lunedì, luglio 26, 2010

Un giovane corleone: "Vi spiego perchè partecipo ai campi di lavoro antimafia..."

Andrea Accordino
Ed eccomi di nuovo qua. A scrivere a Maurizio una lettera su un campo appena concluso, con un altro che sta per cominciare. Scrivere a Maurizio per scrivere a me. Per rielaborare meglio quanto è successo nell'ultimo campo. Quindici giorni appena finiti, molto è stato guadagnato, qualcosa è andato perso, ma sono ancora qui. L'ho detto alla verifica e lo ripeto, questo campo mi ha ricaricato le batterie, e qui a Corleone è sempre utile. Molti si chiedono il perché di questa mia partecipazione ai campi, e io molto spesso non riesco nemmeno a spiegarlo. "Bisogna davvero essere pazzi" mi ha detto uno dei volontari. È vero, in qualche modo sono diventato una specie di erede di quella pazzia che ha portato i soci ad imbarcarsi in una così grande avventura. In questi giorni lontano da Corleone e dai campi ho capito cosa sta dietro la mia partecipazione: la voglia di fare. La voglia di far rivivere Corleone, di farla conoscere come la città dei campi di lavoro più che come la città dei mafiosi. La voglia di far evolvere le mentalità dei miei compaesani, che dietro ad una facciata rigida nascondono tanta curiosità. Io stesso sono cambiato molto grazie ad i campi di lavoro. Sono cresciuto, sono maturato, ho imparato ad essere come sono e ad accettarmi per quello che sono. Ormai è il terzo anno, la terza estate che dedico ai campi e ho imparato che sono gli stessi campi ad evolvere, in tre estati non ho mai trovato un campo simile ad un altro, questo perché le persone che si mettono in gioco sono sempre diverse e quindi cambiano tutte le dinamiche all'interno dei gruppi. E anche se alla fine di ogni campo piango durante la verifica finale, è bello avere scoperto un'altra piccola parte di sé insieme a ragazzi di cui, quindici giorni prima, ignoravi persino l'esistenza. E se i campi fossero simili tra loro non sarebbero più i campi di Liberarci dalle Spine, non sarebbe più lo stesso Lavoro e Non Solo, non sarebbe più lo stesso viverli.
Andrea Accordino

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