DANIELE SUSINI
Probabilmente, molti dei guasti che nel corso degli anni alcuni studiosi hanno evocato sugli effetti della cosiddetta Memoria nella nostra società stanno producendo i loro risultati.
Per questo, oggi più che mai, è necessario e urgente riflettere sull'attuale senso del Giorno della Memoria, su cosa voglia dire oggi, in questi tortuosi anni, ricordare la Shoah e tutti gli altri crimini compiuti dai nazisti e dai loro collaboratori, fascisti italiani per primi. Questa giornata non può e non deve essere solo retorica celebrazione, come spesso è accaduto in passato, ma impegno vivo e concreto, non solo per i caduti di ieri, ma anche per le potenziali vittime di domani. La forte sensazione – come ci ha messo in guardia Liliana Segre – è che ci sia una «gran voglia di girare pagina». Come scrisse, già negli anni Settanta, il grande scrittore e sopravvissuto Elie Wiesel, «l'olocausto non richiama più il mistero dell'anatema; non suscita più paura o tremore, nemmeno insulti o compassione», ma questo ha il costo enorme, quasi insostenibile, di sciupare una storia senza uguali.
Ungaretti
La condizione odierna fa venire in mente una riflessione di un altro grande scrittore, Giuseppe Ungaretti, in riferimento al suo amico d'infanzia Moammed Sceab, morto suicida agli inizi del secolo scorso. Il grande poeta così ha descritto il suo caro, a cui aveva dedicato postuma la lirica In Memoria : «Simbolo di una crisi delle società e degli individui che ancora perdura, derivata dall'incontro e scontro di civiltà diverse e dall'urto e conseguenti sconvolgimenti tra tradizioni politiche e il fatale evolversi storico dell'umanità».
La situazione sembra essere la stessa degli inizi del XX secolo: guerra, antiscientismo, scontro di civiltà, suprematismo, razzismo e antisemitismo e una generalizzata paura del futuro e dell'altro, sempre più spesso visto come un nemico. A questo si contrappongono tutte le novità portate dalla globalizzazione e dall'avanzamento della società, che stanno colpendo tradizioni millenarie della cultura occidentale. Il Giorno della Memoria, intersecandosi con questi filoni, è sicuramente un termometro di questa profonda crisi.
Molti punti di riferimento, politici e culturali, che per decenni hanno guidato gli uomini e le istituzioni stanno mutando, i grandi paradigmi europei e internazionali, come la Resistenza prima e la Shoah poi, non sono più saldi, anzi sono fortemente dibattuti. Il disorientamento della società contemporanea è tangibile, l'aleatorietà delle scelte politico-partitiche è lì a dimostrarlo, e questo sta riproponendo ideologie ormai date per passate, in Italia, in Europa e nel mondo. La guerra in Ucraina ma soprattutto il conflitto israelo-palestinese hanno ulteriormente contribuito a questo spaesamento generalizzato – anche se il tutto potrebbe essere relativamente più chiaro se consideriamo la matrice nazionalista e destrorsa delle quattro parti in causa – che ha pesanti riflessi sulla Memoria della Seconda guerra mondiale.
Il fattore Gaza
L'antisemitismo (non di meno l'islamofobia) è letteralmente dilagante: non vengono presi di mira esclusivamente Israele e i suoi cittadini, al di là dell'orientamento politico che esprimono, ma vengono colpiti anche gli ebrei della diaspora, sopravvissuti della Shoah compresi. Vertice di queste nuove (?) forme di antisemitismo è il dibattito su quello che accade a Gaza oggi, una discussione schizofrenica, che da un lato si è ingigantita, coinvolgendo sempre più persone e ambiti di discussione, dall'altro canto questo oceano di speculazioni alla fine arrivava a un unico argomento spartiacque: l'accusa di genocidio nei confronti dello stato israeliano. In questo campo si sono cimentati tutti, dai semplici cittadini agli storici più importanti, dai politici e attivisti di ogni colore, ognuno ribadendo la propria idea, che è, tranne rari casi, espressa in maniera preconcetta ideologicamente. Ogni forma di dialogo costruttivo è stata spazzata via, il confronto si è cristallizzato nella formula «O con me o contro di me» decretando la vittoria di settarismi più sfrenati.
