martedì, giugno 29, 2010

Per Cuffaro, i pm di Palermo hanno chiesto la condanna a dieci anni di carcere

I pubblici ministeri hanno deciso di non chiedere le attenuanti generiche. "I fatti di cui lo accusiamo - dicono i magistrati - sono veramente gravi". Cuffaro è accusato di concorso in associazione mafiosa
I pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene hanno chiesto la condanna a dieci anni di reclusione per l'ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, senatore dell'Udc. L'ex governatore è accusato di concorso in associazione mafiosa nel processo che si svolge con il rito abbreviato davanti al gup di Palermo, Vittorio Anania. La pena richiesta tiene conto della riduzione di un terzo previsto dal rito abbreviato. I pm hanno deciso di non chiedere le attenuanti generiche per il senatore Udc "perché - dicono - i fatti di cui lo accusiamo sono veramente gravi anche per il suo ruolo di governatore regionale: per questa sua veste poteva partecipare in alcuni casi al Consiglio dei ministri". "Abbiamo dimostrato - hanno detto - che il sistema di controinformazioni messo in piedi da Salvatore Cuffaro assieme ad Antonio Borzacchelli, Giorgio Riolo, Giuseppe Ciuro era puntato a scoprire indagini sui rapporti tra la mafia ed esponenti politici o a lui collegati. E' proprio la natura delle informazioni che ci fa capire la portata di questo sistema e di come si possa configurare l'accusa di concorso in associazione mafiosa". Le testimonianze di pentiti e di soggetti vicini all'imputato hanno dato, secondo i pm, ulteriore conferma alle accuse. "Fin dal 1991 i contatti con Angelo Siino - ha detto Del Bene - dimostrano l'esistenza del patto politico-mafioso stretto da Cuffaro con esponenti di Cosa nostra".
La replica. "La mia fiducia nelle istituzioni e nella giustizia mi impongono il rispetto per il ruolo dei pubblici ministeri", ha detto Cuffaro al termine della requisitoria dei pm. "E' chiaro - ha aggiunto - che non condividiamo le loro conclusioni e che, insieme ai miei avvocati, porteremo il nostro contributo per fare emergere la verità".
(La Repubblica, 28 giugno 2010)

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