lunedì, marzo 30, 2020

Il magistrato. Di Matteo: "La mafia punta a prendersi le aziende in crisi. È l’altro contagio da evitare"


di SALVO PALAZZOLO
PALERMO - «C’è un altro terribile contagio che dobbiamo scongiurare in questo momento: l’economia legale rischia di essere infettata ancora di più dalle mafie». Nino Di Matteo, ex pm a Palermo e oggi componente del Consiglio superiore della magistratura, rilancia l’allerta del vertice della polizia, rivelata ieri da Repubblica .
La Direzione centrale anticrimine ha evidenziato il rischio di un reclutamento degli operatori economici in crisi da parte dei clan. Attraverso quali modalità potrebbe avvenire?
«Condivido perfettamente l’allarme dei nostri investigatori, che sono i migliori al mondo sul fronte della lotta alle mafie. I padrini e i loro complici potrebbero aver già iniziato a contattare imprenditori e commercianti assaliti dalla crisi economica, offrendo ingenti disponibilità di liquidità, magari sotto forma di prestiti. Penso agli operatori del commercio, del settore alberghiero, in generale alle piccole e medie imprese. In breve tempo, la criminalità organizzata potrebbe arrivare all’obiettivo di controllare numerose attività economiche legali. Non possiamo permetterlo, sarebbe un gravissimo passo verso l’apparente legalizzazione delle mafie. È la grande sfida che ci aspetta, non riguarda solo il nostro governo, ma anche le istituzioni europee».

Come valuta le misure messe in campo dal governo Conte?
«Le ritengo importanti per arginare il contagio dell’economia legale. Perché vanno sostenuti con forza non solo le persone indigenti, ma anche i tanti imprenditori e commercianti che se non aiutati rischiano più o meno consapevolmente di consegnarsi all’economia mafiosa. E non è l’unico fronte da tenere sotto controllo».
Quale altro fattore di rischio vede in questo momento?
«Per raggiungere il loro obiettivo, soprattutto per tentare di accaparrarsi i tanti finanziamenti pubblici messi in campo, i mafiosi faranno sempre più riferimento a pubblici amministratori e politici. È allora assolutamente necessario che non si arretri rispetto alla recente svolta più rigorosa, penso alla cosiddetta "Spazzacorrotti" o alla legge di riforma della prescrizione. Mafia e delitti di corruzione sono due facce della stessa medaglia, devono essere trattati con uguale rigore».
Tanti indicatori dicono che oggi c’è davvero un gran fermento nel mondo delle cosche.
«Le mafie potrebbero anche soffiare sul fuoco del malcontento per alimentare odio nei confronti delle istituzioni. Una ragione in più perché lo Stato giochi di anticipo e con più forza rispetto alle mafie».
Lei come sta vivendo questo momento?
«Al Csm stiamo cercando di proseguire la nostra attività attraverso la partecipazione in videoconferenza alle commissioni e al plenum. L’obiettivo è quello di organizzare al meglio il lavoro degli uffici giudiziari. Giovedì, abbiamo deliberato alcune linee guida che consentono le videoconferenze per una serie di atti, anche nel penale».
Che Italia sarà dopo l’emergenza Coronavirus?
«Oggi sembra respirarsi un’aria pulita di grande solidarietà: è gratitudine nei confronti di coloro che in questo momento stanno lavorando per la collettività, è attenzione per le classi sociali più deboli. Spero che quest’aria non svanisca con il passare dell’emergenza. E che il Paese dimostri una volta tanto di conservare memoria di quello che è accaduto, sarà la base per realizzazione un futuro migliore».
La Repubblica, 30 marzo 2020

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