domenica, giugno 21, 2020

La storia. Perde la borsa a Palermo, la ritrova un liutaio. "Ho restituito pc, tablet e orologio pensando alla disperazione altrui"

Francesco Cimino nella sua bottega di liutaio

CARMELO LOPAPA
C’erano dispositivi elettronici per tremila euro: " Ma chiunque lo avrebbe fatto"
Una grande borsa riversa per terra in un angolo di piazza San Francesco D’Assisi. La Basilica romanica è a pochi metri ma non fa ombra, sotto il sole delle 13 che picchia già a giugno. Deserto, nessuno intorno, la Focacceria non ha ancora riaperto dopo l’emergenza Covid. Francesco ha appena chiuso la sua bottega da falegname nel cuore della Vucciria, a poche centinaia di metri da lì, in vicolo La Loggia 11, sta tornando a casa dalla moglie in Piazza Rivoluzione, attraverso il dedalo di vicoli del centro storico. È ora di pranzo.
Si avvicina a quel borsone blu, lo prende, è pesante, lo apre, con un pizzico di apprensione. Dentro trova di tutto. Un pc portatile di ultima generazione, sembra nuovo. Poi un tablet, un orologio satellitare da corsa, un lettore Mp3 con le cuffie. E ancora un dispositivo per il wifi con sim inserita e codice in evidenza pronto uso, un power bank per caricare i cellulari, vari caricabatterie. A occhio, due, forse tremila euro di dispositivi elettronici.
Francesco Cimino, si chiama così, non ci pensa due volte. Avvisa la moglie che tarda di poco. Allunga per altri 500 metri e raggiunge il commissariato di polizia in via Roma. «Ho trovato questa borsa, ci sono delle cose dentro » , dice ai poliziotti. Lo guardano un po’ strano. Barba incolta, due orecchini, vogliono sapere il dove, il come, il quando. Si deve buttare giù un verbale e l’artefice del ritrovamento lo deve firmare. Francesco fornisce tutti i suoi dati, firma, finalmente può tornare a pranzo. Ché è quasi ora di tornare ad aprire la bottega per il pomeriggio.
Lo sbadato proprietario, dopo la denuncia per smarrimento, verrà contattato, gli verrà riconsegnato tutto. Un turista, a Palermo per una settimana, aveva perso la borsa mentre trasportava i bagagli verso la casa in affitto nel centro storico. Ai poliziotti chiederà il numero di cellulare di chi ha ritrovato e riconsegnato tutto. Deve conoscerlo, capire chi è, che faccia abbia.
« Ho fatto quel che chiunque al posto mio avrebbe fatto. Qualsiasi persona normale, non dico per bene, ma normale. Ho subito pensato alla disperazione di chi aveva perso tutto quel materiale. Era chiaro che fossero strumenti di lavoro, non ho pensato un solo istante di tenerli per me, che senso avrebbe avuto? » , dice. Il laboratorio è avvolto in una nuvola di polvere da legno. Tutto intorno assi grezze, seghe, un grande tavolo da lavoro. Francesco, classe ’72, guanti neri, jeans e maglietta ne è il titolare e lavoratore unico. La bottega è quasi nascosta, nessuna insegna, una vecchia vetrata la distingue appena da tutte le saracinesche abbassate di un vicolo La Loggia che sembra senza vita. Eppure è il budello che porta dalla Vucciria alla parte bassa di corso Vittorio Emanuele.
Questa è la storia di luoghi comuni infranti. Di retaggi obsoleti di una Sicilia furba e accattona che esistono solo nella mente di chi non ne conosca la storia e la civililtà. Di chi a Palermo non ha messo mai piede. Storie di pregiudizi che crollano sull’uscio della bottega assai modesta ma di grande dignità di un artigiano dal volto sorridente e dal cuore pulito. « Non mi piace la definizione di palermitano onesto, qualunque palermitano avrebbe fatto la stessa cosa».
Il fatto è che Francesco, oltre al suo cuore, ha una storia straordinaria alle spalle. Vent’anni da bassista in vari gruppi, la musica nel sangue. Figlio della borghesia bene, papà bancario. E una manualità fuori dal comune, fin da bambino. Trasformata poi in lavoro, abbandonando altre velleità. Legno, falegnameria. Ma, come ama dire, anche "liuteria". Alle pareti chitarre, liuti, mandolini, che Francesco restaura o costruisce ex novo. «La musica mi è rimasta dentro, è la mia passione. E quando costruisco strumenti è come se i miei talenti si incontrassero. Gli oggetti in legno prendono anima con il suono che essi stessi producono. È il matrimonio perfetto».
E passione lo è a tal punto da trasformare il falegname della Vucciria in pendolare. Tra Palermo e Avignone, dove la sorella è autrice di sceneggiature per una compagnia teatrale. « Compongo le musiche per i suoi spettacoli, da anni ormai — sorride e spiega a bassa voce, come se in laboratorio ci fosse qualcun altro — Da bassista a compositore di musiche per il teatro è un bel salto. Ma è un continuo cambiare, nella mia vita è sempre stato così. Non mi spaventa. È tutto un muoversi e viaggiare, senza conoscere noia » . Dalla Vucciria ad Avignone, di passione in passione. Con l’orgoglio dell’umiltà.
La Repubblica Palermo, 21 giugno 2020

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