venerdì, marzo 25, 2022

CI SCRIVONO. Al Pacino a Corleone? Ma solo se vorrà fare da “testimonial” all’antimafia poco conosciuta della nostra città

Al Pacino 

La presenza di Al Pacino, a Corleone dovrebbe essere vista solo nell’ottica di “mondializzare” il più possibile la nostra grande e positiva storia 

DI RECENTE… ho letto su “Città nuove” che il sindaco Nicolosi vorrebbe far venire a Corleone Al Pacino, in occasione dei 50 anni de “Il Padrino”. E ho saputo del codazzo di critiche che la proposta si è attirata. Ma come? Giusto Il Padrino?! Il film che, a distanza di 50 anni, ANCOR OGGI alimenta la famigerata nomea del nostro paese, associandone il nome a quello di una famiglia di boss?!

Non sono fra quelli che deprezzano la saga di Francis Coppola, anzi, tutt’altro. Non ho mai pensato, come molti, che i suoi film ci abbiano mostrato il lato buono della mafia, facendoci vedere, ad esempio, un innocuo nonno (Marlon Brando) che gioca con un nipotino.

Esattamente al contrario: ci hanno fatto vedere invece che, durante il battesimo di uno dei nipotini, in contemporanea i Corleone attuavano una strage. O che Al Pacino faceva uccidere a tradimento il fratello Fredo, dopo aver finto di perdonarlo e di riaccoglierlo in famiglia. Conosco la saga super bene, e finisco col vederla ogni volta in cui la ripropongono in tv, almeno una volta l’anno. Segno di come “Il Padrino” sia se non IL per antonomasia, uno dei maggiori long seller mai visti, stra-long seller. E di come anche, quindi, il nome Corleone continui sempre ad essere banalmente associato a quello dei boss.

PREAMBOLO…

a) Anni fa, per caso, dissertando su "Il Padrino" con un amico, ho appreso che Al Pacino ha origini corleonesi e che, durante le riprese della parte III era andato a Corleone con Diane Keaton ed Andy Garcia, cercando queste radici indigene ma, per vari motivi, non ci riuscì. Ci sono articoli in merito, ma io non sapevo di questo episodio, e mi chiesi come mai a Corleone non fosse mai balenata a nessuno l'idea di farci qualcosa, com’è stato con Vincent Schiavelli a Polizzi, o a Bisacquino con Frank Capra, o a Partinico con Frank Zappa... Me l’ero chiesto e stop. Finito là.

 b) Constato regolarmente con gli ospiti del mio b&b (e me lo confermano anche altri gestori analoghi e ristoratori di Corleone) che arrivano in paese torme di turisti per vedere il luogo del Padrino, sulla scia tutt'altro che dell'anti-mafia quanto piuttosto ancora e solo della mafia. Sì, ok, ci sono in paese iniziative e persone che, in minima parte, convogliano i visitatori anche alla riscoperta dell'altra Corleone, ma sono comunque frange minime, e la fama predominante massicciamente è ancora quella: la mafia. E, ripeto, lo constato con ospiti che vengono dall'Australia, dall'America, e che quindi fanno magari il loro unico viaggio in Europa o in Italia, e prevedono di andare... a Corleone.

 c) Il nome "Corleone" è un brand spendibilissimo, molto più spendibile di quanto noi non lo spendiamo. Anni fa, conosciuti degli artisti di street art (arte che apprezzo moltissimo), uno che veniva da Londra, in un momento di pausa di lavoro a Palermo, dove era andato? A Segesta? Ad Agrigento? A Monreale? No. A Corleone. Quell’artista di street art mi diceva che avrebbe fatto volentieri un murale gratis per Corleone, perché esporre a Corleone... non so se mi spiego. 

 d) Corleone ha una storia della mafia lunga e perdurante, a tutt'oggi. Non è, come piace dire a molti corleonesi, che la mafia si è trasferita a Roma. Si è trasferita o è anche nata altrove, e arriva ben oltre Roma, ma a Corleone in qualche modo, ha avuto una sua storia sinistramente corposa e permane, nonostante tutto. Questo per dire che io non sono di quei corleonesi che si scozzolano se si parla di mafia e a Corleone, anzi tutt'altro. 

