mercoledì, ottobre 17, 2018

La storia cancellata. Ovvero: l’ignoranza del cosiddetto presidente del consiglio, la smemoratezza della scuola, le vittime di mafia dimenticate...

Un momento del dibattito al NO MAFIA MEMORIAL
Da sx: Francesco Foti, Giovanni Abbagnato, Enzo Campo,
Umberto Santino, Dino Paternostro

UMBERTO SANTINO
Se un presidente del Consiglio, anche se capitato per caso a Palazzo Chigi, confonde l’8 settembre del 1943 con il 25 aprile del 1945, sarà un caso di imperdonabile ignoranza personale, ma probabilmente è qualcosa di più. Giuseppe Conte è un professore ordinario di diritto, il massimo della carriera accademica, ma evidentemente per la parcellizzazione delle discipline, strada obbligata per la moltiplicazione delle cattedre, non è tenuto a sapere un po’ di storia. Anche perché nelle scuole italiane si parla molto degli assiro-babilonesi e degli antichi egiziani, ma poco di storia contemporanea, del Novecento, di fascismo, di Resistenza e di tutto quello che ne è seguito. Ora si è deciso di abolire il tema di storia dalle prove della maturità e l’insegnamento di storia sarà ulteriormente ridimensionato, se non cancellato. È l’ulteriore  prova della strategia di espunzione del passato, soprattutto quando è scomodo e contraddittorio.

La memoria non è automatica, ci vuole qualcuno, che la tenga viva. Per esempio, nel caso delle vittime di mafia o di terrorismo, possono essere i familiari, può essere un’associazione, un comitato, un sindacato, un partito. E a volte neppure questo basta. Il caso di Giovanni Orcel è esemplare. A suo tempo gli è stata dedicata la Camera del lavoro di Palermo ma il suo nome non figura nel volume sulla Sicilia della Storia delle regioni d’Italia dell’Einaudi e nelle storie di mafia più gettonate, tolta qualche eccezione. Solo di recente si è cercato di ricostruirne l’attività e di interrogarsi sul perché la sua memoria è stata cancellata. Orcel è stato un protagonista della vita sindacale e politica a Palermo nel primo ventennio del Novecento.  Segretario della Fiom, il sindacato degli operai metallurgici, ha unito attività sindacale e impegno politico, ha fondato e diretto giornali, ha avuto contatti a livello non solo nazionale, ha gestito, nel “biennio rosso” (1919-1920), le lotte operaie in città, fino all’occupazione del Cantiere navale nel settembre del 1920. Tutto questo avveniva in un periodo in cui le condizioni di vita e di lavoro degli operai erano pesantissime, con salari di fame e orari massacranti e il mondo socialista era lacerato da profonde divisioni: riformisti, votati al compromesso, subalterni al padronato, da un lato; “intransigenti”, massimalisti, rivoluzionari, protocomunisti, dall’altro.
Orcel aveva capito che bisognava unire città e campagne, lotte urbane e contadine, la strategia che avrebbe prospettato Gramsci.  Su questa strada è stato decisivo l’incontro con Nicolò Alongi, dirigente tra i più prestigiosi delle lotte contadine. Stiamo parlando di “dirigenti”, ma Alongi non aveva finito le scuole elementari nella sua Prizzi e Orcel, dopo le scuole elementari, non aveva potuto continuare gli studi e aveva cominciato a lavorare in tipografia. Un contadino e un operaio senza studi che diventano organizzatori di grandi lotte operaie e popolari e sono capaci di analizzare la società in cui vivono, di progettarne il mutamento. Non avendo potuto frequentare le scuole del Regno, sono andati alla scuola del sindacato, del partito, dell’impegno sociale e politico (oggi basta smanettare sui social). Quel progetto unitario, di cui Alongi e Orcel sono i maggiori protagonisti, viene visto come un grosso pericolo dal padronato e dalla mafia. Alongi viene assassinato il 29 febbraio del 1920, Orcel il 14 ottobre dello stesso anno. I due delitti, come tanti altri che hanno colpito protagonisti  del movimento antimafia, sono rimasti impuniti, nonostante che i compagni di militanza abbiano fatto nomi e cognomi di coloro che ritenevano responsabili. E per Orcel , di fronte a una giustizia inerte e collusa, si è pensato di ricorrere a una forma di giustizia privata: il presunto mandante, il capomafia Sisì (Silvestre) Gristina viene assassinato qualche tempo dopo. È questa la ragione del silenzio su di lui? Penso che ci sia una ragione più di fondo: la Sicilia e il Mezzogiorno di quegli anni sono visti come una “grande campagna”, ignorando la storia delle lotte urbane, minoritarie ma non minori. In ogni caso l’avvio di una strategia unitaria che collegava lotte operaie e contadine avrebbe dovuto suscitare una maggiore attenzione. Alongi e Orcel muoiono quando è in atto l’offensiva padronale e mafiosa a cui presto si sarebbero aggiunte le squadre fasciste. Ci si è sempre chiesto quanto le divisioni interne alla sinistra e tra i partiti democratici abbiano pesato nel favorire l’affermazione del fascismo. Anche oggi ci si chiede se si riuscirà a costruire uno schieramento unitario in grado di battere le destre, che mirano a cambiare il volto, già abbastanza sfigurato, del vecchio continente.

Il 14 ottobre 2018, nel 98° anniversario dell’assassinio di Giovanni Orcel,  la Camera del lavoro di Palermo, il Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” e il No mafia Memorial hanno organizzato un incontro sul tema: Contadini e operai in lotta contro la mafia. Il ruolo di Nicolò Alongi e Giovanni Orcel, con un’introduzione di Umberto Santino, presidente del Centro Impastato, interventi di Giovanni Abbagnato, autore del libro Giovanni Orcel. Vita e morte per mafia di un sindacalista siciliano (1887-1920), Enzo Campo, segretario della Camera del lavoro, Francesco Foti, segretario della Fiom di Palermo e Dino Paternostro, responsabile del Dipartimento Legalità e memoria storica della Cgil di Palermo.

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