mercoledì, febbraio 10, 2016

A Villabate, la Cgil, il Centro Pio La Torre e il Comune ricordano "Nunzio" Vincenzo Sansone, assassinato dalla mafia nel 1947

CHI ERA “NUNZIO” VINCENZO SANSONE? 
Nel periodo che copre l’arco temporale che va dal 1945 ai primi anni ’50, furono tante le case ed i comuni della Sicilia dove si piansero le morti ingiuste di sindacalisti uccisi dalla mafia. Anche a Villabate venne assassinato un nostro concittadino: Nunzio – “Vincenzo” – Sansone, che cadde sotto i colpi di lupara il 13 febbraio 194749. A narrare la sua storia, dimenticata da tutti, il sopracitato prof. Edoardo Salmeri nelle sue Storie Villabatesi: ‹‹Povero Vincenzo Sansone! [...] La sorte fu avara con lui. L’avevo conosciuto in una particolare circostanza, in occasione del passaggio del Duce per Villabate. Quando la macchina dell’alto Capo del Fascismo si fermò per un istante sulla strada per ricevere dalle autorità del paese l’omaggio di un folto ramo di arance, egli, giovane studente, corse verso l’eminente personaggio per porgergli una lettera.

Tosto l’aperta vettura si mise in moto e l’audace giovane corse dietro di essa, tendendo la mano. Fu trattenuto dalla forza pubblica, che non solo gli impedì di consegnare la lettera, ma cominciò a malmenarlo come un malfattore. Quindi, messegli le manette, lo trascinò verso la caserma, tempestandolo brutalmente di pugni e di calci [...] Il fatto è che l’indomani l’infelice giovane, carico di catene, fu trasportato all’Ucciardone di Palermo [...] Anche Villabate ebbe il suo martire: Vincenzo Sansone, mio compagno di partito, fedele collaboratore, che aveva cercato di fondare una cooperativa agricola. La mafia del paese lo eliminò crudelmente, freddandolo a colpi di lupara all’uscita dall’abitato, mentre percorreva il tratto solitario che divide Villabate dal borgo di Portella di Mare.

Lo uccisero nella sera, mentre rincasava, proprio come il padre del Pascoli. Ci eravamo
appena separati [...] A duecento metri da casa mia c’era un gruppo di gente con la
polizia, che piantonava il corpo dell’ucciso. Ricordai allora come la sera prima, appena
rientrato, avevo sentito dei colpi di fucile. Non vi avevo dato importanza, credendo che
fossero spari di cacciatore. Non avevo sospettato per nulla che in quel momento il mio
povero amico e compagno fosse caduto sotto il piombo della mafia. Non immaginavo
che quella sanguinaria associazione criminale sarebbe stata capace di commettere un
tale efferato delitto. A chi faceva male il povero Vincenzo Sansone, insegnante di lettere,
che nella sua gioventù aveva tanto lottato contro la povertà, sopportando dure prove
e umilianti privazioni? Egli che conosceva la triste indigenza, voleva riscattare le masse
operaie e contadine dalla loro miseria, dall’abiezione materiale e morale in cui esse
vivevano nel prolungato servaggio dei tempi, ma era stato stroncato dalla mafia, da
quella cosiddetta ‹‹onorata società›› che si arrogava il vanto di interpretare gli ideali di
giustizia dell’antica setta dei Beati Paoli, e invece salvaguardava gli interessi del baronato
e degli agrari, degli sfruttatori, del lavoro umano. Ecco perché la mafia l’aveva ucciso››.

Brano tratto da: Giuseppina TESAURO, Dai giardini della Conca d’Oro all’impresa. La mafia vista dal microcosmo di Villabate, PAGG. 53-54

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