domenica, giugno 13, 2010

LO CHEF CONSIGLIA. Gli insulti della destra e il buon galateo di Bersani e D’Alema

di Saverio Lodato e Andrea Camilleri
Camilleri, «gli insegnanti sono eroi moderni e il ministro Gelmini gli rompe i coglioni». Parola di Pier Luigi Bersani. Sallusti, del Giornale, «vada a farsi fottere! È un bugiardo e un mascalzone». Parola di Massimo D’Alema. Cose mai sentite. L’opposizione ha da essere educata, deve sapere stare a tavola, non adoperare lo stuzzicadenti, non mettersi le dita nel naso, coprirsi la bocca se sbadiglia, come si conviene a persone civili. E rispettare il precetto di Monsignor Giovanni Della Casa: «non sono da fare in presenza degli uomini le cose laide o fetide o schife o stomachevoli, ma il nominarle anco si disdice». E il coro della grande stampa, che al galateo ci tiene, ha bollato le parole di Bersani e D’Alema. Per Bossi il “celodurismo” fu il credo della Lega. Scajola definì un “rompicoglioni” Marco Biagi. Calderoli, alla notizia che i musulmani volevano costruire una moschea, minacciò di far passeggiare il suo maiale nell’area prescelta. Per Brunetta la sinistra dovrebbe andare “ a morì ammazzata” e per Berlusconi gli elettori di sinistra “sono coglioni”. Che scrissero, allora, le grandi firme? Niente. Ridacchiavano.

Anch’io ho notato la pudica reazione dei politici del Pdl e di parte della stampa alla, una volta tanto, colorita espressione di Bersani nei riguardi della Gelmini. Berlusconi, con la profonda cultura che lo contraddistingue, pare che abbia detto ai suoi intimi che persino Socrate non chiamava “rompicoglioni” sua moglie Santippe, ma la definiva educatamente “un pochino noiosa”. Ma sembra che si siano anche risentite alcune rappresentanti del gentil sesso nel Pd perché una donna, come si sa, non va colpita nemmeno con un fiore e men che mai con una parolaccia. Mi pare, quest’ultima, nella migliore delle ipotesi, una presa di posizione d’altri tempi. Il linguaggio femminile, via via che la donna acquista totale autonomia e guadagna la par condicio con l’uomo, va anch’esso mutando e di molto. Posso testimoniare di conoscere donne, simpatizzanti per i due schieramenti politici, che adoperano un “parlari spartano”, come si dice dalle mie parti quando si usano frasi e parole rudi. Lasciamo perciò posizioni simili a chi d’ipocrisia è costretto, giorno dopo giorno, a vivere. Vede, caro Lodato, tanto più un individuo è dentro di sé profondamente corrotto, cinico, dedito al compromesso e alla menzogna, tanto più desidera apparire all’esterno uomo rispettabile, di parola, educato, attento alla forma e alle buone maniere. Sono quelli che vennero definiti splendidamente “sepolcri imbiancati”. Ma anche sapendo tutto questo, fa senso lo stesso vederli insorgere, in funzione di vestali della sacra fiamma di Arcore, sdegnati contro i maleducati della sinistra che adoperano un linguaggio scurrile, una volta si diceva da caserma. Lei, stupito, si chiede come mai allora questi signori abbiano dimenticato d’avere usato anche loro, e con maggiore frequenza, questo linguaggio. Devo citare ancora il Vangelo e ricordarle che c’è chi vede la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non scorge la trave nel proprio? E poi, se vogliamo entrare nel merito, lei sa benissimo che l’intenzione e l’intonazione con le quali viene detta una certa parola ne fa variare di molto il senso. Prendiamo ad esempio il “rompicoglioni” di Scajola e quello di Bersani. Il primo era, per dirla con Metastasio, “voce dal sen fuggita / che trattener non vale”. Il secondo invece definiva con esattezza il compito principale della ministra e quindi non voleva costituire offesa. Così, quando Berlusconi ci chiama coglioni non c’è da offendersi, perché dice la verità. Infatti, dopo tanti anni, continuiamo a tenercelo sul groppone. E il primo a meravigliarsene è lui stesso. Anche per questo, l’irritazione di D’Alema la capisco perfettamente.
L'Unità, 13 giugno 2010

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