venerdì, novembre 25, 2011

Acqua e beni comuni, tutti in piazza per difendere l’esito del referendum

di GIUSEPPE GIULIETTI

“Obbedienza civile”, questo il titolo della campagna lanciata dalla rete di associazioni che pensarono e portarono alla vittoria il referendum per l’acqua bene comune e contro la privatizzazione del settore. Quel referendum, come gli altri due relativi al nucleare e al legittimo impedimento, non solo sfondarono il muro del quorum, ma raccolsero il sostegno convinto di oltre 27 milioni di cittadine e di cittadini.
Quel voto, anche se a molti farebbe piacere cancellarlo, ha influito sulla caduta del governo Berlusconi almeno quanto le oscillazioni della borsa. Eppure sembra passato quasi un secolo. Il presidente del Consiglio non ne ha fatto cenno nel suo discorso alle Camere, il neo ministro Clini ha addirittura affermato che “sarebbe meglio ripensare al nucleare”, anche se, subito dopo, travolto dalle critiche, è stato costretto ad una precipitosa ritirata. Nel frattempo gli enti locali che già avevano privatizzato ed introdotto il profitto in bolletta non hanno ancora provveduto ad adeguarsi al risultato, tranne forse il comune di Napoli.
Non si tratta di una piccola questione, ma di un punto essenziale per “tornare ad onorare la Costituzione”, tanto per parafrasare quanto già scritto da Stefano Rodotà. Quel 57% che si è espresso in modo limpido e inequivocabile non può tornare a contare meno dell’ultima agenzia di rating. La riduzione dello spread, per usare un termine tanto in voga, deve riguardare anche soprattutto la riduzione delle differenze democratiche, sociali, economiche, il bene comune deve rientrare tra gli indicatori non aggirabili, un vero e proprio misuratore dell’indice di civiltà di una nazione e dei suoi governi. Dal momento che si torna a parlare della immediata privatizzazione di altri servizi, i promotori del referendum sull’acqua hanno pensato bene di trasformarsi in “sentinelle” democratiche.
Il primo appuntamento sarà sabato 26 novembre a Roma, alle ore 14, in piazza della Repubblica. Chiunque abbia a cuore la Costituzione e creda nella legalità repubblicana farebbe bene ad esserci perché il rispetto integrale dello spirito e della lettera del risultato referendario è davvero uno di quei “beni comuni” che dovrebbero essere difesi anche da chi non ha partecipato al voto, persino da chi ha votato no. Dal momento che siamo tra quelli che hanno deciso di giudicare il governo da quello che dirà e sopratutto farà, restiamo in attesa che, prima del prossimo sabato, anche il presidente del Consiglio ed i suoi ministri vogliano aderire a questa campagna di “Obbedienza civile”, riaffermando che i risultati referendari saranno una stella polare per il governo. Dopo tanti anni di un governo che ha affermato e praticato la “Disobbedienza incivile” sarebbe ora e tempo di avere un governo di “Obbedienza civile”.
Giuseppe Giulietti

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