venerdì, aprile 30, 2021

Una strage lunga un secolo: la Cgil ricorda i sindacalisti uccisi dalla mafia

L’epopea dei sindacalisti (G. Porcasi)


Ogni anno, il 30 aprile, si ricordano a Palermo i militanti sindacali uccisi dai mafiosi in Sicilia. Nella "Giornata della memoria" 2021 sarà anche presentato il libro di Dino Paternostro "La strage più lunga". Abbiamo intervistato l'autore.

Di Turi Caggegi

Da Bronte a Corleone

Abbiamo intervistato Paternostro, e abbiamo parlato con lui di alcuni dei temi più importanti che hanno segnato un secolo di storia siciliana e nazionale: la strage di Bronte del 1860, le stragi a cavallo di fine ‘800 e inizi del ‘900, Portella della Ginestra e i sindacalisti uccisi nel dopoguerra a partire da Placido Rizzotto e il ruolo storico di Corleone, dove per un gioco della storia si sono trovati a vivere e operare i mafiosi Navarra, Liggio, Riina, Provenzano e Ciancimino ma anche Carlo Alberto Dalla Chiesa, Placido Rizzotto e Pio La Torre. “Oggi per fortuna i bambini delle scuole di Corleone scrivono che Rizzotto fu un eroe, mentre Riina e gli altri sono considerati criminali, è straordinariamente positivo”, commenta Paternostro.

In memoria di Pio La Torre

E non a caso per la giornata della memoria è stata scelta la data del 30 aprile. In questo giorno, nel 1982, fu ucciso a Palermo Pio La Torre, dirigente del Pci, ma per anni sindacalista e soprattutto autore della legge che stabilisce il reato di associazione mafiosa e la possibilità della confisca dei beni ai mafiosi.

“A ogni nome una storia”

“Abbiamo deciso di istituire questa giornata per portare fuori dall’oblio i tanti militanti sindacali uccisi perché lottavano per i diritti e per il lavoro – dice Paternostro – Nei tribunali questi martiri spesso non hanno avuto giustizia, noi vogliamo fare giustizia quantomeno dal punto di vista storico. E nel mio libro ho cercato di dare a ogni nome una storia, anche personale e familiare. I sindacalisti sono stati spesso uccisi tra i 30 e i 40 anni, lasciando mogli, figli, fratelli, genitori”.

Le stragi di contadini di fine ‘800

La lunga storia delle stragi comincia da Bronte, quando nel 1860 i poverissimi contadini della ducea di Nelson pensano di potere avere nuovi diritti grazie allo sbarco di Garibaldi, ma ben presto le speranze vengono represse nel sangue da Nino Bixio. Successivamente, verso la fine del secolo nascono i fasci dei lavoratori, primi organismi sindacali che lottano per il miglioramento delle condizioni di vita dei contadini, ma anche qui manifestazioni e scioperi furono soffocati dalle pallottole di soldati e talvolta da mafiosi.

La riforma agraria e la reazione

Durante il ventennio fascista poi partiti e sindacati erano stati sciolti e le libertà abolite. Nel dopoguerra furono approvati i decreti Gullo, che assegnavano ai contadini le terre incolte e miglioravano i rapporti economici dei contadini in rapporto ai latifondisti. Ma la reazione fu feroce, e cominciarono le uccisioni dei capi dei contadini e dei sindacalisti. Poi, il 20 aprile del 1947, la sinistra vinse le elezioni, prefigurando un governo di coalizione tra i partiti di sinistra e la democrazia cristiana, in analogia con quanto avveniva a livello nazionale.

Portella della Ginestra, segreto di Stato

Invece, il primo maggio del 1947 ci fu la strage di Portella della Ginestra, furono assassinati undici tra sindacalisti ma anche donne e bambini, “fu un attacco alla democrazia, un attacco ai diritti dei lavoratori che portò a un governo di destra in Sicilia”. Mai è stata fatta piena luce sulla “prima strage della Repubblica, probabilmente erano coinvolti anche uomini dei servizi segreti – dice Paternostro – c’erano interessi convergenti di agrari, mafia, politica sullo sfondo di precisi equilibri internazionali”. Una strage su cui ancora ci sono documenti coperti dal segreto di Stato.

Donne in prima linea

Anche molte donne hanno partecipato attivamente alla lotta alla mafia, malgrado lo stereotipo le voglie rassegnate e mute, chiuse nel lutto e nel dolore. “Una rappresentazione totalmente falsa. Tante donne siciliane coraggiose a testa alta hanno denunciato i mafiosi, a partire dalla moglie di un sindacalista di Prizzi ucciso nel 1919, Giuseppe Rumore. Lei, Maria Vallone, girava la Sicilia denunciando gli assassini. E poi la madre di Placido Rizzotto, Rosa Mannino, e ancora Francesca Serio, madre di Salvatore Carnevale, e più di recente anche Felicia Impastato, madre di Peppino, ucciso dalla mafia a Cinisi nel 1978”.

FocuSicilia, 30/4/2021

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