venerdì, settembre 03, 2010

Corleone, ricordato Carlo Alberto Dalla Chiesa

L'intervento del colonnello dei CC Pietro Salsano
Dino Paternostro, segretario della Camera del lavoro di Corleone: «La Cgil e Corleone sono molto legati a Carlo Alberto Dalla Chiesa. Non dimenti-
cheremo mai che, nel 1949, egli arrivò a Corleone, convocò i familiari di Placido Rizzotto, il sindacalista della Cgil sequestrato ed ucciso la sera del 10 marzo 1948, e disse loro: “Vi prometto che scoprirò e manderò in galera gli assassini di Placido, anche perché era un partigiano come me”. E mantenne la parola: qualche mese dopo, arrestò Pasquale Criscione e Vincent Collura, che confessarono: “Ad uccidere il sindacalista erano stati Luciano Liggio ed altri killer». Nino Iannazzo, sindaco di Corleone: «Il pensiero di Carlo Alberto Dalla Chiesa è ancora oggi attualissimo. Non a caso il comune di Corleone e tanti altri comuni hanno adottato il protocollo “Carlo Alberto Dalla Chiesa” e si difendono con questo strumento dalla infiltrazioni mafiose». Calogero Parisi, presidente coop "Lavoro e non solo": «Se noi oggi possiamo gestire i terreni confiscati alla mafia è perché uomini coraggiosi come Dalla Chiesa, La Torre ed altri hanno dato la loro vita per affermare il binomio legalità-sviluppo». Vito Lo Monaco, presidente del Centro studi "Pio la Torre": «Dalla Chiesa è stato un integerrimo servitore dello Stato, che ebbe il coraggio di denunciare con forza gli intrecci mafia-politica-economia. A volere la sua morte non fu solo la mafia, ma anche quei “poteri forti” che da lui si sono sentiti fortemente minacciati»». Il colonnello Pietro Salsano, comandante del Gruppo Carabinieri di Monreale: «Grazie ad uomini come Carlo Alberto Dalla Chiesa, tanti passi avanti si sono fatti nella lotta contro la mafia. Ma bisogna stare attenti e non abbassare la guardia, perché c’è ancora molto da fare. La mafia non è scomparsa dalle nostre città e dai nostri paesi. E non è sconfitta. Resta ancora forte e condiziona l’economia. Ancora oggi, sono tanti gli imprenditori che chiedono “la protezione” della mafia…». Ha concluso il dott. Gaetano Paci, procuratore aggiunto della DDA di Palermo: «Carlo Alberto Dalla Chiesa fu un anticonformista. Se fosse stato un conformista, sarebbe venuto a Palermo facendo dichiarazioni di circostanza e avrebbe potuto chiudere con tutti gli onori la sua prestigiosa carriera. Ma Dalla Chiesa era un anticonformista. Disse subito che avrebbe colpito la mafia, senza guardare in faccia a nessuno. A cominciare dalla famiglia politica più inquinata della Sicilia, quella degli andreottiani Salvo Lima e Vito Ciancimino. Fu una dichiarazione di guerra agli intrecci mafia-politica che avrebbe pagato con la vita».

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