sabato, novembre 11, 2017

Palermo. Il Borgo e le altre enclave dove si è asserragliata la mafia

GIOSUÈ CALACIURA
IL RACCONTO. Nella città che ha visto morire in strada Libero Grassi la ribellione dei diciotto commercianti del Borgo Vecchio assume il sapore amarissimo di un risarcimento, ma non bisogna fermarsi
I commercianti denunciano, gli estorsori vanno in galera. Ad altre latitudini solo una “breve” in cronaca, normale esito investigativo di un illecito disinnescato e punito. Una non-notizia. A Palermo, a Borgo Vecchio, è la notizia. Dirompente, attesa. Nella città che ha visto morire in strada Libero Grassi ha anche il sapore, amarissimo, di un risarcimento. Ancora troppo fragile. Ma quel “no” dell’imprenditore ucciso nel ‘91 ha lo stesso suono — quasi un’eco — di quello pronunciato dai 18 commercianti del Borgo. E ci dice qualcosa di più su “l’altra città”, i quartieri del centro storico e delle periferie che non hanno né stampa né epigoni, che hanno servizi al minimo e marginalità massima.

Ci dice, soprattutto, che sono servite dosi di coraggio esponenziali per mettere all’angolo i carnefici di sempre, parassiti di una mafia che ormai non può promettere alcun ritorno, né garanzie d’ordine, né occasioni di lavoro. Rampolli delle dinastie di Cosa Nostra orfani di territorio e di protezione — adesso anche di omertà — costretti a giocarsi il tutto per tutto nella vigliaccheria antica del ricatto e della paura. Consapevoli che il tempo dei loro padri è trascorso, predano quel che resta di una economia collassata e di soli spiccioli, evanescenti per mancanza di futuro e perdita di senso, più feroci, pericolosi e senza scrupoli perché non c’è domani. Salvo riprendere una boccata di vita negli ammiccamenti elettorali, nelle strizzatine d’occhio dei candidati che mai pronunciano in comizio la parola mafia, nelle liste disegnate da leader interdetti dai pubblici uffici e ancora una volta indagati. Ma sono solo refoli di ossigeno in un’isola che ha sempre meno spazio e denari per intermediari mafiosi. Gli affari si fanno altrove.
Ci vuole più coraggio al Borgo Vecchio. Più coraggio all’Albergheria, all’Olivuzza, a Bonagia, in via Oreto, allo Zen, a Borgo Nuovo, al Cep, nei mandamenti privi di appeal turistico-culturale, lontano dagli “itinerari” della Capitale della Cultura, dalla coltivazione estensiva dei pub. Una mappa sacrificale della Palermo che Salvo Licata chiamava la “città nera” da sempre vuota di Istituzioni e giustizia, di solidarietà cittadina — se non per un volontariato santo e silenzioso che non fa cassetta — e raccolta dell’immondizia. La città degli abbandoni scolastici. La città affidata a se stessa che può contare solo sulla forza della sua pazienza, della solitudine e dell’autarchia, abituata a sopravvivere, a stimpuniare.
È in questa città vuota di Stato che Cosa Nostra si è fatta Stato, riempiendo i vuoti colpevoli di quanti avrebbero dovuto esserci, se non per etica, per ufficio. La città separata dalla “città bianca” da muri di cemento e apartheid culturale. Ci vuole più coraggio a pronunciare un “no” che è pesante, definitivo, perché urlato senza appigli, circondato da ostilità. Un “no” che è anche il rifiuto tout court di una condizione economica e civica subalterna. Un “no” che si trascina dietro altri no, all’emarginazione, alla dimenticanza, all’esclusione dai diritti, a una politica disattenta, agli egoismi di una città con baricentro nel privilegio.
È in questi quartieri dell’oblio istituzionale che Cosa Nostra, quel che resta, è asserragliata. Non per pressioni esterne. È tra i disperati senza garanzie e senza solidarietà che la mafia disarticolata, decadente nella sua “offerta culturale”, priva di promesse e fascino, prova la sua ultima resistenza. È esemplare che a dire “no” siano commercianti del Borgo, enclave lumpen e rischiosa nel cuore della city dove non è dato conoscere quanti rifiutano il “pizzo”, quanti si siano schierati contro l’illegalità. Questi “no” a Borgo Vecchio, peculiare quartiere diverso, confine confuso tra “città nera” e “città bianca”, certificano che la mafia non più sistema, ma vigliacca e violenta, vive la stagione della sua attesa agonia proprio dove immaginava di essere più inattaccabile e protetta, nutrendosi di disagio, di vite estreme da comprare con poco. Ci vuole più coraggio al Borgo Vecchio.

La Repubblica Palermo, 11 nov 2017

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