giovedì, giugno 11, 2020

Beni confiscati alle mafie. Un’occasione da non perdere

Sono 3.200 beni confiscati alle mafie pronti per essere riconsegnati alla collettività su 16mila totali ancora da assegnare. L’emergenza Covid-19 ha messo in atto anche meccanismi virtuosi e iniziative meritevoli, come quella dell’Anbsc, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, che ha messo in campo due diverse misure per valorizzare uno straordinario patrimonio immobiliare che oggi, nell’emergenza, può tornare utile più che mai. A tutti.

Un’iniziativa importante che si articola da una parte con il progetto “Spazi per ricominciare”, che prevede la possibilità di riutilizzare 200 beni confiscati, e, dall’altra, con il bando sperimentale per l’assegnazione diretta di beni immobili che, invece, riguarda ben 3000 beni confiscati. E altrettanto importante e significativo è l’iniziativa del sindacato dei pensionati della Cgil da sempre in prima linea nella battaglia per la legalità. Già, perché qui in gioco c’è la possibilità di valorizzare un patrimonio enorme che giace inutilizzato, e che non deve assolutamente finire di nuovo nelle mani della criminalità organizzata. Lo Spi Cgil intende dare il proprio contributo in questa fase complessa. “Non solo con la presenza nei campi e nei laboratori antimafia che prosegue da anni, ma anche attraverso la contrattazione sociale, ovvero nel dialogo con le istituzioni locali per la gestione e la destinazione dei beni confiscati”, spiega Roberto Battaglia del Dipartimento legalità dello Spi Cgil.
A spiegare nel dettaglio come si articola l’iniziativa dell’Anbsc, e in che modo anche lo Spi Cgil può intervenire in questo processo virtuoso di valorizzazione dei territori e di lotta alle mafie, è la responsabile del Dipartimento legalità Spi, Daniela Cappelli: “Siamo di fronte a un’iniziativa senza precedenti. Da una parte ci sono i 200 beni del progetto ‘Spazi per ricominciare’, messo in campo per rispondere all’emergenza del Covid-19, dall’altra c’è il bando che di fatto semplifica il processo di assegnazione dei beni confiscati”. Si tratta cioè di un’assegnazione diretta alle realtà del terzo settore che velocizza il processo e rimette dunque a disposizione della comunità in modo più rapido di quanto sia mai stato fatto i beni sottratti alle mafie. “Lo Spi può giocare un ruolo importante per individuare i bisogni del territorio e dare risposte efficaci”. Può farlo innanzitutto insieme all’Auser, l’associazione per l’invecchiamento attivo legata proprio allo Spi. Insieme si possono immaginare progetti per il territorio. “Abbiamo sempre lamentato la lunghezza dei tempi perché i beni confiscati venissero assegnati. Ora con il bando dell’Agenzia nazionale si velocizza l’iter”, spiega Cappelli. “Come Spi Cgil possiamo dare il nostro contributo, innanzitutto conoscendo il territorio, mappando i beni disponibili e dando il nostro contributo, insieme alle associazioni e alle altre realtà, per definire i progetti”.
Il bando dell’Anbsc mette a disposizione dei finanziamenti fino a un tetto massimo di 20mila euro per ogni progetto. “Molti pensano che le risorse siano poche perché spesso per ristrutturare i beni disponibili c’è bisogno di molti più soldi, spesso servono interventi strutturali. Ma ricordiamoci che ci sono anche altri strumenti a disposizione, dalla Fondazione per il Sud, per citare una realtà che conosciamo da vicino come Spi e che ha dato il proprio contributo alla ristrutturazione di un grande bene confiscato a Cerignola. E poi c’è il Pon legalità”.
Per il sindacato è una grande sfida, anche perché in gioco non c’è solo la legalità ma anche il lavoro che attorno a questi beni può essere creato. Gli obiettivi del bando messo in campo dall’Anbsc infatti sono coesione e protezione sociale, partecipazione e inclusione, ma anche cooperazione, cittadinanza attiva, sostenibilità economica e sociale ma anche ambientale. Ma anche qualità della vita e pari opportunità. Insomma, si può fare davvero molto. E cinque sono le aree tematiche entro cui si possono sviluppare i progetti. Tutte altamente significative: sociale, salute e prevenzione, occupazione e ricerca, cultura, sicurezza e legalità.
Per essere parte attiva in questo processo di recupero, è importante avere sotto controllo la mappatura dei beni e conoscere meticolosamente i territori, per poter sviluppare i progetti più adatti a ciascuno di essi.
Si pensi solo a come questi beni possano dare una prima risposta anche a situazioni di emergenza abitativa, soprattutto quando non c’è bisogno di ristrutturazione, nel caso di beni immediatamente disponibili e gratuiti. Come quelli del progetto ‘Spazi per ricominciare’. L’offerta è ampia: magazzini, locali di deposito, abitazioni, terreni, ville, alberghi, stalle, scuderie, negozi, botteghe, laboratori per arti e mestieri. I Comuni, i prefetti, le organizzazioni di categoria, le associazioni della società civile sono chiamati a mobilitarsi per non farsi sfuggire un’occasione unica in termini di recupero del territorio.