 e) Ma Corleone (OGGI sappiamo in molti), assieme alla storia, famosissima, conosciutissima, trattatissima, della mafia, ha anche IN SIMULTANEA una lunga e non nata ora storia dell'anti-mafia. E che storia!! Da quando c'è una storia della mafia c'è una storia dell'anti-mafia, solo che è misconosciuta o sconosciuta fuori dai nostri stretti confini. Nino Gennaro (1948-1995) su questo si batteva quando negli anni ’70 diceva "A Corleone non siamo tutti gregari di Liggio" o "Corleone non è una repubblica indipendente", nel senso che non era e non doveva essere un mondo chiuso, a parte, ma che era e poteva essere permeato dalle idee più svariate che percorrevano e percorrono il mondo. 

Corleone (OGGI sappiamo in tanti) è stata una capitale (ribadisco: capitale) dell'antimafia già da fine '800, in quanto era uno dei centri numericamente e politicamente più forti dei Fasci siciliani, un movimento massiccio, che contava in Sicilia centinaia (non ho sbagliato: centinaia) di migliaia di aderenti (circa 400.000 secondo lo storico Renda), represso pesantemente e nel sangue dal siciliano presidente del consiglio Crispi e dalla politica di allora. E Corleone, fra le sue vittime illustri, ha Bernardino Verro, uno dei capi dei Fasci, ucciso nel 1915 mentre era sindaco del paese.

Ma solo nel 2013, a Corleone, è stato intitolato uno slargo ai Fasci siciliani, dopo 120 anni!!! Una delle pagine più gloriose della storia siciliana ma non solo: a Corleone infatti si elaborarono nel 1893 i Patti di Corleone, primo esempio in Italia di contratto sindacale collettivo scritto!!! Mentre non c'è città e paesello sperduto che non abbiano una strada o un monumento a Crispi, che sui Fasci fece sparare e i cui capi, fra cui Verro, fece imprigionare!!!

Ma io, studentessa liceale a Corleone fino alla fine degli anni ’70, MAI ai miei tempi sentii parlare a scuola dei Fasci, mai.

 f) MAI, anche, avevo sentito parlare del movimento contadino del II dopoguerra, importantissimo e fatto a pezzi nel sangue. Oltre 50 sindacalisti morti ammazzati in tutta la Sicilia!!! Praticamente non c'era paese che non avesse il suo capolega ammazzato, senza contare il resto, le sparatorie sulla folla, Portella delle Ginestre ma non solo, e le intimidazioni sulla popolazione affamata, a difesa di un latifondo indifendibile moralmente ed economicamente.

A Corleone (OGGI sappiamo tutti) venne ammazzato nel '48 Placido Rizzotto. Uno dei tanti capilega, assassinato da Luciano Liggio e soci. Il suo corpo gettato in una “ciacca” a Rocca Busambra, i resti recuperati nel 2012. Funerali di Stato a Corleone, con Napolitano, ministri, Camusso e via discorrendo. Benissimo. Dopo 64 anni. Il suo nome, assieme a quello di Turiddu Carnevale e pochissimi altri, è ormai noto anche nazionalmente. I tanti altri continuano a giacere sconosciuti a tutti. Recentemente enucleati, uno ad uno, da Dino Paternostro nel suo libro “La strage più lunga”, in cui ha raccolto anche soltanto le minime ed uniche notizie esistenti su molti di loro. Che ora, quindi, sono almeno nominati in un libro apposito (fino a qualche mese fa neanche in quello) e le cui storie, non dissimili da quella di Placido Rizzotto, restano comunque sconosciute ai più.

