sabato, settembre 18, 2021

I Chiaroscuri – La mappa variegata dei no vax e dei no green-pass


di Giuseppe Savagnone

L’ipotesi del complotto

La decisione del governo di rendere obbligatorio, dal 15 ottobre al 31 dicembre, il green pass in tutti i luoghi di lavoro, e dunque in generale sia per i dipendenti che per gli autonomi del settore pubblico come di quello privato, è indicativa della determinazione del premier Draghi, ma anche dell’attuale debolezza delle forze, prima fra tutte la Lega, che, all’interno dello stesso governo, hanno cercato di opporsi, fino all’ultimo, riducendosi adesso a vantare come un loro successo l’aver impedito almeno l’imposizione dell’obbligo vaccinale.

Ma – mentre al livello politico non resta che registrare la verità di quanto osservato da un noto politologo, a proposito della consapevole e rassegnata impotenza di chi si oppone vanamente al capo del governo –, al livello sociale continua la strenua resistenza alla campagna vaccinale da parte di gruppi di opinione che fanno leva, da un lato, sulle paure di una parte importante della popolazione, dall’altra sul rifiuto di misure che vengono ritenute lesive della libertà personale.

Al limite estremo di questo fronte di opposizione, genericamente denominato no vax, stanno i cosiddetti “negazionisti”, disposti a giurare che la pandemia è un’invenzione di oscuri poteri finanziari e che i numeri forniti per dimostrarne l’esistenza sono in realtà inclusivi di decessi dovuti a tutt’altre patologie. Si è parlato, a questo proposito, di una regia sotterranea dei gruppi farmaceutici – i cosiddetti Big Pharma – tesi a lucrare sulla produzione di vaccini, tamponi, mascherine, etc.

Alcuni no vax hanno addirittura ipotizzato l’esistenza di un disegno diabolico per il controllo della popolazione da parte di magnati della finanza, come il miliardario George Soros o il fondatore di Microsoft Bill Gates, accusato di aver ordito l’intera pandemia per impiantare dei micro-chip attraverso l’iniezione di vaccini.

Le prove? Non ce ne sono, ma basta scorrere i social per rendersi conto che basta aver insinuato il sospetto per averlo reso credibile agli occhi di tante persone che vivono nella frustrante certezza di essere state imbrogliate e sfruttate da “qualcuno”. Una logica che si alimenta dello stesso clima che ha generato anche il populismo e la sua indiscriminata diffidenza verso la “casta”.


Un atto d’accusa e la sua smentita

Troviamo molti di questi argomenti, infatti, in bocca alla ex deputata 5stelle Sara Cunial (ora nel Gruppo misto della Camera), famosa per aver definito in passato le vaccinazioni «un genocidio gratuito», la quale ultimamente ha parlato di una «isterica gestione» della pandemia da parte del governo: «Non potete più dire che lavorate per il popolo», ha detto la Cunial nel suo intervento di qualche giorno fa in Parlamento, «perché i membri del CTS, così come gli esperti dei salotti televisivi, sono TUTTI – e dico TUTTI – pagati dalle case farmaceutiche (…). Non potete più dire che siamo in democrazia, perché con le vostre parole e i vostri atti, sta sparendo ogni diritto e libertà e da troppo tempo ormai chi esercita le libertà costituzionali e naturali è colpevolizzato e umiliato (…). Non potete più dire che è per il nostro bene, perché gli italiani non sono mai stati così male (…) Non potete più dire che i vaccini fanno bene perché i report delle autorità sanitarie mondiali che voi censurate ci dicono che i casi di reazioni avverse sono in continuo aumento tra i vaccinati, colpiscono tutti, e soprattutto i giovani (…). Non potete più dire che il green pass migliorerà le nostre vite perché è lo strumento per instaurare definitivamente una dittatura politica fondata sulla paura e su eterne emergenze sanitarie giustificate da basi scientifiche false (…). Non potete più dire che l’Italia è la più brava perché è solo il laboratorio storico degli esperimenti di ingegneria sociale, ed insieme alla Francia, ha la condanna di dover rispondere alle follie delle élite (…). Il tutto con la regia di Soros e Gates».

Affermazioni che trovano una implicita risposta nelle dichiarazioni fatte qualche giorno fa dal notissimo virologo Anthony Fauci, consigliere medico della Casa Bianca, sia durante la presidenza Trump che sotto quella Biden, il quale ha espresso il suo pieno apprezzamento per la gestione della pandemia da parte del nostro Paese: «L’Italia», ha detto Fauci «è stata uno dei Paesi colpiti più severamente dal Covid-19 e dal vostro Paese abbiamo imparato molto. Siete all’avanguardia e nei vaccini siete più avanti degli Usa».

Con tutto il rispetto per la laurea in chimica industriale della Cunial, il parere di Fauci – del resto in linea con quella del Comitato tecnico scientifico (il CTS da lei accusato di essere al soldo delle case farmaceutiche) e della stragrande maggioranza della comunità scientifica – mi sembra più convincente delle sue indimostrate affermazioni.


