sabato, novembre 18, 2017

I misteri dell’isola di Mozia e del palazzo di giustizia di Trapani

Il romanzo “Lo strabismo di Venere” (scritto dall’avvocato torinese Paolo Chicco e pubblicato dalla casa editrice Fausto Lupetti Editore) è ambientato in Sicilia, nella provincia di Trapani, tra il Palazzo di Giustizia e la deliziosa isola di Mozia. Le atmosfere sono simili a quelle della fiction di Rai Uno “Maltese, il romanzo del commissario”, ambientata proprio a Trapani. Il libro (già presentato a Filicudi, Santo Stefano di Camastra e in altre zone della Sicilia) è stato presentato a Palermo venerdì scorso alla Libreria del Mare, dall’autore e dai giornalisti Emanuele Lauria e Gilda Sciortino.
Ma qual è la trama di questo avvincente romanzo giudiziario? Il protagonista è il giudice Antonio Voce, nuovo presidente, facente funzioni, della prima sezione penale del Tribunale di Trapani. Tuttavia, il suo incarico arriva proprio nel momento sbagliato. L'ispettore Rachele Dioguardi, scorta personale del giudice, è turbata da qualcosa che ha visto sull'isola di Mozia e che non ricorda nei dettagli. Le responsabili del Cerchio Rosa e il loro difensore, Katia D'Ali, paiono più interessate ad apparire in TV che non alla condanna dello stupratore seriale che ha terrorizzato la tranquilla cittadina siciliana.
L'avvocato Emanuele Adragna ha il difficile compito di difendere l'imputato delle violenze sessuali ma dovrà fare prima i conti con la sua coscienza e una perizia "particolare" sul corpo del reato. In un mosaico di personaggi pirandelliani, che ruota intorno al processo Lo Curto, si delineano i fragili legami umani, le paure e le insicurezze di una provincia siciliana tanto bella quanto misteriosa. Le azioni lasciano spazio ai pensieri, e i pensieri si sdoppiano e si moltiplicano come in un caleidoscopio emotivo, dove la luce della verità del caso giudiziario è il pretesto per scandagliare i lati oscuri dell'animo umano. Dalla strada sommersa di Birgi, fino alle mura di Tramontana, dalle case di sale che costeggiano la provinciale, fino all'eremo di Erice Vetta, ecco l'affresco delicato di una Sicilia inedita.
L’Autore appare molto affascinato dal personaggio di Rachele: “Ed eccola qui, alla fine del suo giorno di riposo, trascorso tra le rovine millenarie di Mozia, fantasticando su quattro pietre che le parlavano di origini che non le appartenevano, in attesa di riprendere il suo lavoro di autista e scorta del giudice Antonio Voce”.

Pietro Scaglione

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