO - Era pingue, morbido, accogliente. La perfetta icona del potere siciliano fondato sulle inesauribili risorse della regione autonoma più spendacciona d'Italia. Adesso, dopo quasi un anno di galera, ha addosso venti chili di meno, le guance scavate, e al posto della paciosa espressione da "vasavasa" una grinta incattivita. Nelle foto che ritraggono Salvatore "Totò" Cuffaro detenuto tra i detenuti di Rebibbia in attesa dell'incontro col Papa, c'è la nemesi dell'uomo che è stato fino a un paio di anni fa, il più potente di Sicilia.
Allevato alla politica dalla grande mamma Dc, sotto l'ala protettiva del suo maestro Calogero Mannino, di lui l'Italia si accorse la sera del 26 settembre del '91 quando al Maurizio Costanzo show si produsse in una intemerata a difesa "della Democrazia cristiana e della migliore classe politica del Paese". Lo liquidarono con una scrollata di spalle, ma da lì a qualche anno "Puffaro" (come ironicamente lo aveva ribattezzato Costanzo) avrebbe scalato le gerarchie del potere. Fino ad andarsi a sedere nel 2001 primo governatore eletto direttamente dal popolo sulla poltrona di Palazzo d'Orleans, la tolda di comando della Regione siciliana. Da dove si amministra un bilancio di 24 miliardi di euro e si guidano i destini di circa centomila persone a vario titolo pagate dalla Regione stessa.
L'ideale per edificare un palazzo di potere fondato sul consenso clientelare. E, infatti, Cuffaro eccelle nella pratica: assume precari, finanzia parrocchie e associazioni cattoliche, ingrossa ulteriormente i già stracolmi organici dell'amministrazione regionale. Assurge a simbolo, per esempio, l'agendina di Cuffaro, con ventimila nomi, che lui tira fuori all'inizio di ogni campagna elettorale. Lì , c'è la mappa del suo elettorato più fedele e di ognuno di quei clienteselettori, Totò ricorda compleanni, data dell'anniversario di matrimonio e ricorrenze familiari. Per ognuno di loro c'è il rito, tutto siciliano, del doppio bacio sulle guance che vale al presidente il soprannome di "vasavasa".
Il ruzzolone per l'uomo più potente dell'Isola, però, è dietro l'angolo. Nel 2005 finisce sotto inchiesta con l'accusa di aver favorito la mafia rivelando a intermediari dei boss notizie coperte dal segreto istruttorio. Nonostante il rinvio a giudizio, nel 2006, si ricandida alla presidenza della Regione e viene rieletto dopo avere sconfitto alle urne Rita Borsellino. Viene eletto anche al Senato come capolista dell'Udc. Ma il suo secondo mandato a Palazzo d'Orleans dura poco: quando, nel gennaio del 2008 viene condannato in primo grado a cinque anni per favoreggiamento ala mafia, si dimette da governatore.
Rotola, l'uomo che mieteva voti e consensi in Sicilia, su un vassoio di cannoli che qualcuno, nella sede del governo regionale, tira fuori per "festeggiare" la sentenza di condanna che prevede una pena inferiore rispetto a quella chiesta dai pm. L'immagine del presidente della Regione Sicilia che festeggia con i cannoli in mano una condanna per mafia fa il giro del mondo. E sancisce l'inizio della fine politica di Totò "vasavasa". Il sipario sulla sua carriera cala il 22 gennaio scorso quando la Cassazione conferma la condanna a sette anni per favoreggiamento. Per Cuffaro si aprono le porte del carcere. "Vasavasa"non c'è più. Quello nelle foto è il suo fantasma.
La Repubblica, 20.12.2011

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