NICOLA CIPOLLA
A pag. 3 dell’edizione siciliana di Repubblica del 19 aprile u.s. sono messe giustamente accanto l’alfa e l’omega dei controversi risultati referendari in Sicilia.
Antonio Fraschilla parla di Gela, con il record negativo
dei votanti (15%) e accanto Gioia Scarlata parla di Sciacca, capitale del fonte
antitrivelle, con quasi il 54%. Le due
città, a poche decine di Km l’una dall’altra, sulla
costa meridionale della Sicilia, a metà del secolo scorso hanno scelto due linee
di sviluppo alternative. Sciacca, assieme a Ribera e Menfi, ha puntato
sull’irrigazione delle dighe dell’ESE e sulle cantine sociali con migliaia
di soci, su un’agricoltura avanzata
analoga a quella che, all’altra estremità dell’Isola, a Vittoria, si sviluppava
attraverso l’irrigazione e le serre.
Nel 1963, a Sciacca, ad iniziativa
dell’amministrazione comunale socialcomunsta,
quello che era un modesto approdo fu trasformato in un moderno porto con
attualmente 150 grandi pescherecci, quota importante dell’occupazione in
collegamento anche con lo sviluppo del turismo,
con colossi come la francese “Rocco Forte” e il gruppo, inglese, “Aeroviaggi”,
ma soprattutto con una rete di duecento
B&B e case vacanza. Delle tredici
richieste di perforazioni presentate nello specchio d’acqua antistante
Sciacca, undici sono state archiviate e per le altre due (la francese
Schlumberger e la Northern Petroleum) è in corso una battaglia che dura ormai
da parecchi anni anche perché c’è memoria di uno sversamento a mare di prodotti
petroliferi. Questa situazione ha fatto si che tutte le forze politiche
presenti a Sciacca, oltre i movimenti e le associazioni, da Forza Italia a NCD
dell’attuale sindaco Di Paola, al M5S, alla corrente renziana del PD e
naturalmente a SEL, hanno sostenuto la straordinaria partecipazione al voto del
referendum. Il discorso è rovesciato a Gela dove uno sviluppo analogo a quello
di Vittoria e di Sciacca, Menfi e Ribera è stato bloccato dall’iniziativa di Mattei.
Nei primi anni ’50, infatti, Mattei scelse Gela per costruire raffineria e
impianti petrolchimici su circa tremila ettari di latifondo che era stato
proprio assegnato attraverso le lotte per la Riforma agraria a circa 1.500
braccianti e contadini poveri. Gli assegnatari, contro il parere della CGIL e
della Confederterra, furono indotti da Mattei a cedere le loro quote in cambio
di un milione di vecchie lire (una tantum) e soprattutto dell’impegno,
realizzato, di occupare nella nuova industria un componente della famiglia
degli assegnatari. Lo sviluppo di questo mostruoso impianto impedì, per circa
60 Km ad est e ovest di Gela, la crescita di una economia analoga a quella di
Vittoria e di Sciacca, ed ora, dopo la privatizzazione dell’Eni e l’ entrata in crisi del sistema petrolifero, con la caduta del
prezzo di oltre il 50%, ha portato alla decisione di chiudere l’ultimo residuo
del vecchio petrolchimico ridotto ad una raffineria del micidiale residuo
velenoso il pet coke. Queste vicende spiegano che a poche decine di km di
distanza gli stessi partiti politici e organizzazioni sindacali che a Sciacca
si sono uniti, senza distinzioni di destra e sinistra, contro le trivellazioni
si sono ritrovate, sotto la guida di Crocetta, ex funzionario dell’Eni, a
predicare l’astensionismo che ha portato Gela al clamoroso risultato negativo.
Mentre a Sciacca, seguendo la linea promossa dalla FIOM Nazionale di
Landini, la CdL e tutti i sindacati si
schieravano nel fronte anti trivelle, a Gela con il pesante intervento, anche
personale, di Emilio Miceli, segretario nazionale della CGIL chimici, il
sindacato è stato il promotore principale dell’astensionismo. La manovra di
Renzi, tempi abbreviati per il referendum e cedimento sulla parte essenziale delle
proposte referendarie (che costituisce però un successo del movimento) hanno
portato a risultati contraddittori il 17 aprile. Ma ora, in vista dei
referendum costituzionali (senza quorum) e di quelli tematici (sulla scuola, contro il jobs act ed
ora, ad iniziativa dei sindacati sulle leggi che regolano il rapporto di
lavoro) la CGIL, ad iniziativa della Camusso, dovrà trovare l’accordo tra
Landini e Miceli e in ogni caso sviluppare un grande movimento popolare che può
portare sia al raggiungimento di obiettivi concreti sia, soprattutto, per la
presa di posizione di Renzi, ad una caduta dell’attuale governo che faccia
dell’Italia e della Sicilia , con il sole del Mediterraneo, il centro
propulsore di una nuova fase dello sviluppo economico e democratico dell’intera
area mediterranea secondo l’ispirazione di Papa Francesco.
Nicola
Cipolla
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