sabato, gennaio 31, 2015

Sergio Mattarella, 35 anni di politica all'insegna della riservatezza

Il neo presidente Sergio Mattarella
La sua vita cambia il 6 gennaio 1980 con la morte del fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia. In Parlamento per 25 anni, è stato più volte ministro e vicepresidente del Consiglio. Sono passate alla storia le sue dimissioni nel 1990 contro la legge Mammì
di GIOVANNI CEDRONE
(agf) SCHIVO, pacato, sembra che non abbia mai partecipato a un talk show in tv. La riservatezza del nuovo Capo dello Stato Sergio Mattarella è proverbiale ma, leggendo la sua biografia, difficilmente si può pensare che potrà essere un presidente sbiadito. Perché nei momenti che contano ha sempre avuto il coraggio di prendere decisioni anche scomode. Il premier Renzi lo ha definito "un uomo della politica con la P maiuscola e difensore della Costituzione". "La forza d'animo - disse Mattarella in una rarissima intervista radiofonica del 1991 - la determinazione ad agire non è necessariamente espressa dai decibel, dal volume della voce o dal modo in cui ci si esprime, non è gridando che si esprime maggiore forza di volontà". Questa frase, forse, rappresenta proprio il manifesto del suo modo di fare politica.

Il nuovo inquilino del Quirinale Sergio Mattarella è uno dei pochi politici della Prima repubblica che ha avuto un ruolo di rilievo anche nella Seconda. E sono in molti a paragonare la sua figura a quella dell'ex Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro non solo per la comune adesione alla Dc e al cattolicesimo politico. Profondamento legato alla sua Palermo (dove torna ogni week end) è il primo Capo dello Stato siciliano della storia repubblicana. Appassionato di calcio, è tifoso del Palermo, ma con un debole per l'Inter.

Nato a Palermo il 23 luglio 1941, vedovo (sua moglie è morta nel 2012), ha tre figli: Bernardo Giorgio (responsabile dell’Ufficio legislativo del ministero della Pubblica amministrazione guidato da Marianna Madia), Laura e Francesco. Un nipote, Bernardo, figlio del fratello maggiore Piersanti, è stato deputato all'Assemblea regionale siciliana. Mattarella era sposato con Marisa Chiazzese, sorella di Irma, cognata di Piersanti. Dalla morte della moglie, avvenuta nel 2012, vive nella foresteria della Corte costituzionale, a due passi dal Quirinale. Forse un segno premonitore. Per il trasloco dovrà fare solo pochi metri. In famiglia ha sempre respirato pane e politica: il padre Bernardo è stato membro dell'Assemblea costituente e più volte ministro per la Dc prima nei governi successivi alla Liberazione e poi a cavallo tra gli anni '50 e '60. Bernardo Mattarella, antifascista ma anche convinto anticomunista, è passato alla storia tra l'altro per un intenso scambio epistolare con il padre del cattolicesimo politico in Italia, don Luigi Sturzo, in esilio negli Stati Uniti durante il ventennio fascista. A casa Mattarella sono passati tutti i più grandi esponenti democristiani dell'epoca e anche un monsignore che avrebbe fatto strada, Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI. Inevitabile per lui l'approdo alla politica.

La morte del fratello Piersanti e l'ingresso in politica. La carriera di Mattarella in realtà sarebbe dovuta rimanere a debita distanza dalla politica. A Roma, dove si era trasferito con la famiglia, diventa nel 1961 responsabile per il Lazio della Gioventù Studentesca di Azione Cattolica, incarico ricoperto fino al 1964. Il suo impegno è proseguito all'Università, dove ha fatto parte della Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Ma la sua vocazione era l'insegnamento: laureato in Giurisprudenza, è diventato professore di Diritto parlamentare all'Università di Palermo. Tutto cambia il 6 gennaio 1980: il fratello Piersanti, presidente della regione Sicilia, viene ucciso mentre va a messa con la famiglia. L'assassinio, ad opera della mafia, avviene proprio mentre Piersanti Mattarella, allievo di Aldo Moro, si appresta ad allargare la sua giunta al Partito Comunista. Piersanti è morto tra le braccia del fratello minore Sergio, accorso subito sul luogo dell'attentato. Ed è proprio quella tragedia a spingere Sergio Mattarella verso l'impegno in politica nelle file della Democrazia cristiana.

