martedì, gennaio 02, 2018

Il dossier. Rapporto sulla corruzione: Il “partito del voto di scambio” col 9 per cento decide chi vince

ANTONIO FRASCHILLA
Studio della Regione: allarme per elezioni alterate da favori e promesse Indagini in corso da Palermo a Siracusa. “Ma è la punta di un iceberg”
In Sicilia c’è un partito che vale tanto e che potrebbe aver fatto, e fare, da ago della bilancia in tutte le elezioni: dalle Amministrative alle Regionali passando per le Politiche nei collegi uninominali con i quali, ad esempio, si voterà a marzo. Il partito si chiama «voto di scambio» e può valere fino al 9 per cento. A tanto ammonta, secondo un dossier dell’Ufficio statistica della Regione, il numero di siciliani «ai quali è stato chiesto il voto in cambio di favori, denaro e regali». E guardando al risultato delle ultime elezioni regionali o delle amministrative a Palermo, con questa percentuale si modificano gli equilibri, o per lo meno si può influenzare in maniera determinante il risultato, considerando anche l’elevato astensionismo registrato negli ultimi anni nell’Isola.
I numeri del voto siciliano

Alle ultime elezioni regionali, ad esempio, su 4,6 milioni di siciliani aventi diritto al voto, sono andati alle urne meno della metà, poco più di due milioni. Se il 9 per cento dei siciliani ha ricevuto una richiesta di «consenso in cambio di favori», significa che almeno 419mila elettori hanno avuto una proposta del genere. E se almeno la metà è andata poi a votare come da media di astensionismo, significa che almeno 200mila voti sono stati dati dietro ricompensa. Cifra, quest’ultima, che potrebbe essere di molto maggiore: con un incentivo economico la spinta a votare potrebbe essere maggiore rispetto alla media. Ma senza aggrovigliarsi troppo nei numeri, 200mila voti comprati significa un partito che avrebbe potuto far vincere una parte piuttosto che un’altra, e che potrebbe essere sempre determinante: prendendo a riferimento solo le Regionali, nel 2012 e nello scorso novembre il risultato è stato molto risicato.
Insomma, i numeri dicono che il voto di scambio potrebbe essere davvero determinante. E con la nuova legge elettorale in vigore dalle prossime Politiche del 4 marzo il voto di scambio, stando a questi numeri, in un sistema sempre più tripolare nei collegi uninominali dove vince chi prende più voti, sarebbe decisivo e potrebbe far pendere il risultato davvero a favore di una parte o dell’altra.
Le indagini
Il problema è che le indagini della magistratura, stando a queste statistiche, riescono ad aggredire soltanto la punta dell’iceberg. In ogni caso non sono pochi al momento i procedimenti giudiziari in corso. Il mese scorso è arrivata la condanna per un voto di scambio risalente alle Regionali del 2012 nel Trapanese. Secondo l’accusa, Pietro Luca Polizzi avrebbe stretto un accordo con Aldo Roberto Licata, anche lui con precedenti per corruzione elettorale, per far ottenere voti alla sorella: Doriana Licata, cinque anni fa candidata all’Assemblea regionale nell’Mpa di Raffaele Lombardo. Licata ha ottenuto poi 4.686 voti, non sufficienti per ottenere uno scranno a Sala d’Ercole. Nel corso delle indagini è emerso anche il prezzario di questa compravendita: ogni voto sarebbe stato pagato fino a 50 euro, con pacchetti scontati. Ad esempio per 500 voti il compenso sarebbe stato di 15mila euro.
A Palermo è sotto inchiesta per corruzione elettorale Edy Tamajo, deputato eletto nelle file di Sicilia futura dell’ex ministro Salvatore Cardinale.
Rimanendo a Palermo, nelle carte del blitz antimafia di Santa Maria di Gesù spunta un’intercettazione di un esponente del clan, Antonino Tinnirello, che racconta di «un politico» a capo di un ente di assistenza che sarebbe stato sostenuto alle urne in cambio di denaro. E su questo ci sono indagini ancora in corso.
