domenica, settembre 08, 2019

LETTERA A UNA PROFESSORESSA (E A UN PROFESSORE). Cara Prof, le dico solo "grazie"


di Alberto Melloni
Devono sventare il bullismo e insegnare la grammatica, vigilare sul razzismo e sulle equazioni, seguire la rivoluzione digitale e combattere la dipendenza da smartphone. Elogio degli insegnanti
Cara Professoressa, caro Professore, le scrivo dall’altra parte del fosso che separa scuola e università, dove ragazze e ragazzi approdano dopo aver superato l’esame di immaturità e aver alimentato in tv, nei giornali, nelle case, la produzione di riflessioni stucchevoli come film di quinta categoria: "Il Grande Lutto" dedicato all’Invalsi, "Lo Iato" sul divario nord sud, "De Amicis Reloaded" sull’immigrato promosso a pieni voti, "¡No Pasarán!" sulla diserzione dal tema di storia, "Più Scienza per Tutti" con riferimento al nostro presunto eccesso di letteratura, "Redde Rocci vel Mariotti" sull’importanza formativa delle lingue classiche, e l’immancabile "La Parola d’Ordine è Una Sola, Categorica e Impegnativa per Tutti: Bocciate! E Bocceremo! (ovazione)".

Anche per questo lei ha la mia ammirazione e la mia riconoscenza. Perché in ciò che sopporta c’è qualcosa di molto diverso dalla violenza messianica con la quale don Milani sbranò la più famosa delle sue colleghe: c’è una ammirazione fideistica e un disprezzo paternalista.
Da un lato infatti tutti si aspettano da lei l’onnipotenza onnisciente. Lei deve smontare il bullismo e insegnare la grammatica. Far capire la relatività e prevenire la violenza di genere. Trasmettere l’amore al sapere e la cultura della sostenibilità. Gestire i disturbi specifici dell’apprendimento ed essere attore della rivoluzione digitale. Vigilare sul razzismo e sulle equazioni di secondo grado. Iniziare all’arte e combattere l’analfabetismo religioso. Trasbordare gli immigrati da Lampedusa a Manzoni. Difficile? Non per lei, che ex opere operato, è psicologa, maieuta, poetessa, poliziotta. Dall’altro gli stessi, quando sospettano non sia onnipotente, le porgono il loro disprezzo. Perché è stata lei – non tenti di negarlo – che non ha insegnato l’antifascismo, l’autorità, il congiuntivo, le competenze digitali e dunque il razzismo, la cialtroneria, l’analfabetismo di ritorno e la dipendenza da smartphone sono colpa sua. E poi, se non avesse perso tempo a leggere, avrebbe potuto restaurare un po’ di autoritarismo, strappando di mano ai ragazzi i telefonini con la frusta di Indiana Jones, dopo un corso online disponibile sulla apposita piattaforma Edufuffa. E dunque, per queste colpe, lei si merita non solo uno stipendio modesto ma soprattutto il disprezzo sociale, il compatimento, l’omologazione ai tanti inetti che si mescolano agli eroi in aula insegnanti ed escono.
La ammiro e la ringrazio perché lei questo mix lo affronta con souplesse non solo quando arriva dai media, ma anche quando i genitori diventano aggressivi per autoassolversi. Quando lo Stato dice ad alcuni di voi che il vostro è un mestiere per il quale serve una selezione rigorosa oppure il titolo di precari. Quando le università le hanno venduto crediti in cambio di qualche improbabile passerella verso la cattedra. E soprattutto quando la violenza e il risentimento pompato dai sovranisti e dai populisti nelle vene di questo Paese diventano tensione fisica nella sua aula: e anziché aprire la finestra evocata dal personaggio Howard Beale del film Quinto Potere e dire «tutto questo non lo sopporterò più», apre la porta di un’aula ed entra.
Certo, lo saprà: di qua dal fosso della scuola, facciamo presto a parlar male di questi ragazzi che naufragano su test a prova di Tar o parlano come Soliti Idioti. Però, i meno peggio di noi, sanno i limiti della nostra università, antichi e nuovi; sanno che un sistema che educa non tira fuori da tutti e non a tutti aggiunge quello che dovrebbe; che è finanziata troppo dagli iscritti e troppo poco dagli evasori. Però i meno ottusi di noi sanno che poi alla fine tanti di questi ragazze e ragazzi che lei oggi ci consegna, quando avranno finito l’università, quando arrivano in paesi con sistemi scolastici più costosi e più iniqui del nostro, quando entrano in sistemi scientifici e industriali esteri e dove si fanno più concorsi che ricorsi – vincono. Il che vuol dire che "c’è del marcio", qui: ma c’è anche qualcosa di sano. E fra mille lacune, quella traiettoria esistenziale di cui lei ha fatto il grosso ha mille acciacchi ma c’è un qualcosa che non è poi così male: perché quando politiche lungimiranti – pensi la media unica alla quale non so lei, ma certo io, figlio di genitori di pochi mezzi economici, devo tutto – e la probità di persone come lei le hanno dato gli strumenti la scuola fa la cosa giusta. Dunque grazie. 
Alberto Melloni 
P.S. Lo so che il suo collega che le ha fatto vedere questo articolo non merita il grazie di nessuno, anzi non merita niente. Però in questo limbo di riunioni non ci dia peso: e sappia che il grazie era solo per lei.
– L’autore ha curato e introdotto il Meridiano Mondadori dedicato agli scritti di don Lorenzo Milani
La Repubblica, 8 settembre 2019

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