Possono farlo per rispondere alle esigenze di spazi per gli uffici pubblici, soprattutto le scuole. Ma c’è anche il mondo socio-sanitario e il comparto economico-produttivo. Come funziona? L’assegnazione dei beni è temporanea ma al termine del periodo l’Ansbc potrà valutare anche l’assegnazione definitiva. E la procedura scelta, di tipo emergenziale, consente a un Comune che riceve il bene di deciderne anche una variazione di destinazione d’uso.
Nella provincia di Parma, dove i contagi del coronavirus sono stati pesanti, ci si è già mobilitati. Sono stati individuati una serie di immobili ex mafiosi, in condizioni valide, per destinarli gratis, in via provvisoria, a Comuni e imprese proprio con l’obiettivo di sostenere la ripresa, fornire luoghi di servizio e di utilità sociale ed economica, aumentare le superfici disponibili determinate dalle ristrettezze per i distanziamenti. Insomma un modo per aiutare concretamente famiglie, imprenditori, enti locali, in definitiva tutti i territori in difficoltà.
La situazione nel parmense la spiega chiaramente Paolo Bertoletti, dello Spi Cgil Emilia Romagna, “la nostra attenzione è rivolta principalmente ai beni confiscati sul nostro territorio e, in particolare, a quegli immobili che possono essere assegnati a famiglie che a causa del virus vivono in condizioni finanziarie disagiate. A Sorbolo, poco distante da Parma, c’è un intero quartiere posto sotto sequestro: due anni fa tredici alloggi sono stati consegnati alla Finanza. Oggi, sei alloggi possono essere dati proprio a quelle famiglie. Cinque appartamenti su sei, con interventi poco costosi, potrebbero essere consegnati in breve tempo. Il sindaco ci ha detto che i soldi assegnati dal governo – poche migliaia di euro per ogni appartamento – per la loro ristrutturazione sono già esauriti. Sappiamo anche però – aggiunge Bertoletti – che un imprenditore, escluso in passato da gare d’appalto vinte invece da famiglie mafiose, è disponibile a intervenire, come donazione, per renderli agibili. Ecco, il nostro compito è trovare il modo di sciogliere la matassa perché la macchina si metta in moto subito. Vale anche – conclude – per un progetto che prevede il recupero di alloggi confiscati da destinare agli studenti fuori sede. Anche qui servirebbero circa 500 mila euro. Si sta lavorando con l’Università alla soluzione».
Ecco, un esempio concreto del ruolo che lo Spi Cgil può svolgere in questo processo.
“Lo Spi deve essere responsabile rispetto a queste importanti iniziative messe in campo dall’Agenzia, dobbiamo vigilare affinché i beni vengano destinati a un uso sociale e vengano correttamente utilizzati”, aggiunge Cappelli. “E gli usi possibili sono infiniti: dagli appartamenti per famiglie bisognose a quelli per gli anziani soli o per gli studenti, alle case rifugio per le donne vittime di violenza”.
Il patrimonio è immenso. E questo è un buon momento per valorizzarlo. I numeri parlano chiaro. Basta andare su “Confiscati Bene 2.0”, il portale on line creato da Libera proprio per il monitoraggio dei beni confiscati e per la promozione della trasparenza con l’aiuto di tutti: cittadini, soggetti gestori, pubblica amministrazione. “Illuminare davvero i beni confiscati, attraverso la raccolta dei dati e il monitoraggio civico”, dicono da Libera “è forse il modo più efficace per sottrarli definitivamente alle mani delle mafie e dei corrotti”.
E anche i comuni cittadini possono fare la propria parte. Si può ad esempio contribuire a mappare e monitorare i beni confiscati in tutti i Comuni d’Italia, per restituire a tutti ciò che i clan hanno sottratto illegalmente alla comunità.
Ma di Osservatori ce ne sono molti su tutto il territorio. Sono dei presidi di cittadinanza attiva e di legalità. In Campania per esempio a chiedere l’istituzione di un osservatorio è stato proprio lo Spi Cgil. “Stiamo aspettando che venga istituito ad Acerra perché durante la quarantena ci sono stati omicidi di camorra, a dimostrazione che la situazione è grave, se nel lockdown accadono queste cose. Crediamo che sia una cosa molto importante”, dice Annamaria Palmieri, dello Spi Cgil della Campania, “È un lavoro duro. Speriamo che possa diventare modello anche per altri territori”. E anche in Campania le cose iniziano a muoversi sul fronte dell’assegnazione dei beni a famiglie bisognose: “Nel Comune di San Giorgio a Cremano sono stati già consegnati due appartamenti e poi si sta realizzando un centro antiviolenza. Sono in completamento anche altri cinque immobili in consegna a famiglie bisognose e anche qualche immobile per attività sociale su cui come Spi Cgil vogliamo incrementare il rapporto con Auser e altre associazioni di volontariato presenti nel comune”, conclude Palmieri.
