di Irene Carmina
Si allaccia tra le ragnatele il filo della memoria. La storia si sedimenta. Si crepa il legno delle sedie accatastate, sul pavimento rosso si deposita la polvere mentre si alza acre l’odore della muffa. È la legge del tempo: da trent’anni le porte del cinema Cuccia, in piazza a Villafrati, sono chiuse. Dove dentro è stasi, fuori è vita.
Per strada, suona solenne la tromba delle bande, vibra il tamburo, ondeggia austera la vara del Santissimo crocifisso in processione sulle spalle segnate dei fedeli, mentre il paese in festa sfila nei suoi abiti migliori. È così ogni terza domenica di settembre nel borgo di 3mila abitanti a meno di un’ora di macchina da Palermo.
È allora insieme un cortocircuito temporale e un’operazione socio- culturale romantica quella che va in scena al cinema di piazza Umberto I da oggi pomeriggio a domenica. Dove fuori è vita, dentro sarà nostalgia. Il tempo, che pareva essersi inceppato dentro alla sala dal 1995, torna a fluire: il cinema Cuccia riapre per tre giorni in occasione della festa patronale di Villafrati. Viene restituito alla sua gente così com’è, senza pulizie straordinarie e veli di finzione.
Villafrati si guarderà nello specchio del tempo. « Sarà come avere uno shock temporale: ogni visitatore, imbattendosi in un frammento diverso, riconoscerà la propria storia — osserva il regista — Le immagini registrate negli anni durante la festa si innestano nel presente, durante la festa in corso, all’esterno, nella piazza, nelle strade, in cui si materializzano le stesse azioni, gli stessi riti in una ripetizione infinita. Cambiano solo gli attori: ieri c’erano i padri e i nonni di quelli che oggi passeggiano svagatamente, per citare Sciascia, o partecipano alla processione o all’uscita dalla chiesa, in un fiume che ci riporta al panta rei di Eraclito».
Le porte aperte della sala metteranno in comunicazione diacronicamente il passato che scorre sullo schermo con il presente che scorre, con le voci di allora amplificate nell’ora da una cassa posizionata fuori dal cinema. “Historia”, allora sarà un po’ come un metronomo, perché — per usare le parole di Cuccia — «il tempo di scorrimento delle immagini è direttamente proporzionale al tempo di scorrimento della vita» . E oggi è il tempo delle sale trasformate in McDonald’s e in grandi catene di alimentari. «È molto triste, ma dobbiamo essere consapevoli che il mondo è cambiato: il cinema ora l’abbiamo a casa, con le piattaforme in streaming» , ammette Cuccia che in tutti questi anni non ha mai ceduto alle offerte per trasformare il cinema di famiglia in supermercato o in altre attività. «Smontare il cinema sarebbe stato terribile» .
Erano gli inizi degli anni Cinquanta quando Salvatore Cuccia, il nonno di Salvo, aprì il cinema. L’attività fu portata avanti dai figli Piero, Salvatore e Vincenzo e a metà degli anni Sessanta, d’estate, un furgone portava i film nelle piazze dei paesi siciliani. «Era un 238 Fiat, un vecchio scuolabus giallo che mio padre Piero ristrutturò dopo una mano fortunata a poker con un suo amico carrozziere», racconta Salvo mentre i ricordi si affollano nella mente. Il regista, ora di casa a Palermo, è letteralmente cresciuto con il cinema in casa. Gli bastava scendere le scale della palazzina per essere catapultato davanti al maxischermo. «Io e i miei genitori vivevano al secondo e terzo piano, i miei nonni al primo piano, mentre il cinema era a pianterreno — racconta il regista — Ricordo ancora l’odore della cabina di proiezione, un po’ come il bambino di “Nuovo cinema paradiso”, e la meraviglia davanti alle immagini che si animavano e prendevano vita». È lui, insieme al fratello, a prendere in mano il cinema alla morte del padre nel 1982.
Sono gli anni delle rassegne di cinema d’autore, da “A qualcuno piace caldo” e “Giorni perduti” di Billy Wilder ai film di Woody Allen. Arriviamo al 95: siamo ai titoli di coda. «I piccoli comuni sono stati assorbiti come satelliti dalla città e, con essi, i piccoli cinema di provincia — dice Cuccia — La gente andava a vedere i film a Palermo». Cala il sipario sul cinema e ogni cosa dentro quella sala resta al suo posto. Sospesa in un tempo che ora è andato in play. Posteggiato in garage sotto al cinema c’è ancora il vecchio 238 Fiat.
La Repubblica Palermo, 13/9/24
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