mercoledì, ottobre 31, 2018

L’antimafia tra cosa nostra e cosa mia

Salvatore Campo
Gery Palazzotto
Se è vero che l’ironia è una facoltà a numero chiuso, ci sono occasioni in cui è impossibile non scorgere un disegno cosmico, quindi universale, dietro ai suggerimenti della cronaca.
Prendete il caso di Salvatore Campo, presidente dell’associazione antiracket di Aci Castello, arrestato perché imponeva il pizzo ai suoi associati, emblematico caso di notizia che a seconda dei punti di vista può preoccupare o far scassare dalle risate. Da un lato il dramma degli estorti che passano da un esattore del racket a uno dell’antiracket, come dire da mi manda “cosa nostra” a mi manda “cosa mia”; dall’altro il finale grottesco di una sceneggiata antimafia che da troppi anni confonde carriere con business, galantuomini con lestofanti.
Un’antimafia che disorienta persino i duri del M5S che oggi esultano sui social per l’arresto di Campo dimenticando che (come rivela L’urlo.news) ieri lo invitavano alla presentazione di un disegno di legge sull’insegnamento dell’antimafia nelle scuole e candidavano suo figlio alle amministrative. Il vento del tempo spettina le idee.
La Repubblica Palermo, 31 ottobre 2018

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