giovedì, aprile 14, 2022

Addio a Letizia Battaglia, la fotoreporter che ha raccontato Palermo durante la guerra di mafia

Letizia Battaglia

Aveva 87 anni. Insignita di numerosi premi, la grande fotografa si è interessata anche di temi sociali e ha collaborato con le più importanti agenzie giornalistiche mondiali

Antonio Bonanata

Letizia Battaglia era nata a Palermo il 5 marzo 1935. È morta in tarda serata, all'età di 87 anni, la fotogiornalista palermitana Letizia Battaglia. I suoi scatti hanno raccontato, e continueranno a farlo in futuro, la lotta alla mafia, tema su cui era profondamente impegnata.

A 27 anni, ricorda un blog di fotografia, conobbe casualmente il poeta Ezra Pound, un incontro fugace che l'avvicinò alla sua poesia e che divenne per lei grande fonte di ispirazione per tutta la vita. Iniziò infatti la sua attività professionale al quotidiano L’Ora di Palermo nel 1969. Si trasferì poi a Milano, dove raccontò gli anni di piombo, tornando infine in Sicilia nel 1974: qui creò con Franco Zecchin l'agenzia “Informazione fotografica”. Nel volgere di pochi anni, a fianco di altri grandi testimoni del suo tempo, tra i quali Josef Koudelka e Ferdinando Scianna, si ritagliò un ruolo come testimone fedele e accurata di realtà (quelle del clientelismo, del degrado, della violenza) che per lei, siciliana di razza, erano pane quotidiano.

In quel periodo ritrasse i delitti di mafia a Palermo, documentandoli con il suo obiettivo per rendere partecipe l'opinione pubblica e contribuire a creare al tempo stesso una coscienza civile. Raccontò il potere del clan dei Corleonesi, gli incontri all'hotel Zagarella dei cugini Salvo e di Giulio Andreotti: le sue foto divennero atti nel processo di mafia subito dal leader Dc.

Fotografò anche numerosi “omicidi eccellenti”, arrivando per prima sulla scena del delitto di Piersanti Mattarella, ucciso dalla mafia il 6 gennaio 1980, immortalando in quello che si definisce uno “scatto rubato” il fratello Sergio che lo stava soccorrendo. Ma ritrasse anche gli omicidi del giudice Cesare Terranova e di altri uomini delle istituzioni, durante la guerra tra mafia e Stato che insanguinò il capoluogo siciliano per tutti gli anni Ottanta.

Il suo impegno di fotografa, dentro e fuori il giornale, è continuo fino al 1992, l'anno degli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ormai stanca di violenza, Letizia Battaglia rivolge i suoi interessi altrove, occupandosi di divulgazione e sostenendo e collaborando con diverse agenzie e laboratori. Nel 2017 contribuisce a formare il “Centro Internazionale di Fotografia di Palermo”, un archivio storico che raccoglie gli scatti di oltre 150 fotografi, professionisti ed amatori, che desiderano mostrare al pubblico, nazionale ed internazionale, la loro visione della città, affinchè queste testimonianze possano essere preservate in futuro. Ha allevato generazioni di fotografi come la figlia Shobha, Mike Palazzotto e Salvo Fundarotto.

Ma Letizia Battaglia non è stata solo “la fotografa della mafia”. I suoi scatti vennero ben presto riconosciuti fuori della Sicilia: nel 1980, la sua “bambina con il pallone”, nel quartiere palermitano della Cala, fa il giro del mondo. Tanto che nel 1985 fu la prima donna europea a ricevere, ex aequo con l'americana Donna Ferrato, il Premio Eugene Smith, a New York, tributo internazionale istituito per ricordare l’omonimo fotografo di Life. Nel 1999 ha ricevuto anche il premio Mother Johnson Achievement for Life.

“Palermo - ha detto il sindaco Leoluca Orlando, per cui la fotografa è stata assessore in una delle sue giunte - perde una donna straordinaria, un punto di riferimento. Letizia Battaglia era un simbolo internazionalmente riconosciuto nel mondo dell'arte, una bandiera nel cammino di liberazione della città di Palermo dal governo della mafia”. Dopo un'assenza di circa due anni, in cui era andata a vivere a Parigi, era ritornata stabilmente nel capoluogo siciliano nel 2005.

Soleva dire: “Palermo è un po' magica, un poco caduta, un poco solenne, è vita e morte”. Ora che lei non c’è più, sicuramente Palermo è anche un po’ triste.

Ansa, 14/4/2022

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