martedì, gennaio 17, 2012

"Uccisero il piccolo Giuseppe Di Matteo". Cinque ergastoli per i boss di Cosa nostra

Il piccolo Giuseppe Di Matteo
I giudici della corte d'assise di Palermo ha ritenuto attendibile il racconto del pentito Gaspare Spatuzza condannando al massimo della pena il superlatitante Matteo Messina Denaro e altri quattri boss palermitani. Dodici anni per l'ex sicario del clan Graviano
Gaspare Spatuzza e altri due mafiosi si finsero agenti della Dia per sequestrare in un maneggio il piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Mario Santo. "Tranquillo, ti stiamo portando da tuo papà", gli dissero. E il bambino rispose: "Papà mio, amore mio". Fu l’inizio di un incubo, durato 779 giorni e concluso nel peggiore dei modi. Adesso, dopo le dichiarazioni di Spatuzza, che dal 2008 ha deciso di collaborare con la giustizia, la corte d’assise di Palermo ha emesso una nuova sentenza per il sequestro e l’omicidio di Giuseppe Di Matteo. 
Il collegio presieduto da Alfredo Montalto ha condannato Spatuzza a 12 anni. L’ergastolo è stato invece inflitto a cinque mafiosi, così come chiedeva il pm Fernando Asaro: Matteo Messina Denaro, che resta latitante, Giuseppe Graviano, Salvatore Benigno, Francesco Giuliano e Luigi Giacalone. Gli ultimi due erano con Spatuzza il giorno del rapimento, gli altri hanno approntato i covi dove fu nascosto il bambino, fra Palermo e Trapani.
L'ultima sentenza arriva a ridosso del sedicesimo anniversario del delitto. Un delitto terribile, che segna uno dei momenti più infami della storia di Cosa nostra. Il quarto processo celebrato per la morte del figlio del pentito Santino ha portato alla condanna all'ergastolo di cinque capimafia: fino ad oggi erano rimasti fuori dall'indagine, che nel tempo ha portato a decine di condanne (33 già definitive, 9 in attesa del suggello della Cassazione), adesso a inchiodarli è il pentito Gaspare Spatuzza.
"All'inizio urlava - così prosegue il racconto di Spatuzza in aula - Poi l'abbiamo legato come un animale e l'abbiamo lasciato nel cassone. Lui piangeva, siamo tornati indietro perchè ci è uscita fuori quel poco di umanità che ancora avevamo. Il bambino ci chiamò, dicendo che doveva andare in bagno, ma non era vero. Aveva solo paura. Allora tornammo indietro per rassicurarlo e gli dicemmo che ci saremmo rivisti l'indomani, invece non lo rivedemmo mai più". Indebolito dalla lunghissima prigionia Giuseppe morì subito: gli strinsero una corda attorno al collo, poi ne sciolsero il corpo nell'acido. "Mi hanno portato via il cuore", ha detto una volta la madre del bimbo, Franca Castellese, che a perdonare i carnefici pentiti, come Spatuzza, non ha mai pensato. A lei e al secondo figlio oggi la corte ha riconosciuto una provvisionale immediatamente esecutiva di 130mila euro a titolo di risarcimento del danno.

La Repubblica, 16.01.2012

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