sabato, novembre 24, 2018

Il retroscena. Le elezioni e la mafia. Ira, anatemi e dietrofront grillini in tilt sul caso Corleone


EMANUELE LAURIA
Prima Giarrusso attacca i “giornalisti sciacalli”, poi Di Maio silura il candidato I big 5Stelle bocciano l’apertura ai parenti dei boss. L’aspirante sindaco resiste
Imbarazzi, scatti d’ira, poi tutti ad applaudire Luigi Di Maio. È la giornata dello psicodramma, per i 5Stelle siciliani, spiazzati da un’improvvida uscita di colui che doveva essere il simbolo della conquista della ex capitale della mafia da parte degli “onesti”. E invece no, Maurizio Pascucci da Cecina, curriculum di tutto rispetto imperniato sull’attività per la fondazione Caponnetto, ha tradito tutti, con quelle dichiarazioni rese a Repubblica («Voglio aprire un dialogo con i parenti dei mafiosi») e con quella foto al fianco del nipote di Bernardo Provenzano. Il leader del Movimento, che doveva chiudere la campagna elettorale, non ha avuto neanche bisogno di consultare i suoi fedelissimi, una volta sbarcato nel primo pomeriggio a Palermo.
Dopo aver letto una dichiarazione critica del presidente della commissione regionale Antimafia Claudio Fava, ha deciso di annullare il comizio serale a Corleone. E di scaricare clamorosamente Pascucci con un video girato direttamente in auto: «Sono sicuro che quelle frasi, quella foto, siano state fatte in buona fede, ma il concetto — dice Di Maio — è pericolosissimo e non può passare: magari stai comunicando qualcosa, anche involontariamente, a quel mondo lì. A parte che noi quei voti lì non li vogliamo, ci fanno schifo, ma soprattutto non posso correre il rischio che stasera un ministro della Repubblica, lo Stato, vada sul palco dopo tutto questo».
Un colpo a sorpresa. Ai “portavoce” siciliani a Roma e all’Ars il capo politico dei 5Stelle chiede solo di condividere il video. E lui, Pascucci, apprende della plateale sconfessione da Facebook, con il palco già pronto per la manifestazione serale in piazza Garibaldi. È in quel preciso momento che, da Roma a Palermo passando per Corleone, fra attivisti e eletti scatta il panico.
Lui, Pascucci, chiede scusa, dice di essere stato «male interpretato»: «Penso che se c’è un parente di un boss che ha il coraggio di dire che non vuole più un rapporto di quel tipo debba essere aiutato a trovare un percorso». Ma lo smentisce persino chi gli sta accanto, come il senatore Fabrizio Trentacoste, giunto a Corleone prima del forfait di Di Maio: «A pochi giorni dal voto sarebbe stato meglio non fare niente, non mettere foto e post». A quel punto, il candidato toscano fa sapere di meditare il ritiro e nel frattempo inguaia pure il deputato di riferimento, Giuseppe Chiazzese: «Ho concordato tutto con lui». Sembra quasi una chiamata di correo. Si riunisce il meet-up per decidere se andare avanti ugualmente sino al voto, nell’irritazione di molti attivisti rimasti in piazza. «Potrei ritirarmi», dice prima Pascucci.
Ma alla fine, quando calano le tenebre, sale ugualmente sul palco: «Sarebbe stato un atto di codardia non farlo», sibila il deputato, l’unico a rimanere accanto al naufrago pentastellato in mezzo alla tempesta. «Noi vogliamo essere inclusivi nei confronti di chi prende le distanze da storie familiari tragiche», spiega Chiazzese. E si scopre, in questa situazione di caos, che il neo-onorevole corleonese (il padre è in lista con Pascucci) non solo aveva condiviso la foto dell’aspirante sindaco con il nipote del boss, ma allo stesso congiunto aveva mandato via Facebook un saluto particolare: «Un abbraccio a Salvatore Provenzano».
«Avanti a testa alta», ha la forza di dire in serata Maurizio Pascucci, quando persino il suo datore di lavoro, il senatore Mario Giarrusso che lo aveva scelto come assistente parlamentare, si è allontanato da lui: «Non posso che licenziarlo». Eppure lo stesso Giarrusso, alle 16,23 — poco prima che Di Maio si pronunciasse — aveva chiuso il telefono in faccia al cronista di Repubblica che gli chiedeva conto delle dichiarazioni del candidato pentastellato a Corleone: «Non commento l’azione di giornalisti sciacalli».
Situazione surreale. Pascucci, dopo il gesto plateale di Di Maio, viene abbandonato da tutti i big: si dissociano il presidente dell’Antimafia nazionale Nicola Morra, la presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Sarti, il vicepresidente dell’Ars Giancarlo Cancelleri, la capogruppo Valentina Zafarana, l’eurodeputato Ignazio Corrao.
Piera Aiello, la testimone di giustizia che M5S ha fatto eleggere alla Camera, va giù duro: «Da 27 anni combatto la mafia, ma soprattutto il pensiero mafioso.
Ho stravolto la mia vita e quella dei miei cari per perseguire quello che secondo me è il più nobile dei fini. Per questi motivi non condivido il pensiero del candidato sindaco di Corleone Maurizio Pascucci e ne prendo le distanze. Con queste persone il dialogo non può e non deve essere aperto». Però Pascucci non si ferma. Con il sospetto, reso palese dal presidente della commissione regionale Antimafia Claudio Fava dopo aver incontrato le commissarie prefettizie che hanno retto il Comune per due anni, che il cinquantaquattrenne toscano possa addirittura diventare il candidato del gruppo che fa capo a Lea Savona, la sindaca dell’amministrazione sciolta per mafia. Di Maio, in serata, torna a farsi vivo con un post: chiede ai probiviri l’espulsione immediata di Pascucci («Ci aspettavamo scuse, non arroganza») e dice che «se qualcuno della sua lista fosse eletto, gli verrà ritirato subito il simbolo».
La Repubblica Palermo, 24 nov 2018

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