lunedì, gennaio 02, 2012

LA VICENDA DEI FLORIO. Portavoce di un Sud emarginato e tradito dal potere delle banche

La statua di Ignazio Florio
di Erika Abramo

Ignazio porta la famiglia all'apice della ricchezza e del prestigio. L'impegno da imprenditore coincide con l'interesse della Sicilia. La vicenda dinastica dei Florio si colloca in un arco temporale di poco più di cento anni, ha il suo esordio agli inizi dell'800 e si conclude nel 1924. Il capostipite Paolo, originario di Bagnara Calabra con esperienze di traffici mercantili e speculazioni finanziarie, si stabilisce a Palermo intorno al 1797 dove gestisce una bottega di spezie con generi medicamentosi come l'arnica, il rabarbaro, la corteccia di china, richiesti dalla medicina del tempo. L'insegna dell'attività commerciale in legno scolpito raffigura un maestoso leone che diverrà simbolo della famiglia. Il salto da mercanti a imprenditori avviene con il figlio Vincenzo Florio (1799-1868) inseritosi nei settori tessile, siderurgico (fonderia Oretea), chimico, vinicolo, solfifero, conserviero (tonnare). Nel campo delle assicurazioni stabilisce un accordo societario con Ben Ingham e intraprende l'attività armatoriale con due piroscafi postali a vapore. Sfidando i già affermati Woodhouse e Ingham, la produzione di vini liquorosi con la denominazione "Marsala Florio & C." conquista mercati nazionali ed esteri. 