L'elezione alla Camera e l'incarico al vertice della Dc di Palermo. Sulle orme del fratello, l'impegno in politica di Sergio Mattarella comincia nella corrente morotea della Balena bianca, molto vicino a Benigno Zaccagnini. Non a caso Giampaolo Pansa lo definì "l'ultimo dei morotei". Il 26 giugno 1983 viene eletto alla Camera nella circoscrizione Sicilia occidentale. Dopo l'arresto del sindaco di Palermo Vito Ciancimino il 19 ottobre 1984 viene spedito nel capoluogo palermitano per mettere ordine nel partito. Sostituisce come coordinatore Dc l'andreottiano Carlo Felici. Il suo primo atto è quello di sospendere il tesseramento. "Ci sono momenti in cui dire di no è difficile. Se il segretario ha fiducia in me e insiste dovrò mettere da parte le mie perplessità", disse. Ma il suo vero capolavoro è stato il sostegno a Leoluca Orlando alla guida di Palermo: Orlando, già consigliere giuridico di Piersanti Mattarella, diventa protagonista della "primavera palermitana". In città fioriscono le iniziative contro il fenomeno mafioso. Orlando, sindaco dal 1985 al 1990, apre la giunta anche a movimenti e partiti di sinistra fino all'ingresso in giunta del Pci nel 1989.

I primi incarichi governativi fino alle dimissioni da ministro nel 1990. Il 14 giugno 1987 viene rieletto alla Camera sempre nella sua Sicilia. Comincia un periodo che lo vedrà più volte ministro, prima con il governo Goria, poi con De Mita a Palazzo Chigi. In questi anni ricopre l'incarico di ministro per i Rapporti con il Parlamento. Nel 1989, con il governo Andreotti VI, diventa il titolare della Pubblica Istruzione. E aumenta anche il suo peso nel partito, fino ad arrivare nel 1990 alla carica di vicesegretario della Democrazia Cristiana. Fervente cattolico, sale agli onori della cronaca per le critiche alla popstar Madonna che nel luglio 1990 stava per sbarcare in Italia con il suo "Ambition Tour", definito da Mattarella, in linea con quanto sostenuto dalla Cei, "un'offesa al buon gusto". Il 26 luglio 1990 la sua permanenza al governo si interrompe bruscamente: insieme ad altri quattro ministri della sinistra Dc (Fracanzani, Misasi, Mannino e Martinazzoli) si dimette per protestare contro la scelta di porre la fiducia sulla legge Mammì che, contro le direttive comunitarie, legalizzava il monopolio nel settore privato delle reti Mediaset di Silvio Berlusconi. Negli anni successivi più volte è tornato a sottolineare la necessità di cambiare quella legge, anche in virtù della discesa in campo dell'allora Cavaliere.

Da Tangentopoli all'impegno nel Partito Popolare. I primi anni '90 vedono Mattarella ancora impegnato nel partito. Nel 1992 diventa direttore del quotidiano della Dc Il Popolo. Il 17 febbraio di quell'anno viene arrestato Mario Chiesa: era l'inizio di Mani Pulite. Mattarella non poteva immaginare che di lì a poco il quadro politico sarebbe cambiato radicalmente. Tangentopoli sfiora anche lui: viene coinvolto nel filone siciliano dell'inchiesta. L'imprenditore Salamone lo accusa di avergli consegnato una tangente di 50 milioni di lire. Ne esce però totalmente pulito, assolto "perchè il fatto non sussiste". In quegli anni è uno dei promotori del rinnovamento della Dc. All'Assemblea Costituente democristiana il 26 luglio 1993 tiene una relazione sul rinnovamento e sulla questione morale. La risposta è una nota durissima di Pier Ferdinando Casini e Clemente Mastella: "E' inaccettabile il tono manicheo, inquisitorio e arrogante di Mattarella". Parole alle quali replica con distacco: "E' una cosa così bassa che non merita risposta".

Rieletto alla Camera nell'aprile 1992, in quella legislatura diventa protagonista della riforma della legge elettorale che sarà approvata il 4 agosto 1993. Il costituzionalista Giovanni Sartori la ribatezza subito 'Mattarellum', dato che l'ex ministro ne fu relatore. La legge, rimasta in vigore fino al 2005, prevedeva che il 75% dei seggi fosse assegnato con il metodo maggioritario in collegi uninominali, mentre il restante 25% sarebbe stato suddiviso in maniera proporzionale. All'epoca molto criticata, la legge è stata rivalutata nel corso degli anni, soprattutto se paragonata al 'Porcellum', la legge approvata nel 2005.

L'impegno di Mattarella continua nel Partito Popolare, fondato da Mino Martinazzoli sulle ceneri della Dc. Rieletto alla Camera nel 1994, si trova a combattere una partita interna al suo partito contro le posizioni dell'allora segretario Rocco Buttiglione, orientato ad allearsi con il centrodestra di Berlusconi. Il 2 agosto 1994 si dimette dalla guida de Il Popolo, l'anno dopo, insieme a Rosy Bindi, guida la rivolta contro Buttiglione definito ironicamente "El general golpista Roquito Buttiglione". L'11 marzo 1995 Buttiglione sarà sfiduciato e sostituito da Gerardo Bianco. Nel 1996 Mattarella sarà uno dei sostenitori della candidatura a premier di Romano Prodi, che vincerà le elezioni politiche nello stesso anno.

