martedì, febbraio 02, 2016

Franco La Torre: "C'è un'antimafia fatta da mafiosi ma non fermerà le persone oneste"



Franco La Torre
di GIORGIO RUTA
Parla il figlio del segretario regionale del Pci ucciso nel 1982: "La politica ha delegato la lotta agli inquirenti, così sono nati gli intoccabili"
"In quella telefonata forse la Saguto ha mostrato il suo vero volto". Franco La Torre, figlio di Pio, il segretario regionale del Pci ucciso a Palermo nel 1982, non fa giri di parole sulle frasi del giudice contro Manfredi e Lucia Borsellino. "La politica ha delegato la lotta alla mafia a magistrati e forze dell'ordine favorendo la nascita di eroi intoccabili".


La Torre, quello che viene fuori è un'antimafia utilizzata come copertura per interessi privati.
"Penso che l'antimafia spesso sia fatta dalla mafia stessa. Faccio un ragionamento. Chi ha interesse a trasformare l'antimafia in un affare? Conviene un'antimafia fatta dai mafiosi rispetto a quella portata avanti dalle persone perbene. Perché attraverso di essa ci si ripulisce l'immagine o si getta fango su quelli che si impegnano seriamente. E si può guadagnare anche qualche quattrino. Quando uno si presenta in un'amministrazione pubblica con un bel progetto culturale spesso si sente dire che non ci sono soldi, ma con una bella iniziativa antimafia qualche finanziamento ci scappa".

Il quadro che ha dipinto è lo stesso del caso Saguto?
"Sappiamo benissimo che se andiamo alla ricerca di coppole e lupare non ne troviamo di mafiosi, invece io ricordo la relazione di mio padre del 1976 in cui diceva che la mafia è un fenomeno di classi dirigenti. Il caso della Saguto è classico, il magistrato si approfitta della sua posizione, non esita a contravvenire alla legge e, da quando si legge nelle intercettazioni, intimidisce delle persone. Questo è un atteggiamento mafioso".

Questa vicenda è un duro colpo al progetto di suo padre e alla legislazione che ha ideato per aggredire il patrimonio della criminalità organizzata?
"Si, senza dubbio. D'altronde i governi che si sono susseguiti fino ad oggi non hanno avuto la questione a cuore. Siamo in un paese bizzarro, dove da un lato c'è la più efficace legislazione antimafia, ma dall'altro la politica pensa che il problema sia della magistratura e delle forze dell'ordine. Siamo in un paese dove non ci si è accorto di quello che accadeva a Palermo. E in certi ambienti si sapeva bene quello che succedeva, anche perché in molti ci campavano con la Saguto".

Delegare responsabilità alla magistratura, crea eroi intoccabili dell'antimafia?
"Si, succede questo. È il rischio che si corre e che abbiamo corso".

Secondo lei, la Saguto è una mela marcia o è parte di un sistema?
"È una mela marcia rispetto alla sua categoria di appartenenza, ma è parte del sistema. Quel sistema che se ne frega, che pensa agli interessi personali, che pensa agli amici e ai familiari. Chi era dall'altra parte del telefono quando la Saguto insultava Manfredi e Lucia Borsellino non ha abbassato la cornetta. Anche questo è sistema".

Perché ci si accanisce contro i figli di Paolo Borsellino?
"Le mie sono ipotesi, non ho elementi per fare altro. Ma penso che in quella telefonata la Saguto abbia mostrato il suo vero volto, dopo aver fatto la parte a una manifestazione per commemorare il magistrato ucciso. Probabilmente, avrebbe parlato male anche di me, dopo aver ricordato mio padre".

Questa vicenda pone una questione sul fronte dell'antimafia. Bisogna ripartire da zero?
"Bisogna fermarsi a riflettere. Io faccio parte di Libera e da tempo diciamo che non vogliamo sapere nulla del termine antimafia. Noi abbiamo, per esempio, alzato il livello di attenzione. Quando venivo invitato a delle iniziative, io prima mi limitavo a capire che l'organizzatore non fosse un approfittatore. Oggi faccio molta più selezione".

C'è il rischio che nell'opinione pubblica passi il messaggio che l'antimafia è tutta uguale, che non si distingua tra chi si impegna in maniera seria e chi lo fa per interessi personali.
"È come la politica, come la classica frase "fanno tutti schifo". Noi spesso invertiamo l'effetto con la causa. Non è l'antimafia che fa schifo, sono i mafiosi che stanno rovinando l'antimafia. In questo modo si rischia di non essere più credibili. Ma chi pensa che così saranno fermate le persone per bene sbaglia".
La Repubblica, 22 ottobre 2015

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