Al senatore Vincenzo succede il figlio Ignazio (1838-1891) che al potere del denaro aggiunge il prestigio sociale sposando nel 1863 la baronessa Giovanna D'Ondes Trigona. Le dinamiche attività imprenditoriali e finanziarie accrescono la fortuna economica. Acquista le isole di Favignana, Marettimo, Levanzo con le tonnare prima in affitto e adotta, per primo, la conservazione sott'olio e non più con il sale. Nel 1881 con l'armatore genovese Rubattino vara una flotta di cento navi per trasporto postale. La società prende il nome di «Navigazione Generale Italiana». Nel 1882 viene avviata a Palermo una industria ceramica che si distinguerà per suppellettili e piastrelle smaltate di ricercata fattura creati su disegni di Ernesto Basile.
Gli ultimi discendenti del Senatore e commendatore Ignazio Florio sono Ignazio junior (1869-1957), Giulia (1870-1947), Vincenzo (1883-1953).
Con la stupefacente dote di 4 milione di lire, Giulia sposa Pietro Lanza Branciforti principe di Trabia e di Butera, matrimonio che riscatta l'origine mercantilistica dei Florio ed apre le porte delle più esclusiva nobiltà. Nel 1893 si celebrano le nozze di Ignazio con la baronessina Francesca Paola Notarbartolo Jacona di San Giuliano, dama di corte della regina Elena e la cui bellezza viene fissata dal pittore Giovanni Boldini. La giovane coppia diventa protagonista di ogni evento mondano, culturale, artistico, sportivo della Palermo del tempo e nella loro residenza, la villa dell'Olivuzza, accolgono principi, sovrani, artisti, letterati. Il fratello minore Vincenzo si occupa di sport e turismo, nel 1906 dà vita alla «Targa Florio», gara automobilistica che ancora sopravvive, nel 1913 fonda l'Autotomobil Club di Palermo ed assieme ad Ignazio realizzano e sponsorizzano competizioni sportive di alto livello.
Si è soliti addossare agli ultimi discendenti dei Florio e soprattutto ad Ignazio per la noméa di gaudente, donnaiolo, dissipatore, colpe non sussistenti e determinanti per il tracollo della dinastia. E' dei Florio il proposito di fare della Sicilia e di Palermo un luogo di richiamo turistico e per tale finalità villa Igiea, in origine sanatorio, viene trasformata su progetto di Basile in un lussuoso complesso alberghiero.
Il fasto di Ignazio e Franca Florio costituisce un mezzo per imporsi all'attenzione internazionale come ambasciatori di Palermo e dell'Isola.
Le frequentazioni con i Morgan, i Vanderbilt, i Rothschild, tendevano ad inserire Ignazio nell'incommensurabile potere dell'alta finanza internazionale. Alla fine dell'Ottocento e ai primi del Novecento avviene una rivoluzionaria inversione di poteri: sarà quello del denaro a determinare e sovrastare i governi e non viceversa. Potere precluso a quanti mancano di spregiudicatezza e di cinismo. E Ignazio aveva dato prova di «riprovevole e scandalosa onestà». La Società di Credito Mobiliare Italiano, banca toscana con una sede a Palermo per rapporti di collaborazione intrapresi con Ignazio senior, travolta da una crisi finanziaria è costretta a chiudere tutti gli sportelli, compreso quello di Palermo. Ignazio junior è il vicepresidente e ne ritarda la liquidazione per restituire le somme a quanti avevano accordato fiducia. Nel tentativo di risollevare le sorti della "Società di Navigazione", illuso dalla prospettiva di aiuti e sovvenzioni della legge n. 318 del 28 luglio 1899 per costruttori navali, Ignazio dà inizio alla più importante industria della Sicilia e del Mezzogiorno.
Nasce a nord del porto di Palermo un grande bacino di carenaggio (5 scali, macchinari d'avanguardia, 1500 operai). I sussidi si dimostrarono inconsistenti e forse mancò la volontà politica di sostenere l'impresa. Con l'avvento al potere di Giolitti si rafforza il potere delle grandi banche e l'alleanza verso i gruppi del nord. Quale portavoce dei suoi diritti traditi e delle istanze del Sud emarginato, Ignazio fonda il giornale l'Ora ma le pressioni esercitate da questo mezzo d'informazione non producono i risultati sperati.
Le capacità imprenditoriali di Ignazio Florio, unite ad una straordinaria lungimiranza, emergono nel complesso ed articolato progetto del "Consorzio Agrario Siciliano" presentato al Politeama di Palermo il 27 luglio 1899. Attraverso il Consorzio si voleva costituire un blocco agrario e industriale con fini economici e politici come mezzo di difesa e di contrasto al crescente potere economico e industriale dell'Italia del nord.
Con Ignazio si erano schierati Vittorio Emanuele Orlando, esponenti della cultura, del mondo scientifico, dell'aristocrazia, piccoli e grandi proprietari terrieri. Oscure forze ne impedirono la realizzazione. La liberalità rimane un tratto distintivo di Ignazio. Dal 1905 al 1919 sostiene la gestione del Teatro Massimo per tenere viva l'immagine di Palermo in campo nazionale. Con il fratello Vincenzo e il cognato Pietro Lanza si prodiga per portare sollievo ai terremotati di Messina. Donna Franca, con generosità e discrezione era solita elargire aiuti economici agli indigenti di Palermo.
Nel 1922, anno cruciale per i Florio che tentano di far fronte alla pesante esposizione debitoria con la Banca Commerciale Italiana, avviene il furto dei gioielli di donna Franca in un albergo di Viareggio. Furto pilotato? Il loro notevole valore avrebbe potuto differire la spoliazione dei beni. Pare che Ignazio avrebbe cercato un intervento salvifico persino con l'adesione al regime fascista.
L'impero dei Florio viene smantellato, si chiude la Fonderia Oretea, l'industria vinicola passa ad un gruppo industriale torinese, la manifattura ceramica, prima acquistata da Ginori, cessa la produzione. L'epilogo è drammatico, ridotti all'indigenza, Ignazio e Franca lasciano Palermo per stabilirsi a Roma, ospiti della figlia Igiea Salviati.
Alla gravità delle vicissitudini economiche si univa la tragedia inferta dal destino. Per i Florio non ci sarebbe stata una continuità generazionale.
L'unico figlio maschio di Ignazio era morto nel 1903 ad appena 9 anni, Vincenzo dopo due matrimoni non aveva avuto figli.


31/12/2011

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