Le cure domiciliari ignorate

C’è poi chi, propriamente parlando, non contesta i vaccini, ma sottolinea la prioritaria importanza di cure domiciliari che permetterebbero di affrontare la pandemia senza impegnarsi a fondo, come si sta facendo, nella campagna vaccinale. In prima linea su questa linea è l’associazione Ippocrate, che in questi giorni ha tenuto un convegno in Senato, grazie all’appoggio di esponenti della Lega, come la senatrice Roberta Ferrero.

La tesi del convegno, espressa dalla stessa Ferrero in apertura, è che il coronavirus è «una malattia curabilissima», come sostiene il fondatore, Mauro Rango, che per la verità non è un medico, ma un cooperatore e un esperto di scienze sociali e diritti umani. Tra i farmaci indicati ci sono l’ivermectina, che al momento non è autorizzata da nessuna agenzia del farmaco come cura Covid ma solo come antiparassitario (infatti viene usato per cavalli e mucche) e l’idrossiclorochina, di cui attualmente la comunità scientifica sostiene il non utilizzo, sia come profilassi sia come terapia.

Non ho la competenza per valutare la validità o meno di queste cure. Però mi fido dei medici che hanno combattuto, rischiando la vita e spesso perdendola, per curare i loro pazienti e che, implicitamente, vengono accusati di aver lasciato morire decine di migliaia di persone solo nel nostro Paese! – milioni nel mondo – perché ignoranti o, peggio, in malafede. Di fronte ad essi e agli scienziati che si sono pronunziati contro queste cure, non mi basta il parere di un esperto di scienze sociali, come Rango, e di una ex campionessa di ciclismo, come la Ferrero. E nemmeno quello dei medici che fanno parte di “Ippocrate”, della cui buona fede non dubito, ma che dovrebbero dare maggiori prove di quello che affermano.

In ogni caso, vale il vecchio detto che “prevenire è meglio che curare”. Quale che sia il valore di queste cure, esse non dovrebbero essere invocate contro i vaccini.


Il problema della libertà violata

Si discosta da questa linea una frangia importante di oppositori al green pass che motiva la sua contestazione non con una critica ai vaccini in quanto tali, ma alle limitazioni che ne derivano per la libertà personale.

È su questa linea il recente intervento di due noti filosofi italiani, Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, i quali denunciano il concreto pericolo che l’introduzione del green-pass come “lasciapassare”, praticamente obbligatorio, da ottenere vaccinandosi, dia luogo alla «discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B», creando una situazione che è tipica dei regimi totalitari. Si tratterebbe, aggiungono, di «un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica».

«Nessuno invita a non vaccinarsi!», precisano gli autori dell’intervento. Ma, spiegano, non si può demonizzare chi, temendo gli effetti ancora in larga misura ignari del vaccino, preferisce non farlo.

Ancora più sfumata la posizione di un notissimo storico, Alessandro Barbero, la cui adesione a un manifesto di centinaia di docenti universitari contro il green pass negli atenei ha suscitato molte polemiche. In un’intervista, Barbero ha chiarito di essere addirittura favorevole all’obbligo vaccinale e di contestare il green pass solo perché la ritiene una misura ipocrita, a cui il governo ricorre perché non ha il coraggio di assumersi la responsabilità di imporre a tutti i vaccini.


Uno specchio per guardare noi stessi e rimetterci in discussione

Ho cercato di ricostruire questa mappa dei “no vax” e/o “no green-pass” perché sono convinto che sia giusto conoscere le loro ragioni e le loro proposte, ma anche perché francamente quanto ne emerge mi sembra confermare la ragionevolezza della linea che il governo, d’accordo col Parlamento, sta seguendo. Dove “ragionevolezza” non vuol dire indiscutibilità – per questo è bene ascoltare anche chi non è d’accordo –, tanto meno verità assoluta. Siamo su un terreno inesplorato – questo spiega tante divergenze (ma per lo più su aspetti particolari) anche fra gli scienziati –, che non abbiamo scelto noi, e su cui però bisogna in qualche modo muoversi, in una direzione o nell’altra. Il parere di uno scienziato stimato come Fauci conforta nell’idea che si stia andando nella direzione giusta. 

Personalmente non credo che la libertà sia minacciata dai sacrifici che le vengono chiesti, in nome del bene comune, dall’autorità che è preposta a guidare il Paese. Solo una concezione individualista di essa può portare a una ribellione contro misure sanitarie che mirano a evitare una catastrofe sanitaria ed economica. La pandemia ci sta costringendo a prendere coscienza di quanto tale concezione sia diffusa fra di noi e forse dentro noi stessi. E ce ne sta mostrando i limiti meglio di qualsiasi confutazione astratta.


*Giuseppe Savagnone

Responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell'Arcidiocesi di Palermo, www.tuttavia.eu.

Scrittore ed Editorialista.


tuttavia.eu, 18/09/2021

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