lunedì, aprile 13, 2009

I rischi che il Paese corre con questo terremoto

Lo chef consiglia di A. Camilleri e S. Lodato

Camilleri, ci voleva Giorgio Napolitano per diradare la melassa dell’efficientismo, ricordare che la tragedia rimanda a responsabilità anche umane, rifuggire dai fotografi. Notte del 15 gennaio 1968, terremoto del Belice: 370 i morti. Leonardo Sciascia scrisse su “L’Ora”: “E al presidente della Repubblica che oggi è qui sentiamo di dover dire che egli rappresenta un paese tremendo. Dilacerato da contrasti e ingiustizie che sotto quiete apparenze non sono meno gravi di quelli che in altri paesi del mondo sanguinosamente si dispiegano. E’ che la Sicilia è stanca, che muore ogni giorno anche senza l’aiuto delle calamità naturali.” I terremoti non cambiano e in Italia continuano a trovare terreno fertile.
Il terremoto del Belice, come Lei ha ricordato, successe nel gennaio 1968. Le sensibilissime antenne di Sciascia captarono le sotterranee vibrazioni di un altro terremoto che di lì a poco si sarebbe scatenato: quello dei movimenti del ’68. La differenza, fra allora e oggi, è data dal fatto che non solo non esistono più gli Sciascia, i Moravia, i Pasolini, e se esistessero non sarebbero ascoltati, ma che gli odierni politici e i sedicenti giornalisti, anche se con tessera dell’ordine, si servono di questo terremoto per coprire gli inquietanti segnali di un altro devastante sisma. Che la cig sia aumentata del 925 per cento, rispetto allo stesso mese dell’ anno scorso, è un segnale che dovrebbe sconvolgere i nostri governanti, invece stanno lì a litigare sulle ronde. E se qualcuno domanda cosa stiano facendo rispondono spacciando fragili castelli di sabbia come solidi provvedimenti. Nel terremoto del Belice, Sciascia avvertì che la Sicilia poteva restarne travolta. Nel terremoto dell’ Aquila è l’Italia intera a correre il rischio. Solo che tutti fanno finta di non accorgersene.
L'Unità, 12 aprile 2009

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