domenica, maggio 12, 2013

Liquidato Miceli, morto Andreotti: adesso Maletti è l’ultimo samurai


Il generale Gianadelio Maletti
A distanza di 17 anni dalla sentenza definitiva di condanna, pronunciata dalla Corte di Cassazione, l’ordine di esecuzione della pena è stata notificato a Gianadelio Maletti. L’ex super-agente, Maletti, deve scontare quattordici anni per spionaggio. Fu lui a passare a Mino Pecorelli, direttore di OP, il dossier denominato Mi.Fo.Biali dedicato agli intrallazzi dei servizi deviati con libici e petrolieri. Gli agenti della Squadra Mobile di Roma non hanno trovato in  casa, a Roma, la celebre spia italiana. Ma non si aspettavano affatto di trovarlo, perché Maletti risiede in Sudafrica da 23 anni.
La notifica è avvenuta il giorno dopo la morte di Giulio Andreotti. “Maletti mi ha sempre detto che finché fosse rimasto in vita Andreotti in Italia non l’avrebbero voluto”, ha commentato a caldo l’avvocato difensore dell’ex agente segreto, Michele Gentiloni Silveri.


Al governo italiano non resta che chiedere l’estradizione. Non è stata mai fatta, né promossa. Maletti oggi è cittadino sudafricano, quasi impossibile ottenere l’estradizione. Nonostante il reato sia stato commesso in Italia.

La notizia è stata ignorata, con qualche eccezione. Ed è sorprendente. L’ex agente segreto è l’ultimo testimone vivente, anzi la memoria storica, della stagione golpista.

Fuggì in Sud Africa nel 1980 per evitare il carcere.  Il Sid fu per molti anni il covo di eversori e intrighi e trame tuttora segrete. In particolare il generale Vito Miceli, siciliano di Salemi, e il suo successore, Maletti, furono i protagonisti più noti di questa fase tormentata della storia italiana. Miceli godeva della stima di Aldo Moro, Maletti era vicino a Giulio Andreotti.

Miceli stava al vertice, Maletti dirigeva il più importante settore operativo, il Reparto D. Entrambi iscritti alla Loggia massonica P2 – il primo vi entrò nel 1969, il secondo nel 1974 – combatterono fra loro una cruenta faida alla testa delle due fazioni più potenti del Sid.

Le cause della faida? Rivalità personali, riferimenti politici e collegamenti internazionali contrapposti, connivenza con forze eversive.

La posta in gioco era l’evoluzione del corso politico per influenzarlo. Miceli avrebbe considerato la necessità di svolte autoritarie ed era filo-arabo, era filo-americano e filo-libico; Maletti era collegato con i servizi segreti israeliani, tedeschi e americani. Impossibile una linea di demarcazione, Miceli era stimato negli Usa, nonostante la posizione filo-araba, Maletti frequentava gli israeliani e era vicino al filoarabo Andreotti. I capi corrente della DC utilizzano le faide interne per le loro battaglie interne offrendo, in cambio, una copertura politica.

Con la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda e del bipolarismo Usa-Urss, saltarono i vecchi, pur instabili, equilibri nei servizi e, di conseguenza, negli stessi ambienti istituzionali. Molti segreti finirono nelle redazioni dei giornali.

Nell’estate 1990 non potè essere più negata l’esistenza di Gladio, l’esercito “fantasma” che sarebbe dovuto entrare in azione nel caso in cui i comunisti avessero vinto le elezioni o, comunque, si fossero impadroniti del potere. Francesco Cossiga, che di Gladio era il fautore e protettore, andò su tutte le furie dopo avere osservato al Quirinale un religioso silenzio per larga parte del settennato.

Il 2 agosto del 1990, Andreotti promise che entro due mesi avrebbe raccontato tutto su Gladio  in Parlamento. Il 9 ottobre uscì fuori una versione del memoriale di Aldo Moro, il 20 ottobre Andreotti consegnò  una prima versione del Rapporto dedicato al “Sid parallelo – Operazione Gladio”; il 23 ottobre il rapporto fu rimaneggiato  anche nel titolo: “Operazione Gladio”.

Giulio Andretti divenne il bersaglio, nei giornali, di attacchi istituzionali, cui pare che Cossiga non fosse estraneo, ma non reagì. Sarebbe stato accusato negli anni successivi di avere dato una mano a Cosa nostra  e di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, amico di Maletti, ucciso in un agguato a Roma il 20 marzo 1979.

Da Johannesburg, Maletti aveva cominciato ad anticipare alcune rivelazioni scottanti: la strage di Piazza Fontana sarebbe nata nel cuore della Cia (Nixon ne avrebbe avuto notizia) al fine di provocare allarme sociale in Italia, disordini e timori tali da giustificare una svolta autoritaria nel Paese. Si susseguirono rivelazioni e annunci di prossime rivelazioni. Secondo Maletti, Giulio Andreotti sapeva che i neofascisti del Gruppo Ordine Nuovo, su mandato straniero, erano gli autori materiali  della bomba di Piazza Fontana.

Vito Miceli, uscito dal cono d’ombra del Sid, aveva fatto una “normale” carriera parlamentare nelle fila del Msi. Se n’era stato zitto fino ad allora. Di colpo decise che la sua lealtà alla nazione non avesse più alcun senso dopo gli endorsment di Francesco Cossiga, Giulio Andreotti ed altri, e annunciò che avrebbe raccontato tutto Commissione stragi, dopo avere anticipato l’intenzione al giudice veneziano Casson. Era il mese di novembre 1990.

Qualcuno, a quel punto, suggerì al Generale Miceli, che era cardiopatico, di sottoporsi ad un intervento chirurgico alla prostata. Intervento di routine, gli disse il medico personale, di cui si sarebbero perse le tracce dopo il ricovero, per persuaderlo e rassicurarlo. Vito Micelì superò l’intervento, ma nelle ore successive fu stroncato da un infarto. E non potè mantenere la promessa di raccontare tutto. Con grande sollievo di molti.

E’ rimasto solo Gianadelio Maletti, 92 anni, cittadino del Sud Africa, l’ultimo depositario delle verità inconoscibili, dopo la morte di Giulio Andreotti.

SiciliaInformazioni, 11 maggio 2013

Nessun commento: