martedì, settembre 14, 2021

Cinquantamila famiglie siciliane senza una casa o a rischio sfratto


di Fabrizio Berté Claudia Brunetto Alessandro Puglia

L’emergenza abitativa a palermo, catania e Messina

In Sicilia ci sono 50mila famiglie in cerca di una casa. Da anni inserite nelle graduatorie per ottenere un alloggio di edilizia residenziale pubblica e nelle liste di emergenza per puntare su un bene confiscato o sul contributo per le spese dell’affitto. Fra queste sono almeno 15mila quelle sfrattate in era pre Covid o che rischiano di finire in strada a fine dicembre quando si sbloccheranno gli sfratti. Senza contare i senza dimora che secondo l’Istat sull’Isola raggiungono quota 4mila. A Palermo, fra tutte le graduatorie, si contano circa 10mila famiglie. A Messina 2500 vivono ancora nelle baracche e a Catania con 5200 domande per un alloggio si scommette sul quartiere Librino dove a gennaio sono stati consegnati 96 alloggi. Una goccia nell’oceano. 

Case popolari cercansi 

Il patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica è insufficiente — sono circa 60mila le case di proprietà della Regione gestite dagli Istituti autonomi di case popolari e di proprietà comunale — e anche i beni confiscati raramente rispondono alle esigenze delle famiglie perché hanno bisogno di interventi di ristrutturazione. Nel 2020 a Palermo ne sono stati assegnati soltanto cinque, quest’anno un paio. Il Comune adesso punta sull’autorecupero: chi si candida per ottenere un bene confiscato si fa carico anche dei lavori che poi l’amministrazione decurterà dal canone di affitto. Un dato su tutti: negli ultimi due anni in tutta la Sicilia sono stati assegnati soltanto 156 alloggi di edilizia residenziale pubblica. Al diritto alla casa è legato il diritto alla residenza. Chi vive in un alloggio improprio e non ha, appunto, la residenza, non può accedere al medico di famiglia, al pediatra, al reddito di cittadinanza, né votare. Il Covid ha fatto esplodere l’emergenza casa sull’Isola. Negli ultimi 12 mesi il 24 per cento delle famiglie ha accumulato ritardi nel pagamento degli affitti. « Ormai la questione della casa è un problema strutturale e non un’emergenza » , dice Giusi Milazzo, segretaria regionale del Sindacato unitario nazionale inquilini e assegnatari ( Sunia). Alla Sicilia, fra il 2020 e il 2021, sono stati assegnati circa 30 milioni di euro per il contribuito all’affitto. « Ma la Regione deve ancora stabilire i criteri di ripartizione delle somme. Come Sunia abbiamo avanzato diverse proposte. È necessario riqualificare gli alloggi abbandonati, continuare a calmierare gli affitti. Serve anche una nuova edilizia sociale e popolare. Le graduatorie dell’emergenza casa, se non si cambia direzione, possono solo continuare a crescere", dice Milazzo. 

La baraccopoli di Messina 

Delle 2500 famiglie che vivono ancora nelle baracche, sono 300 quelle che grazie all’Agenzia per il risanamento di Messina (ArisMe) e al progetto Capacity hanno trovato una sistemazione più dignitosa. Il governo nazionale ha stanziato per la città dello Stretto 250 milioni di euro per l’uscita di queste famiglie dalla situazione di degrado. Il 26 agosto sono cominciate le opere di bonifica e smantellamento di Fondo Saccà, una delle più degradate baraccopoli peloritane. 

Il primo colpo di ruspa è stato dato con il sindaco Cateno De Luca nelle vesti di "capo-cantiere". «Il primo step è stata l’adozione dell’ordinanza di perimetrazione delle aree baraccate. Il lavoro è stato fatto d’intesa con gli uffici dell’amministrazione comunale e con gli uffici dell’ArisMe» , dice Cosima Di Stani, prefetta di Messina e commissaria straordinaria per l’attuazione degli interventi di risanamento a Messina. 

A chiedere un incontro urgente alla prefetta è stato Antonio Currò, segretario nazionale dell’Unione Inquilini e componente della segreteria di Messina: « Le famiglie sbaraccate devono essere collocate in case di edilizia residenziale pubblica a canone sociale. Una battaglia che si gioca su più fronti. L’abbattimento delle baracche deve essere contestuale al passaggio da casa a casa, senza prevedere politiche dei due tempi. Deve essere chiarito il carattere di edilizia residenziale pubblica a canone sociale dei nuovi alloggi, e i relativi progetti devono essere partecipati e condivisi con le rappresentanze dei residenti e con i sindacati, in quanto non vogliamo nuovi ghetti o casermoni, tipo le Vele di Scampia,che riproducono emarginazione e degrado » , dice Currò. Ma dopo il 26 agosto non è accaduto nulla. 

«Purtroppo siamo fermi a quella data — dice Currò — Non servono operazioni di sbaraccamento fatte in pompa magna, ma serve capire che tipo di interventi verranno fatti, e soprattutto è necessario che tutto avvenga con la massima trasparenza. Fondo Saccà e Fondo Fucile sono indubbiamente tra le più degradate baraccopoli cittadine, ma non dobbiamo dimenticarci altre zone, come Camaro, l’Annunziata, Giostra, e via delle Mura». 

La scommessa di Librino 

Le situazioni di disagio abitativo nel capoluogo etneo sono concentrate principalmente nel quartiere a rischio di Librino e nel centro storico dove ad aver bisogno di un alloggio sono anche tante famiglie di origine straniera. 

A gennaio, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Salvo Pogliese, ha consegnato 96 alloggi nella Torre Leone, conosciuta come l’ex Palazzo di Cemento di Librino. Due mesi dopo il Comune di Catania ha stipulato un protocollo d’intesa con l’Istituto autonomo case popolari per recuperare, sempre a Librino, altri 144 alloggi per una spesa di circa 12 milioni di euro. 

E nello stesso quartiere sorgeranno altri due edifici di 32 alloggi ciascuno con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. " Un’azione che però solo in minima parte risponde ai bisogni di migliaia di famiglie", dice Agata Palazzolo, segretaria del Sunia Catania. Nell’ex Palazzo di Cemento le condizioni dei neo assegnatari sono critiche. 

«Abbiamo un solo ascensore funzionante per tutti e con l’inizio della scuola è un dramma» , dicono le famiglie. Alcune vivono con figli disabili in spazi ristretti: «Il disagio abitativo non si contrasta soltanto con la consegna delle case, ma anche mettendo a disposizione tutti quei servizi di cui un cittadino ha bisogno», dice Sara Fagone, portavoce della rete piattaforma per Librino. 

A Catania sono 5200 le domande per la richiesta di assegnazione di alloggi residenziali pubblici. E dal 2020 a oggi sono oltre mille le famiglie che si sono rivolte ai servizi sociali e all’agenzia Casa Habito del Comune per richiedere una sistemazione alloggiativa. 

Alcune delle richieste sono state prese in carico da associazioni presenti sul territorio, ma anche in questo caso le esperienze positive sono poche rispetto alla dimensione del disagio abitativo. 

« Alcune delle domande presentate ai servizi sociali del Comune risalgono a oltre 10 anni fa e la risposta data dalle istituzioni negli ultimi anni è stata minima rispetto alle quantità di domande presentate » , dice Palazzolo. 

La Repubblica, 14 sett 2021

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