Nino Gennaro a Corleone, quando ancora nessuno ne parlava, nel ‘76 era stato fra i fondatori del Circolo popolare Placido Rizzotto. Dino Paternostro ci aveva scritto, nel 1983, un opuscolo ciclostilato e poi, nel corso degli anni, anche dei libri, fino a diventare, gli dico io scherzando (ma apprezzandolo) il "rizzottologo" per antonomasia, e ad avere molta parte in causa se oggi, meritoriamente, il nome di Rizzotto è, fra i tanti, uno dei nomi di maggior rilievo a livello nazionale. Molto amico di Nino (specie nei suoi ultimi anni, dopo tanti altri di lontananza), anni fa aveva formalizzato la richiesta di dedicare a Nino Gennaro il centro multimediale di Corleone (proposta bocciata dal consiglio comunale, in seguito alla quale, di rincalzo, è stato ideato il Premio omonimo a Palermo).

 g) Proprio per dare voce e diritto di cittadinanza a quest'altra grande storia di Corleone, importantissima ma nota solo da pochi esperti e quasi totalmente ignorata dai più, Nino già malato aveva invitato Dino a scrivere una storia di questa antimafia sconosciuta, cosa che Dino fece nel 1994, scrivendo, per l'appunto, "L'antimafia sconosciuta" in cui, dopo la gloriosa storia dei Fasci di fine '800-primi '900 e quella del movimento contadino del II dopoguerra, ha voluto dedicare anche un capitolo alla storia mia e di Nino, piccolissima cosa se paragonata a queste grandi storie, ma idealmente sulla stessa lunghezza d'onda.

h) Nel 1997 Oliviero Toscani dedicò il catalogo Benetton a Corleone. Fu una gran kermesse, allora. Giornali, tv, grande eco. Si voleva mostrare al mondo che anche a Corleone i ragazzi e le ragazze, coi maglioncini colorati di Benetton, avevano due braccia e due gambe e tutto il resto simile a tutti i ragazzi e le ragazze del mondo. Al mondo, almeno, in cui Benetton vendeva la sua merce. 

Ero stata a Corleone mesi prima di questa esplosione toscaniana, con Aurelio Grimaldi, per un'intervista nelle scuole per la tv svizzera. I ragazzi molto allineati e coperti. Avrebbero accettato una raccomandazione per lavorare? Si. Avrebbero testimoniato se avessero visto un omicidio? No. Più o meno la solfa era questa. 

Tempo dopo ero alla presentazione del catalogo, a Corleone: gente a palate, tv e quant'altro. I ragazzi intervistati mesi prima che mi dicevano: "Ti ricordi l'intervista che ci avete fatto mesi fa? Ora è un'altra cosa, ora è cambiato tutto!". Erano come "drogati", mi apparivano "invasati": parlavano al microfono entusiasti, dicendo "Prima mi vergognavo di dire che ero corleonese, ora invece ne sono orgoglioso! Dobbiamo far vedere al mondo che Corleone non è muli e vecchi con la coppola!". Io non mi ritrovavo per niente in questo quadro. I vecchi con la coppola e coi muli come emblema di arretratezza, di una mentalità retrograda, mentre magari molti di loro erano stati protagonisti delle stagioni più combattive della storia siciliana. Liquidati così da rottamanti ragazzetti vestiti benetton?!?!

 i) Oggi: i vecchi boss sono in galera, molti terreni e case di loro proprietà confiscati e lavorati o abitati da cooperative di giovani: "Lavoro e non solo", "Placido Rizzotto", "Libera terra" e così via. 

 

NEL 2015 MI VENNE UN’’IDEA…

… che, nero su bianco, presentai a due presidenti della Sicilian Film Commission e ad altri, senza avere alcuna risposta, e che periodicamente, dal 2015, ho continuato a riproporre, anche al sindaco Nicolosi. La proposta era (ed è) questa: e se si invitasse Al Pacino (anche in buona compagnia, magari...) e, partendo da questa sua discendenza corleonese, si costruisse ben altro che il fare “prio” al paesano famoso??? Non un'operazione pubblicitaria, ma una sorta di RESTITUZIONE STORICA necessaria.

