sabato, gennaio 03, 2015

“Il tritolo per Di Matteo nei piani alti”, così parlò il boss Graziano


Il boss Vincenzo Graziano
La frase sibillina sarebbe stata sussurrata ai finanzieri della Valutaria che lo portavano in carcere. Ora gli inquirenti si interrogano sul significato di quelle parole che potrebbero essere riferite ai vertici di Cosa nostra o delle istituzioni. Ma il capomafia, nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Petrucci, ha smentito di aver pronunciato quella indicazione misteriosa a cercare altrove l’esplosivo per la strage a Palermo
di PATRIZIO MAGGIO
”L’esplosivo per Di Matteo dovete cercarlo nei piani alti”: così  a detto ai finanzieri della Valutaria che lo stavano accompagnando in carcere  il boss Vincenzo Graziano, capomandamento di Resuttana, fermato con l’accusa di essere l’organizzatore del piano di morte per il pm Nino Di Matteo, e in particolare l’uomo che avrebbe nascosto i 200 chili di tritolo nascosti a Palermo e ancora non ritrovati, nonostante le numerose perlustrazioni ordinate dalla procura di Palermo. Cosa voleva dire il boss ai finanzieri con quella frase sibillina? 
E’ quello che si domandano in questo giorni gli investigatori alle prese con la ricerca dell’esplosivo che secondo il pentito Vito Galatolo ”è ancora a Palermo, e rende sempre attuale il rischio di un attentato” al pm della trattativa Stato-mafia. Era una battuta quella di Graziano? Era un riferimento ai ”piani alti” della mafia o ai vertici delle istituzioni? I pm lo hanno chiesto direttamente al boss, tirato in ballo dalle dichiarazioni di Galatolo, nell’interrogatorio di garanzia effettuato davanti al gip Luigi Petrucci. Il costruttore ora smentisce di aver pronunciato quella frase. E le domande su quella frase enigmatica restano tutte aperte.
Galatolo racconta che nel dicembre  del 2012 il boss Graziano, insieme a Alessandro D’Ambrogio (capomafia di Porta Nuova) e Girolamo Biondino (fratello dell’autista di Totò Riina) fu protagonista di alcune riunioni nelle quali fu letta una lettera di Matteo Messina Denaro, con l’ordine di uccidere Di Matteo. Dal boss latitante di Castelvetrano infatti era arrivato l’input di organizzare l’attentato nei confronti del magistrato palermitano, che andava eliminato perché’ ”era andato troppo oltre”.
Galatolo ha poi riferito che i boss fecero una colletta per comprare il tritolo, raccogliendo circa 600 mila euro. E che proprio Graziano si sarebbe occupato di  procurare dalla Calabria il tritolo per poi conservarlo in previsione dell’attentato.
Già nelle scorse settimane, subito dopo l’inizio della collaborazione di Galatolo, le forze dell’ordine avevano fatto scattare numerose perquisizioni e scavi con i cani anti-bomba ed i metal detector nelle borgate palermitane e nelle campagne circostanti, a caccia dell’esplosivo: le ricerche  si erano concentrate, in particolare, nella zona di Monreale, dove ha una casa di campagna, con un terreno agricolo, proprio Graziano, arrestato il 23 giugno scorso, assieme a Galatolo, nel blitz Apocalisse, e tornato in libertà a luglio, dopo che il tribunale del riesame lo scarcerò per mancanza di gravi indizi di colpevolezza.
Al boss di Resuttana veniva contestato, sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Sergio Flamia, anche di avere affiliato altri uomini d’onore mentre si trovava  in carcere.
Galatolo, in realtà, non ha mai fornito certezze sull’ubicazione e sul nascondiglio del tritolo: la perquisizione nel terreno e nella villetta di Graziano era stata disposta dagli inquirenti in base al calibro mafioso del personaggio e al suo ruolo nei summit mafiosi del dicembre 2012 durante la preparazione della strage per Di Matteo.
Vincenzo Graziano, ritenuto specializzato nella gestione delle slot machines,  era già stato condannato per mafia, e aveva finito di scontare la pena nel 2012, poco prima di finire in manette nel blitz Apocalisse. Per gli inquirenti, il boss di Resuttana sarebbe stato regista del monopolio delle macchinette mangiasoldi e delle scommesse online, che avrebbe imposto nei bar di mezza città, proprio lavorando in società con Galatolo. Un business che è diventato negli ultimi anni una cospicua fonte di finanziamento per le famiglie mafiose.  Secondo gli inquirenti, Graziano avrebbe preso il posto di Galatolo nell’organigramma palermitano di Cosa nostra.
L’Ora quotidiano, 2 gennaio 2015

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