martedì, giugno 30, 2020

Il film. Quei misteri del delitto Mattarella

David Coco / Piersanti Mattarella nel film di Grimaldi
di EMILIANO MORREALE
Il film del regista siciliano Aurelio Grimaldi nelle sale cinematografiche dal 2 luglio
L’omicidio del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, avvenuto in via Libertà, sotto gli occhi della moglie, il 6 gennaio del 1980, è considerato un delitto anomalo, e periodicamente rivelazioni ed eventi sembrano illuminarne nuovi aspetti. Mattarella stava provando, con l’appoggio dei comunisti guidati da Pio La Torre (ucciso due anni dopo), un rinnovamento della temibile burocrazia regionale e del sistema degli appalti, scontrandosi, all’interno della DC, con nemici interni che si chiamavano Salvo Lima o Vito Ciancimino.
L’assassinio apparve subito riconducibile a Cosa Nostra, ma con qualche anomalia. Giovanni Falcone seguì la pista dell’alleanza tra Cosa Nostra e neofascisti, indicando come esecutori materiali i militanti dei Nar Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini.
Ma, anche se la vedova di Mattarella identificò più volte Fioravanti come killer, in seguito vari pentiti (da Buscetta a Marino Mannoia) hanno affermato che l’omicidio fosse maturato ed eseguito solo nell’ambito mafioso. La sentenza del 1995 ha indicato come mandanti la cupola di Cosa Nostra, ma senza identificare gli esecutori; il caso è stato riaperto nel 2018, seguendo la pista nera. Sulla quale punta con decisione anche Grimaldi, il quale insegue da anni questo progetto e ha pubblicato in contemporanea un volume (pubblicato da Castelvecchi): in cambio, i neofascisti avrebbero ottenuto da Cosa Nostra l’impegno a far evadere dal carcere Pierluigi Concutelli.
I film di mafia, da anni, si trovano davanti a un doppio problema: da un lato, devono rinfrescare la memoria al pubblico, spiegando specie ai più giovani storie spesso mal ricordate e complesse. Dall’altro, all’opposto, si muovono in un mondo di cose viste e riviste sullo schermo, di stereotipi e déja vu.
Grimaldi, con buone intenzioni, fa quello che può: cerca di mettere ordine nei fili narrativi, camuffando alcuni nomi (il killer si chiama Aurelio, come lui: una specie di assunzione di responsabilità collettiva e generazionale?), allarga lo sguardo alla politica romana, arriva a Sindona e alla banda della Magliana, ricorda la lotta di Mattarella per la trasparenza negli appalti, a cominciare dalla scuola. Il filo non è facile da tenere, e una voce fuori campo interviene nei passaggi più difficili. Alla fine, poi, arrivano i tradizionali cartelli esplicativi, in misura ipertrofica: oltre 20 scritte per 6 minuti di film. Dall’altro lato però il regista rimarca a tratti la propria natura di autore con qualche affondo più vistoso, e non sempre riuscito, come gli omicidi al ralenti con musica di Henry Purcell, ma l’effetto fiction tv non sempre è evitato, nella ricostruzione d’epoca, compreso l’uso di canzoni (È domenica mattina di Caterina Caselli, Dove volano i gabbiani di Lara St. Paul). L’effetto inevitabilmente  straniante dei personaggi reali rifatti al cinema è in parte evitato, grazie a una compagnia di ottimi attori siciliani, anch’essi facce conosciute in questo genere di film: Davide Coco è Mattarella, Tuccio Musumeci interpreta Salvo Lima, Leo Gullotta è un tormentato Rosario Nicoletti (segretario regionale della DC, che si ucciderà nel 1984), Donatela Finocchiaro la moglie di Mattarella, Lollo Franco è Rosario Spatola, e Tony Sperandeo troneggia con un Ciancimino sanguigno e aggressivo.
A loro si aggiunge il curioso cameo dell’ex ministro Gianfranco Micciché, oggi presidente del Parlamento siciliano, che interpreta il suo predecessore dell’epoca, il comunista Michelangelo Russo.
La Repubblica, 30 giugno 2020

Nessun commento: