ENZO CICONTE*
Il problema di ogni campagna elettorale è trovare candidati credibili e rappresentativi. In Calabria, dove si voterà tra poco, lo è ancora di più. Qui, chiunque si candidi, deve avere la forza di rifiutare i voti della ‘ndrangheta. In Calabria c’è però la questione delle classi dirigenti la cui qualità si è abbassata negli ultimi anni, complice anche il fatto che i partiti tradizionali sono evaporati e chi ha cavalcato l’antipolitica ha visto deludere le aspettative.
La parte che a me preme di più, la sinistra, appare senza una prospettiva di futuro, divisa, lacerata, incerta, balbettante. È come se fosse senza fiato, un’automobile senza carburante. Bisogna invertire la rotta, riunificando forze disperse e partendo dal fatto che la Calabria si porta dietro un giudizio pessimo che la perseguita. La storia ci consegna giudizi ambivalenti: a volte postivi, più spesso negativi. La questione vera è lo scarso peso politico, il vero e proprio deficit di rappresentatività. Conta poco o niente a livello nazionale, e non da oggi.
Ci sono luoghi comuni che si sono conficcati nella testa persino di importanti personaggi. “Lei è un galantuomo, suo suocero me l’aveva detto. È un calabrese, ma un galantuomo”. Così l’avvocato Gianni Agnelli si rivolse ad Eugenio Scalfari il quale replicò ironicamente: “non so se è un complimento, detto in questo modo”. Gli aspetti positivi di solito vengono oscurati, ad esempio l’accoglienza quando sbarcano i migranti. E ciò mostra come Riace non fosse l’isolata follia di Lucano, ma l’espressione di una cultura antica, primordiale, ancestrale dai tempi dell’accoglienza dei greci e della nascita della Magna Grecia.
La Calabria è imprigionata da gabbie che bisogna rompere. La prima: l’idea che tutto è ‘ndrangheta. È un discorso disperato e disperante che non tiene conto delle indagini della magistratura da metà degli anni novanta in poi. La seconda: niente è ‘ndrangheta. La Calabria è solo mare, bellezze naturali, sole e peperoncino. La terza: c’è una Calabria del lamento. Un lamento continuo, un sordo rumore che accompagna la vita di tutti i giorni. Il rumore dell’impotenza, della subalternità. La quarta: la politica che è stata subalterna ai potentati economici o alla magistratura accettandone acriticamente ogni provvedimento. La quinta: la logica del commissariamento. È commissariato tutto, dalla sanità ai partiti.
Le vicende della Calabria le si capiscono meglio se le si inquadrano in quell’abbandono delle regioni meridionali negli ultimi decenni di cui ha parlato Isaia Sales e che tanto male hanno fatto all’Italia intera.
Per ribaltare il giudizio negativo bisogna superare la “psicologia degli assediati” come dice Vito Teti. Ai detrattori non si risponde con le bellezze dei panorami ma ricordando quanto i calabresi hanno saputo fare in alcuni momenti storici, perché non sempre siamo stati apatici, subalterni o complici. Abbiamo saputo combattere e ribellarci. La storia della Calabria, anche quella recente, è fatta di tante lotte che sono state dimenticate assieme a chi si è battuto per avere una Calabria migliore.
Si risponde agli attacchi alla Calabria raccontando la realtà nuova che c’è, molto più vasta di quanto si creda, e che viene marginalizzata. Solo pochi esempi, tra i tanti: tre università di alto livello; alcuni reparti ospedalieri d’eccellenza; tre case editrici, ad una sono particolarmente affezionato; prodotti calabresi diffusi in tutta Italia. C’è una biblioteca d’eccellenza, un unicum in Italia: la Biblioteca calabrese di Soriano Calabro che raccoglie solo libri e stampe antiche sulla regione.
E non bisogna dimenticare i tanti calabresi che popolano tutte le regioni italiane e tutti i continenti. In questi luoghi hanno trovato lavoro e la possibilità di mostrare il loro valore. Anche questa è Calabria, perché la Calabria non ha confini, è distribuita in tutto il mondo.
Non tutto è uno sfascio. Ci sono prospettive per il futuro. Si pensi solo ai soldi europei che sono in arrivo. Come si spenderanno? C’è una sanità da riformare, e non lo può fare un commissario e con una montagna di debiti.
La Calabria può avere un futuro con le nuove tecnologie, con un’agricoltura sostenibile, energie rinnovabili, uso delle moderne tecnologie, recupero delle zone interne rammendando colline, montagne e centri storici. La Calabria è una regione dove puoi goderti l’alba a Soverato, sullo Jonio, pranzare in montagna a Serra San Bruno e dare un’occhiata alla Certosa, e innamorarti con il tramonto sul Tirreno a Tropea con lo Stromboli che tocchi con un dito per poi cenare lì. Ma è solo un esempio.
Credo che in Calabria ci sia una domanda di politica, di una politica nuova, rinnovata (che molti, di cui nessuno parla, fanno nei comuni), che sia capace di farsi carico delle aspettative, delle delusioni, della rabbia, dei sogni, che abbia un’anima, un’idea, un progetto di futuro per una terra che merita molto altro. C’è un esercito di riserva rappresentato da ragazze e ragazzi con il magone, che vorrebbero restare, ma sanno che devono partire. Questo esercito è acquartierato nelle caserme. Dobbiamo farlo uscire e mandarlo al fronte a combattere una battaglia di rinnovamento e di cambiamento. Una battaglia anche per pretendere dal Governo quello che spetta alla Calabria, niente di più, niente di meno.
*storico
Domani, 23 gennaio 2021
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