Ma anche altrove si lavora per l’istituzione di Osservatori regionali, come in Umbria, dove esiste ma è ancora inattivo. A spiegarlo è Maria Rita Paggio, segretaria generale dello Spi dell’Umbria, che sottolinea anche come si debba vigilare attentamente in un momento come questo: “stanno arrivando tantissime risorse dai decreti del governo. È il momento più delicato perché il pericolo di inflitrazioni mafiose è dietro l’angolo. E noi dobbiamo vigilare”.
Quella dei beni confiscati è una realtà importante su cui il sindacato dei pensionati della Cgil lavora da anni, innanzitutto attraverso i campi e i laboratori antimafia che ogni estate organizza insieme a Libera e Arci. Quest’anno i campi si terranno in molte parti d’Italia in una forma ridotta e rivista. Più nella forma dei campi estivi, come nel caso delle attività promosse da Libera, “senza pernottamento e con un numero limitato di partecipanti e con un vincolo di orario”, spiega Claudio Siciliano, responsabile dei campi estivi di Libera. “Per noi è una bella sfida. Abbiamo già 50 proposte circa su tutto il territorio nazionale per un totale di 500 posti disponibili”. E lo Spi Cgil ovviamente svolgerà un ruolo importante anche nel nuovo format. “Sarà difficile avere momenti di aggregazione sportiva, musicale, culturale. C’è un gran vuoto di proposte che si aggiunge allo stress di una didattica a distanza e di un modello relazionale completamente stravolto. Per questo vogliamo dare il nostro contributo e ci tenevamo a fare una proposta al paese”, conclude Siciliano.
E anche l’Arci si è mobilitata con una serie di proposte alternative ai veri campi e laboratori antimafia. A spiegarlo è Serenella Palleschi: “Abbiamo pensato a degli appuntamenti on line per mantenere un contatto con chi ha già fatto esperienza o con chi avrebbe voluto partecipare quest’anno ma non può. Si tratta di un ciclo incontri in diretta a cui abbiamo dato l’eloquente titolo C’è Campo. Si parte il 17 giugno e si prosegue fino al 17 di ottobre. Si terranno ogni quindici giorni, di mercoledì mattina. Verranno coinvolti tutti i partner dell’Arci, Spi Cgil compreso, e cercheremo di valorizzare, di volta in volta, un territorio specifico”. Il format sarà leggero e fresco, della durata di un’ora. Si racconta l’infiltrazione mafiosa sul territorio, poi si racconta il campo con i ragazzi che hanno già partecipato, i coordinatori di Arci, lo Spi, la Cgil, la Rete degli studenti e tutti i soggetti coinvolti. E poi c’è anche una parte più prettamente culturale dedicata alla presentazione di libri o a brevi letture”, conclude Palleschi.
Ma le iniziative per l’estate, anche se riviste e ridotte, si stanno concretizzando un po’ in tutta Italia. In Veneto per esempio si sta organizzando un campo diurno con dieci ragazzi, anche minorenni. “Stiamo immaginando tre momenti diversi di tre-quattro giorni con la presenza dei genitori, sarebbe importante, anche per creare un dialogo tra le generazioni sui temi della legalità”, spiega Rosanna Bettella, segretaria dello Spi Cgil Veneto.
Genova intanto si fanno videoconferenze sul tema della legalità e dell’usura, un problema purtroppo molto sentito nel capoluogo genovese. “Si tratta di momenti formativi per i volontari e gli attivisti dello Spi Cgil”, spiega Patrizia Vistori dello Spi Cgil di Genova. “E poi stiamo programmando iniziative con le scuole e con Libera”.
E poi non va dimenticata la realtà di Riace, dove lo Spi Cgil è stato sempre presente. Dopo la visita fatta a Mimmo Lucano nel febbraio scorso, nel comune è stato riaperto il laboratorio medico per tutta la cittadinanza. E lo Spi di Reggio Calabria conferma di voler proseguire l’esperimento di integrazione tra migranti e comunità locale, come ha fatto negli anni passati. “In progetto c’è l’apertura di una sede dello Spi, non appena sarà possibile”, spiega Salvatore Lacopo dello Spi regionale della Calabria.
Insomma, tante iniziative in campo, tanta voglia di fare. L’economia sociale che deriva dai beni confiscati è un pezzo fondamentale della ripresa di questo paese soprattutto dopo questo momento difficile. Una buona occasione per combattere concretamente, più che mai, l’illegalità.
LiberEtà, 11 giugno 2020

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