"Il Padrino" ha veicolato Corleone in tutto il mondo, ANCORA ORA, cristallizzandola in quest'aura di mafiosità. Bene. Perché non chiamare Al Pacino, ottimo coprotagonista dell'arci famosa saga, anche partendo da queste sue origini corleonesi, per chiedergli di essere testimonial “mondiale” di una Corleone altra? Non si tratta di fare, come per i ragazzi-benetton, una sorta di "prima Corleone era così, ma ora è colì!!" o, come strombazzato dalle amministrazioni più recenti, di farne la "capitale mondiale dell'antimafia", come recitava un cartello all'ingresso del paese. NO!!! A Corleone la mafia esisteva e permane, in altre forme, ancora. Ma a Corleone c'è stata SEMPRE un'antimafia. Lo ripeto: da quando è esistita la mafia, IN SIMULTANEA, c'era chi si opponeva e lottava contro di essa. Ieri come oggi (direi anche ieri più che oggi). 

Al Pacino potrebbe essere testimonial di quest'altra Corleone, di quest'altra storia? Non si tratta di fare solo operazioni tipo cittadinanza onoraria per il cittadino illustre. Si è già fatto (a mio giudizio erroneamente fin dall’inizio) col calciatore Miccoli. Non si tratta, come si fa, di dare lauree ad honorem per fare scruscio e dare lustro alla tale o tal altra università, come hanno fatto con Valentino Rossi ecc. Come non si tratta di dare lustro a questa o alla prossima amministrazione comunale. NO!!

Si tratta di DARE RILIEVO AD UNA STORIA DI CORLEONE IMPORTANTISSIMA E SEPPELLITA O MISCONOSCIUTA, che rappresenta la miglior parte della nostra storia. E chiamare uno dei maggiori protagonisti di una saga che ha contribuito (non determinato ma contribuito) a rendere famosa Corleone per la mafia, chiamarlo a fare questa "restituzione" per dare visibilità mondiale o comunque estesa alla storia dell'antimafia. Pare cosa da poco? A me no. Pare un evento pubblicitario tanto per? A me NO, o almeno io non l’ho pensato in quest'ottica quando, nero su bianco, ho formulato a tanti questa proposta. Mi è stato necessario fare questo lungo preambolo per meglio inquadrare il focus della questione. Scusatemi. 

Si potrebbe/dovrebbe costituire un comitato qualificato (Centro Impastato? No mafia memorial? Libera?) e coinvolgere anche l’assessorato regionale al Turismo, o quello alla Cultura…

Io credo che la cosa avrebbe un'eco vastissima (m’immagino Fazio, tv e giornali non locali, certamente...). 

Lavorare per non fare di Corleone una repubblica indipendente è per me anche il mio modo di rendere omaggio a Nino Gennaro, a decenni dalla sua morte. Anche silenziosamente, anche senza pronunciare, se non in me stessa, il suo nome, ancora malamente affibbiato da tanti ad una memoria distorta. Un omaggio, per me, anche, a Nino che per primo mi/ci parlò di questa grande e "altra" Storia con la maiuscola. 

E un riconoscimento anche a chi ha lavorato e lavora perché oggi, a Corleone, anche i bambini delle elementari sappiano chi era Placido Rizzotto, ad esempio, come non era appena decenni fa, quando io ero al liceo, ripeto, e con ottimi professori che MAI ce ne parlarono.  

La memoria di certa importante storia, che oggi può apparirci (e non deve) come “scontata”, ripetitiva, noiosa, stancamente celebrativa, non c’è stata sempre. Si è fatta, alcuni hanno fatto, una meticolosa COSTRUZIONE DELLA MEMORIA, studiando la storia, ricercando in archivi, scrivendo libri, facendo incontri, proponendo dibattiti, ottenendo l’intitolazione di una strada… La memoria  si costruisce pezzo a pezzo solo perché qualcuno si adopera per farlo. E la presenza eventuale di Al Pacino, a mio giudizio, dovrebbe essere vista solo nell’ottica di “mondializzare” il più possibile questa nostra grande storia.

Maria Di Carlo

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