sabato, marzo 26, 2022

Al Convitto Falcone un incontro per conoscere meglio padre Pino Puglisi, il sacerdote col sorriso sulle labbra assassinato dalla mafia a Brancaccio nel 1993

La foto di gruppo con l’arcivescovo di Monreale
mons. Michele Pennisi


DINO PATERNOSTRO

Per approfondire la figura del beato Pino Puglisi, lo scorso 24 marzo il Convitto nazionale “Giovanni Falcone” ha organizzato un incontro con mons. Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, don Calogero Cerami, rettore  del seminario di Cefalù, il prof. Roberto Lopes, docente del Liceo Vittorio Emanuele II e il dott. Dino Paternostro, direttore del giornale online “Città Nuove” e responsabile del dipartimento legalità Cgil Palermo.

Su proposta dell’insegnante di religione, prof.ssa Gabriella Cascio, e col supporto della prof.ssa Claudia Capaci ed Enrica Monreale, la scuola palermitana ha deciso di partecipare alla Prima edizione del “Premio Padre Pino Puglisi Giovani. Festival delle giovani idee”, nell’ambito del Premio internazionale “Padre Pino Puglisi”. Patrocinato dal Provveditorato agli studi di Palermo, dalla Città di Palermo, dalla Regione e dall’Accademia di Sicilia, il Premio sarà assegnato a giovani che si distingueranno per creatività artistica, competenze culturali e impegno didattico.

Accolti dalla rettrice Cettina Giannino, dagli insegnanti interessati e dagli studenti, gli ospiti hanno intrattenuto i ragazzi per l’intera mattinata. 


“La nostra scuola – ha detto la rettrice, introducendo i lavori – è intitolata a Giovanni Falcone ed ha, quindi, nella sua mission educativa la difesa dei valori della legalità e l’approfondimento conoscitivo di coloro che si sono sacrificati per contrastare il fenomeno mafioso. La figura di Padre Pino Puglisi ha sempre parlato ai giovani e continua a farlo; è compito della scuola trasmettere il suo messaggio alle generazioni che non l’hanno conosciuto”. 

L’arcivescovo di Monreale, che conosceva molto bene padre Puglisi, ha portato la sua testimonianza agli studenti.

“L’ho incontrato – ha detto – quando don Pino Puglisi ero rettore del seminario vescovile di Caltagirone e ho avuto modo di approfondire la sua amicizia nel 1984. Quando è stato ucciso sono rimasto sconvolto, non credevo ai miei occhi perché lo conoscevo come un sacerdote coraggioso, ma anche mite, col sorriso sulle labbra. Quel giorno il telegiornale diceva che erano seguite varie piste, fra cui quella secondo cui sarebbe stato ucciso da un balordo per una rapina, perché, come risulta dagli atti del processo, la mafia non voleva fare trapelare di averlo assassinato”.“Oggi - ha concluso - a tanti anni dalla sua morte e dalla sua beatificazione come primo martire della criminalità organizzata, le parole del “sacerdote col sorriso sulle labbra” sono ancora vive e attuali”. Ricordo che nel 1993, anno del suo omicidio, c’era stato l’anatema contro la mafia di Giovanni Paolo II, ad Agrigento, alcune chiese furono prese di mira, ma la Chiesa non scese a patti. Padre Puglisi fu ucciso in odio alla fede perché col suo ministero di catechesi ed educazione costruiva un sistema alternativo alla mafia. La sua testimonianza è stata profetica perché indica alla Chiesa e ad ogni cristiano la via evangelica di testimoniare Cristo e seguire Cristo, che comporta anche il rifiuto del male e della mafia come una forma pratica di ateismo”.


Don Calogero Cerami ha raccontato di un padre Puglisi uomo semplice ma profondo, con una grande capacità di ascolto. “Non era una sacerdote antimafia - ha spiegato - ma un sacerdote aveva Gesù Cristo e il Vangelo come guida”. 

Dino Paternostro ha parlato delle condizioni economiche, sociali e dell’ordine pubblico di Godrano e dell’area attorno a Rocca Busambra fino agli anni ‘70, quando padre Puglisi fu nominato il parroco “più altolocato” della Sicilia, come si definiva egli stesso, riferendosi ironicamente agli oltre 700 metri s.l.m. in cui si trova il paesino. “C’era una faida - ha detto Paternostto - che durava dagli anni ‘20 tra la cosca mafiosa dei Lorello e quella dei Barbaccia, con circa 60 morti tra le due “famiglie” in guerra”.  Era una guerra per il controllo dei pascoli del bosco di Ficuzza e e dei traffici legati all’abigeato di bestiame. “Don Puglisi, con la sua dolce determinazione e l’aiuto di volontari, riuscì a pacificate quella comunità”, ha spiegato. 

L’intervento conclusivo l’ha fatto il prof. Lopes, negli anni ‘70 un ragazzo che suonava nelle messe beat di Godrano, su richiesta di don Puglisi. “Era una persona straordinaria, che sapeva coinvolgere giovani, anziani e casalinghe - ha detto il professore - e ancora ricordo le canzoni che cantavamo accompagnati dalla mia chitarra”. 

E ha dato ai ragazzi un saggio delle canzoni che cantava allora, tra cui l’ancora attuale “Blowin' in the wind” di Bob Dylan. 

“How many roads must a man walk down / Before you call him a man? / Yes, 'n' how many seas must a white dove sail / Before she sleeps in the sand? /  Yes, 'n' how many times must the cannon balls fly / Before they're forever banned? / The answer, my friend, is blowin' in the wind, / The answer is blowin' in the wind”. 

(Quante strade deve percorrere un uomo / prima di essere chiamato uomo? / E quanti mari deve superare una colomba bianca / prima che si addormenti sulla spiaggia? / E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone / prima che vengano bandite per sempre? / la risposta, amico mio, se ne va nel vento, / la risposta se ne va nel vento...”. 

Infine la parte finale, di estrema attualità:

“Quanti cannoni dovranno sparar

e quando la pace verrà? / Quanti bimbi innocenti dovranno morir / e senza sapere il perché? / Quanto giovane sangue versato sarà finché un’alba nuova verrà? /

Risposta non c’è, o forse chi lo sa, / caduta nel vento sarà”.



Hanno concluso la mattinata le testimonianze dei volontari del Centro “Padre Nostro” di Brancaccio, che hanno raccontato le loro esperienze nel quartiere “Brancaccio”, dove ha operato don Puglisi. 

Qualche giorno prima del convegno, il 17 marzo, i volontari del Centro avevano accolto a Brancaccio gli studenti del Convitto e le loro insegnanti per una visita guidata nel quartiere dove aveva operato padre Puglisi. 

Dino Paternostro 


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