domenica, dicembre 12, 2010

E’ morto Simone, fratello di Binnu Provenzano

Bernardo Provenzano
Funerali si sono svolti oggi pomeriggio, nella chiesa di Santa Rosalia di Corleone, per Simone Provenzano, fratello 74enne di Bernardo, il padrino di Cosa nostra catturato l’11 aprile del 2006. Il congiunto dell’ex superlatitante – estraneo alle vicende di mafia: a suo carico solo una diffida della polizia datata anni ‘50 – è morto ieri mattina nella propria abitazione di via Colletti. Ha vissuto e lavorato a lungo in Germania. A Corleone è tornato nel 2002. Un anno prima della cattura del capomafia, un campione di sangue prelevato a Simone Provenzano consentì di risalire al Dna del famigerato fratello.
A stroncare Simone Provenzano è stata una malattia cardiaca di cui soffriva da tempo. Non aveva precedenti penali, ma era stato processato, assieme ai fratelli Bernardo (già all’epoca latitante), Giovanni e Salvatore, a Bari, e assolto per insufficienza di prove, come tanti altri mafiosi, il 10 giugno del 1969. Il fratello del boss era sospettato di avere fornito un alibi falso al più famoso fratello e di avere contribuito a fornire le armi per un attentato contro Francesco Paolo Streva, successore del medico Michele Navarra nello schieramento contrapposto a quello di “Binu”, di Luciano Liggio e Totò Riina. Trasferitosi in Germania nella prima metà degli anni ‘70, Simone abitò in un paese del Land tedesco del Nordreno-Westfalia per 31 anni.
A Natale del 2000, a casa sua, fu realizzato un blitz della polizia italiana e tedesca, perché gli investigatori ritenevano che, assieme ai congiunti di Bernardo, la compagna Benedetta Palazzolo e i figli Angelo e Francesco Paolo, a trovare lo “zio Simone” fosse andato lo stesso superlatitante. I sospetti erano acuiti dal fatto che i figli del boss si esprimevano correttamente in tedesco: il dubbio che la famiglia avesse trascorso un periodo della latitanza in Germania, prima di rientrare a Corleone, nella primavera del 1992, a ridosso delle stragi di Capaci e via D’Amelio, aveva dunque un fondamento. Simone Provenzano era stato più volte ricoverato in ospedale e questo aveva consentito, cinque anni fa, di effettuare la comparazione del suo Dna con quello del fratello, operato sotto falso nome a Marsiglia, nel 2003: era stato cosi’ confermato ciò che avevano raccontato i pentiti, e cioè che effettivamente Provenzano era riuscito a beffare tutti i suoi “cacciatori”. Di lì a poco, l’11 aprile 2006, il capo di Cosa nostra venne catturato: nel suo covo di Montagna dei Cavalli la polizia trovò dei pizzini da cui emergevano fortissime frizioni con Simone, per questioni di interesse e di soldi, e anche per motivi strettamente personali, di rivalità tra i due fratelli.
LiveSicilia, 11.12.2010

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