Anche gli ultimi sopravvissuti della Shoah sono stati chiamati a entrare in quest'agone per esprimersi su Gaza: se quello che sta avvenendo in terra santa sia o meno un genocidio. Speriamo che si tratti dell'ultimo supplizio che siano chiamati a vivere dopo aver attraversato l'antro della bestia dell'olocausto: dalla critica di essere stati condotti al macello come pecore alle provocanti domande maliziose di come siano riusciti a sopravvivere, fino alle ancor sconsiderate accuse di aver provocato e ostentato il loro supplizio.
Il caso Segre
Liliana Segre, sopravvissuta di Auschwitz e senatrice a vita, probabilmente per il ruolo pubblico che riveste, non si è tirata indietro nell'esprimere il suo pensiero su quello che è avvenuto in Palestina e ha sostenuto con grande coraggio e onestà intellettuale che «a Gaza non ricorrono i caratteri tipici del genocidio, mentre sono evidenti crimini di guerra e contro l'umanità, commessi sia da Hamas e dalla Jihad sia dall'esercito israeliano». Su di lei sono piovute enormi critiche, molte delle quali hanno in qualche modo attaccato il suo essere testimone della Shoah, come se potesse essere cancellato, con toni sintetizzabili nella formula: «Siccome non riconosci questo genocidio, allora non sei degna dello status di sopravvissuto della Shoah». Una posizione di una gravità inaudita che preoccupa, un'offesa non solo a Liliana Segre, ma a tutti i "sommersi" della Shoah, perché sostiene che la sua condizione di vittima ha un valore solo se mantiene degli standard, e che qualcuno può arrogarsi il diritto di revocarla se questi non sono conformi alle aspettative. Situazione che sta anche peggiorando proprio a ridosso del Giorno della Memoria, probabilmente determinata del film a lei dedicato, la vede al centro di insensati attacchi nei suoi confronti. Una situazione inaccettabile dal punto di vista, democratico e antifascista, che altera ogni tipo di raziocinio mischiando categorie ed eventi che non hanno nulla a fare tra di essi; la Shoah e i sopravvissuti a essa sono e devono rimanere un patrimonio civile dell'intera nazione, proprio come ha voluto il nostro presidente Sergio Mattarella indicando la Segre come Senatrice a vita.
Tutto ciò avviene nei conforti di una persona che per decenni si è spesa in prima persona per la Memoria, per i diritti, contro ogni forma di razzismo, che ha sempre lavorato per la pace tra i popoli e le religioni.
Quello che sta avvenendo ha radici antiche, dalla strumentalizzazione politica che con gravità diverse tocca sia alla destra quanto alla sinistra a una società civile anestetizzata, incapace anche solo lontanamente di poter e\o volere capire cosa sia realmente stata la Shoah, di cui ne riproduce solo versioni kitsch, spettacolarizzate, retoriche e se vogliamo consolatori. Tutto ciò fa rimpiangere altri tempi, quando di quest'argomento ne parlavano poche persone ma con più rispetto e consapevolezza. Hollywood, l'iper produzione libraria, disorganizzati viaggi della Memoria e social media hanno fatto il resto.
Difficile trovare anche delle ricette per uscire da questa kafkiana situazione, forse l'unica cosa che serve, come dimostrano i sopravvissuti, è essere fedeli a sé stessi, a quella memoria, a quella storia e soprattutto a quei morti, che ci chiedono solamente di essere rispettati. I segnali che vengono da tutto il mondo sono pessimi, i disvalori sottintesi sono l'esatto contrario di ciò che è il Giorno della Memoria, l'Europa può essere un baluardo di quei contenuti oppure la prima vittima, il campo di battaglia, non metaforico, dove i nuovi -ismi del mondo possano trovare uno sfogo.
Domani.it, 26/12/2034
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