Da capogruppo alla Camera a vicepresidente del Consiglio. E' forse in questo periodo che la carriera politica di Mattarella raggiunge l'apice. Dal 1996 al 1998 ricopre l'incarico di capogruppo alla Camera del Partito Popolare. Caduto Prodi, il 21 ottobre 1998 viene chiamato da D'Alema a ricoprire l'incarico di vicepresidente del Consiglio con delega ai Servizi di sicurezza. In questi anni non risparmierà critiche e punzecchiature a Silvio Berlusconi: nel giugno 1998 si oppone all'ingresso di Forza Italia nel Partito Popolare europeo. "Berlusconi - disse - pensi alla storia: quando gli Unni e i Vandali invasero l'impero romano, che non era casa loro, provarono a fare i romani, ma essendo barbari, non ci riuscirono". Nel dicembre 1999, una nuova stoccata: “L'ingresso di Forza Italia nel Partito popolare europeo mi sembra un incubo irrazionale”. Nell'agosto 1999 polemizza ancora con l'ex Cav che, in occasione del 45esimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi, aveva rivendicato l'eredità dello statista democristiano: "De Gasperi - disse - appartiene a tutti coloro che hanno a cuore la democrazia. Questo non vuol dire che chiunque possa chiamarsi suo seguace o erede".

Al governo Mattarella si distingue per importanti leggi e prese di posizioni. Il 24 marzo 1999 iniziano i bombardamenti Nato in Serbia e Mattarella appoggia senza esitazioni l'intervento dell'Alleanza atlantica: "Occorre fermare i massacri di una assurda pulizia etnica - dice in una informativa alla Camera - e la comunità internazionale non può restare inerte di fronte a palesi e gravissime violazioni dei diritti umani in quella regione''. Ministro della Difesa dal 22 dicembre 1999 prima nel D'Alema II e poi nell'Amato II, passa alla storia nel novembre 2000 per la legge che abolisce il servizio militare obbligatorio e per il decreto legislativo che  trasforma l'Arma dei carabinieri in arma autonoma nell'ambito del Ministero della Difesa (mentre prima era inquadrato nell'Esercito).

Le ultime esperienze alla Camera e la nomina a giudice costituzionale. Il 13 maggio 2001 Mattarella viene eletto ancora alla Camera, questa volta però non nella sua Sicilia ma in Trentino Alto Adige. Nel 2005 critica la nuova legge elettorale approvata dal centrodestra: "Peggio di un pasticcio, il risultato sarebbe un sistema schizofrenico". Purtroppo aveva ragione da vendere. Nel 2005 i Ds tentano di convincerlo, senza successo, a candidarsi Governatore della Sicilia. Emanuele Macaluso spende per lui parole lusinghiere: "Mattarella potrebbe incarnare al tempo stesso un'immagine di svolta e la capacità di interpretarla". Nel 2006 viene rieletto alla Camera (questa volta in Sicilia). Nel 2007 è tra gli estensori del manifesto fondativo del Partito democratico, al quale aderirà. Ma, caduto il secondo governo Prodi nel 2008, non si ricandida ponendo fine alla sua venticinquennale esperienza da parlamentare.

Fuori dalla politica attiva, la sua attività continua in ambito giuridico: il 22 aprile 2009 viene eletto dal Parlamento in seduta comune componente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (il Csm dei giudici amministrativi) del quale è diventato poi presidente. Il 6 aprile 2011 il Parlamento lo elegge giudice della Corte costituzionale con 572 voti, uno in più del quorum necessario. Da giudice si è preso anche la soddisfazione di dichiarare incostituzionale il "Porcellum" che aveva sostituito la "sua" legge elettorale. Il 24 ottobre 2011 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo nomina Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica. Mattarella è stato anche chiamato a testimoniare dagli avvocati di Nicola Mancino nel processo Stato-mafia: se l'ipotesi dovesse concretizzarsi si tratterebbe di un bis dopo Napolitano.

Negli ultimi anni le sue dichiarazioni si sono rarefatte. La più recente, nel febbraio 2008, è solo occasionale. A differenza di molti suoi ex colleghi che siedono in Parlamento, twittatori seriali, Mattarella è ignoto a Facebook, Twitter e Instagram, non compare su Youtube. Ma l'ascesa al Colle potrebbe trasformare il suo rapporto con i mezzi di comunicazione e chissà, forse, anche con i social.
La Repubblica, 31.1.2015

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