A Siracusa è ancora top secret l’indagine su un’altra compravendita di consensi, anche questa perpetrata durante l’ultima campagna elettorale. Il mese scorso ha fatto scalpore il caso raccontato da “Le Iene” su uno scambio di denaro fra una edicolante di Acicastello e un’amica, il tutto due giorni dopo le elezioni regionali e filmato da una telecamera nascosta: ben cento euro scivolano da una mano all’altra, cinquanta per ogni voto che sarebbe stato fatto avere ad Antonio Castro, candidato di Forza Italia di Acireale e non eletto. «Ad accogliere la mia proposta sono stati in 88», dice la venditrice di giornali mostrando all’interlocutrice che ha appena preso la ricompensa la lista degli altri elettori che avrebbero accettato la sua offerta. Lui, Castro, ha annunciato querele e ha definito questo servizio «una fangata». Non ce l’ha fatta comunque a conquistare un seggio all’Ars: 1.437 consensi.
Altre indagini per voto di scambio hanno riguardato poi le comunali di Palermo del 2012 per alcuni consiglieri di circoscrizione, e anche Fabrizio Ferrandelli, consigliere comunale, è indagato per voto di scambio per le amministrative di quell’anno.
Il sistema
Dalle indagini emerge un sistema. Dove spesso al vertice c’è un candidato che ha un budget da investire ma che non viene mai a contatto con i “beneficiari finali” dei piccoli contributi. In mezzo infatti risalta la figura dell’intermediario che divide i fondi in tranche più piccole affidate a diversi galoppini, incaricati di prendere contatto con gli elettori, proponendogli soldi in cambio di voti. Nel caso sollevato da “Le Iene” ad Acireale un tal “Pietro” consegnerebbe 3.500 euro all’edicolante che poi comprerebbe il voto a favore di Castro. Nel caso di Tamajo, nel mirino sono due galoppini. Uno dei quali, intercettato al telefono, rivela: «Gliel’ho detto a Tommaso, a sua moglie, hanno detto: “Noi glielo diamo il voto (a Tamajo, ndr), problemi non ne abbiamo”». E ancora: «Gli ho detto: “Vedete che siamo pagati”. “Ah va bene, meglio”».
In entrambe le indagini, ad Acireale dopo il servizio televisivo, e a Palermo per il caso Tamajo, i politici si difendono e assicurano di di non sapere nulla. Infatti le somme sono state versate da galoppini a terzi. Ma questo sistema, secondo i magistrati, sarebbe stato congegnato proprio per “schermare” attraverso faccendieri e galoppini i candidati che pagano per la loro elezione.
Il voto nei quartieri
Alle scorse elezioni comunali, e alle ultime Regionali, a Palermo sono stati segnalati altri metodi che rappresentano una richiesta di voto «in cambio di regalie»: a Passo di Rigano un deposito si apriva e da lì uscivano beni alimentari di vario genere. E nel quartiere molti assicuravano che dietro c’era un candidato al Consiglio comunale. C’è poi un altro sistema: quello dei Caf.
Anziani, disabili o anche chi ha bisogno di permessi per malattie e gravidanze, o chi deve presentare la dichiarazione dei redditi per avere sgravi fiscali, deve spesso passare da un Caf: e sono innumerevoli i politici che ne hanno uno a riferimento, grazie al quale magari propongono un servizio spacciandolo per un favore.
Tecnicamente questa è una corruzione difficile da dimostrare, ma che cos’è se non un esempio di voto di scambio?
Una cosa è certa: in Italia non c’è nessun’altra regione, eccetto la Basilicata, ad avere una percentuale di votanti così elevata che ammette di aver ricevuto proposte di scambio.

La Repubblica, 2 gennaio 2018

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