giovedì, novembre 09, 2017

Giuseppe Di Vittorio e Bernardino Verro: una vita al fianco dei lavoratori e dei poveri

Bernardino Verro
PIETRO SCAGLIONE
Giuseppe Di Vittorio e Bernardino Verro (due miti della sinistra e del sindacato) furono accomunati da tantissimi aspetti: le loro lotte al fianco dei lavoratori, il loro amore verso i poveri, le loro origini meridionali (il primo pugliese, il secondo siciliano), il loro sindacalismo "rivoluzionario", la loro militanza di sinistra (entrambi di formazione socialista, Di Vittorio poi aderì al P.C.I. - Partito Comunista Italiano - sin dalla fondazione nel congresso di Livorno); per ultimo, anche il giorno della loro morte. Verro, infatti, fu assassinato a Corleone il 3 novembre del 1915, mentre Di Vittorio (indimenticabile leader della CGIL - Confederazione Generale Italiana del Lavoro) scomparve, per cause naturali, il 3 novembre del 1957. Il ruolo prezioso nel sindacato e nella politica italiana di Giuseppe Di Vittorio non fu mai dimenticato. Pertanto rimandiamo ad altre sedi l'approfondimento del padre nobile della Cgil. In questo articolo ci soffermiamo su Bernardino Verro, un martire della sinistra e del sindacato, non sempre adeguatamente ricordato dall'opinione pubblica. 

Bernardino Verro fu l'animatore dei Fasci siciliani e il primo sindaco socialista di Corleone. L’animo ribelle e anticonformista emerse sin dal lontano 1892, quando fu licenziato per motivi politici dall’Amministrazione comunale, perché aveva definito “usurpatori e sfruttatori del popolo” i politici locali. Dopo essere stato uno dei leader dei Fasci Siciliani e dopo avere affrontato una lunga detenzione e i rigori del Tribunale militare ai tempi di Crispi, Bernardino Verro fuggì all’estero, per sottrarsi alle persecuzioni subite in età giolittiana, “reo” di avere promosso imponenti scioperi dei contadini. Dopo l’esilio in Tunisia e in Francia, Verro fondò la Casa del Popolo di Corleone e l’Unione agricola cooperativa, applicando il principio dell’affittanza collettiva. Il consenso popolare e l’entusiasmo delle masse lo salvarono, temporaneamente, dalla condanna a morte decretata dai mafiosi e dai latifondisti sin dai primi del Novecento. 
In politica, promosse una proficua alleanza tra socialisti e cattolici, in opposizione al blocco di potere conservatore appoggiato dai proprietari terrieri. Con una decisione audace, Verro puntò sui comuni interessi di classe della base sociale dei cattolici e dei socialisti. Inizialmente, l’operazione ebbe enorme successo, come testimoniato dalle elezioni amministrative del 1907. In seguito, purtroppo, forze oscure e reazionarie divisero il movimento cattolico, isolarono i socialisti e iniziarono una sistematica campagna di denigrazione dell’eroico Bernardino Verro, una campagna avallata dal prefetto e da altre autorità dell’epoca, complici dei latifondisti. 
L’ingiustizia subita non scalfì la tenacia e l’impegno del sindacalista, che si candidò alle elezioni del 1914. La campagna elettorale fu accompagnata da un notevole consenso popolare ed uno dei comizi conclusivi fu tenuto dalla celebre dirigente socialista russa Anna Balabanoff. Per Verro fu un trionfo annunciato: divenne sindaco di Corleone con oltre il 70% delle preferenze e la lista del Partito Socialista conquistò 26 seggi su 32, sbaragliando tutte le altre forze politiche. 
Secondo lo scrittore Dino Paternostro, storico segretario della Camera del Lavoro di Corleone e ora dirigente della Cgil Palermo, “con l’elezione di Verro, per la prima volta la mafia e gli agrari subirono lo smacco di essere estromessi dal potere municipale. Avevano fallito l’attentato del 1910, ma stavolta capirono che non potevano più sbagliare. Anche perché temevano che potesse avvalersi della sua nuova carica per combattere ancora più efficacemente la loro organizzazione”. Pertanto, il trionfo elettorale fu anche il canto del cigno! Infatti, il 3 novembre del 1915, Bernardino Verro fu assassinato da due killer mentre stava tornando a casa, dopo un’intensa giornata trascorsa in Municipio.
L’assassinio di Bernardino Verro destò una fortissima emozione non soltanto in Sicilia, ma anche nel resto d’Italia. Migliaia di lavoratori resero omaggio alla salma esposta nel Municipio di Corleone e accompagnarono il feretro - avvolto dalle bandiere rosse - nelle strade del paese. 
Investigatori e magistrati furono attivissimi nelle prime inchieste. La polizia arrestò 13 persone, appartenenti al clan dei Fratuzzi di Corleone. L’istruttoria della magistratura inchiodò le responsabilità della mafia al servizio dei latifondisti. Tuttavia, il lavoro degli inquirenti siciliani fu vanificato dal Regio procuratore dell’epoca, che parlò di “via non conducente alla verità” e di accuse “contrarie alla giustizia”.   

Gli imputati furono assolti e l’impunità caratterizzò anche l’assassinio di Bernardino Verro, un simbolo del socialismo meridionale e della Sicilia migliore.

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