L'assassinio di La Torre e Di Salvo |
In via Generale Turba la macchina venne intercettata dal commando dei killer in attesa (Giuseppe Lucchese, Nino Madonia, Salvatore Cocuzza, Mario Prestifilippo e Pino Greco «Scarpuzzedda»). Lucchese ingranò la prima, la seconda. La grossa moto acquistò subito velocità, affiancò la Fiat 131 su cui viaggiava la Torre, per poi superarla e tagliarle la strada. Nel mentre, una Ritmo l’affiancò sul lato destro. Scarpuzzedda impugnò il mitra, puntandolo su Pio la Torre. «Rosario, ci vogliono ammazzare!», gridò Pio. Rosario tentò di fare marcia indietro, ma la Ritmo glielo impedì. Allora avvicinò la mano destra alla fondina per estrarre la pistola, mentre il mitra di Scarpuzzedda s’inceppava. «Cocuzza si accorse che Di Salvo stava tirando fuori la pistola», raccontano Giuseppe Bascietto e Claudio Camarca, nel libro «Pio La Torre, una storia italiana» (Aliberti, Roma 2008). E aggiungono: «Scattò velocissimo, in un secondo scese dall’auto. Agli altri gridò di tenersi pronti a scappare. Fece il giro, si avvicinò e sparò. Uno, due, tre, quattro colpi di pistola. Rosario rispose al fuoco. Riuscì a sparare quattro o cinque colpi. Non sapeva se aveva ferito qualcuno. Scarpuzzedda, intanto, aveva sistemato il mitra e sparava colpi singoli in direzione del parabrezza mandandolo in frantumi. I proiettili colpirono Rosario che si accasciò sul sedile. Il volto sfigurato e pieno di sangue. La testa reclinata all’indietro, la bocca aperta. (…) Intanto Scarpuzzedda si spostò con calma dalla parte di Pio, che si gettò con il corpo all’indietro fino a toccare Rosario, nel disperato tentativo di salvarsi. Spinse una delle gambe fuori dal finestrino come a respingere le pallottole che stavano per arrivare. L’ultima parola che riuscì a gridare prima che gli sparassero fu vigliacchi…».
D.P.
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