lunedì, aprile 30, 2012

Tanti libri sulla vita e sulla morte del leader del Pci Pio la Torre


Pio La Torre
«Ho vissuto nelle case dei contadini poveri del Corleonese... ho dormito con loro intere settimane, in qualche caso anche insieme a mia moglie, e mancavano di tutto, del pane, delle strutture igieniche fondamentali. Nella casa di una famiglia di braccianti di Corleone..., in cui ho dormito molti giorni, ... avevano un secchio che non sapevo bene se era un secchio o una pentola, perché serviva per cuci­nare gli spaghetti e per lavarsi i piedi. C’era la capra che girava libe­ramente per la casa come un animale sacro, in quanto solo grazie al suo latte si ali­mentavano i bambini, ché altrimenti sarebbero morti di tubercolosi e di fame. I brac­cianti e i contadini poveri di al­lora non avevano alcun salario previdenziale... nei lun­ghi periodi di disoccupazione, per dare una minestra ai bambini, dovevano andare a raccogliere un po’ di verdura nei campi, e le mogli dei braccianti andavano a fare le spi­golatrici».
Ha raccontato così Pio La Torre (Comunisti e movimento contadino in Sicilia, Editori Riuniti, 1980) la sua esperienza politica nei comuni del Corleonese nel biennio 1949-50. Un’esperienza iniziata nell’estate del ’49 a Corleone, quando il giovane Pio, appena ventiduenne, riorganizzò il movimento contadino disorientato dopo l’assassinio di Placido Rizzotto. E terminata il 10 marzo 1950, quando venne arrestato dalla polizia per l’occupazione del feudo di Santa Maria del bosco. L’esperienza corleonese segnò profondamente Pio La Torre, che - molti anni dopo, nel 1978 – tentò con tutte le sue forze di lanciare un grido d’allarme da Corleone, sottolineando la pericolosità sociale e politica della mafia. La sua allora sembrava una vera e propria mania, ma i fatti degli anni successivi gli avrebbero dato ragione. Proprio in quegli anni, infatti, Totò Riina iniziò la sua scalata ai vertici di Cosa Nostra, diventando il famigerato “capo dei capi”.  Ma chi era Pio La Torre, che la mafia assassinò a Palermo il 30 aprile 1982, trent’anni fa? Sicuramente un grande siciliano che ebbe la capacità di fare “rete” con settori importanti della società isolana, con i cattolici democratici, con i movimenti pacifisti e giovanili. «Indagini farraginose e un lunghissimo processo - scrivono Paolo Mondani e Armando Sorrentino (Chi ha ucciso Pio La Torre?, Edizioni RX) – indicheranno come movente dell’omicidio la proposta di legge sulla confisca dei patrimoni mafiosi, di cui era stato il più deciso sostenitore. Esecutore: Cosa nostra. Un movente tranquillizzante. Un mandante rimasto nell’ombra. In realtà, con la morte di La Torre si compie un ciclo di grandi omicidi politici iniziati con l’uccisione, nel 1978, di Aldo Moro e proseguito, nel 1980, con la soppressione di Piersanti Mattarella, presidente democristiano della Regione Sicilia. Uomini che volevano un’Italia libera dal peso della mafia-politica e dall’influenza delle superpotenze…». Ma «Perché è stato ucciso Pio La Torre?», si chiedono Nino Caleca ed Elio Sanfilippo (Edizioni Istituto Poligrafico Europeo, 2012). Questo nuovo libro rilancia l’interrogativo, auspicando la riapertura dell’inchiesta a trent’anni dall’uccisione del politico siciliano. Ripercorre l’azione di La Torre e punta i riflettori su una pista poco battuta dagli inquirenti: quella legata a Comiso e alle battaglie per la Pace portate avanti dall’ex segretario regionale del Pci.
Dino Paternostro

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